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Il 25 settembre si vota ancora con il “Rosatellum”

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Nessuno, in apparenza, lo voleva, ma alla fine si tornerà al voto con una legge elettorale astrusa, che non consente alle elettrici ed agli elettori di scegliere i propri rappresentanti

di redazione

Le leggi elettorali stabiliscono il sistema elettorale che verrà utilizzato per l’assegnazione dei seggi e le modalità di svolgimento delle elezioni, regolando i requisiti per la presentazione delle liste di candidati e la suddivisione in collegi elettorali dei territori.

È una legge di fondamentale importanza in tutte le democrazie poiché detta le regole con le quali i cittadini eleggono i rappresentanti del popolo. Disciplinano le modalità di presentazione delle liste di candidati alle elezioni, le opzioni di scelta disponibili agli elettori, il numero dei collegi, le modalità di assegnazione dei seggi delle assemblee legislative (parlamenti, assemblee regionali e comunali) etc. La legge elettorale incide, quindi, sull’effettiva applicazione dei principi democratici, in quanto è in grado di alterare la rappresentatività degli organi collegiali.

In Italia la legge elettorale per l’elezione del Parlamento non trova pace o accordo tra i partiti politici. Prima il Mattarellum, e poi Porcellum, Consultellum, Italicum, Democratellum, Verdinellum, Speranzellum, Grachellum, Provincellum, Legalicum, fino all’ultimo nato Rosatellum. L’utilizzo del latinismo con il suffisso ‘um’ fu inventato dal politologo Giovanni Sartori.

Ai nostri parlamentari, impegnati in altre cose (forse più importanti), è mancato il tempo (e la voglia) di cambiare la legge elettorale. In commissione giace una proposta di tipo proporzionale (detta “Brescellum” dal cognome del deputato del M5S Brescia), ma è ferma da mesi. Anche questa volta andremo a votare senza la possibilità di esprimere la preferenza per un candidato ma, attraverso il sistema misto uninominale/proporzionale, i megacollegi uninominali e le liste bloccate nel proporzionale, saranno ancora una volta le ristrettissime oligarchie dei partiti a scegliere i nuovi membri del parlamento nazionale.

Nessuno lo voleva, ma alla fine si andrà al voto con il Rosatellum.

Una legge che prevede un mix di maggioritario e proporzionale. Con 345 parlamentari in meno, essendone stato ridotto il numero da 630 a 400 alla Camera dei deputati e da 315 a 200 al Senato della Repubblica, le difficoltà aumentano nella formulazione delle liste di ciascun partito.

Il Rosatellum spinge alle alleanze nei collegi uninominali. I collegi uninominali saranno 221 (147 per Montecitorio, e 74 per palazzo Madama) dove vince il candidato che raccoglie più voti secondo il sistema noto come uninominale secco. Collegi nei quali i partiti hanno una spinta maggiore a coalizzarsi per trovare il candidato più forte, in grado di imporsi sugli altri. Gli altri 367 parlamentari (245 deputati e 122 senatori) sono eletti in proporzione ai voti ricevuti dai singoli partiti a livello nazionale.

Non è servito a nulla il ricordo deleterio di quanto è successo nel 2018. Ottanta lunghi giorni necessari a far nascere una maggioranza, perché le urne non consegnarono una vittoria netta a nessuno. Nacque un ibrido governo gialloverde, poi un governo giallorosso e infine un governo di unità nazionale, un calderone con dentro tutti. Senza considerare che la legislatura è finita con un voto anticipato.

Le dimissioni anticipate da Mario Draghi hanno spento le iniziative (se mai ce ne fossero state) di modifica della legge elettorale e rimesso in discussione tutto per quanto riguarda le alleanze.

Il centrodestra è comunque avviato a una corsa unitaria. Sembrano superate le divergenze su chi guiderebbe il governo dopo la (eventuale) vittoria e sulla spartizione dei collegi uninominali. Il centrosinistra sta cercando di ricomporre nuove alleanze: la frattura fra Pd e M5s appare insanabile. E le forze di centro sembrano orientate a voler andare da sole. Ma i giochi sono ancora da fare. C’è tempo fino alla metà di agosto, quando dovranno essere presentati i simboli. E le pieghe della legge offrono sempre qualche via di fuga.

Nel teatrino della politica, i cittadini/elettori diventano solo inermi spettatori.