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I luoghi dell’anima. Il Campanile del Duomo di Firenze, testamento in pietra e marmo di Giotto

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Il 18 luglio 1334 Giotto inizia la realizzazione del Campanile della Chiesa di S. Maria del Fiore. L’artista non vide mai completato il suo testamento di pietra: morì appena tre anni dopo, quando solo il primo livello era stato completato. Ma alla sua conclusione, nel 1359, questo monumentale scrigno di marmo superava in altezza e splendore ogni altro edificio cittadino e si qualificava come vero ombelico di Firenze. Fu questo l’atto conclusivo di una carriera straordinaria e l’ennesimo sigillo che ha consacrato nella storia del mondo il suo nome a quello di Firenze

di Lorenzo Lavacca

Quella del 18 luglio è sicuramente una data da ricordare per Firenze, per i fiorentini e, perché no, per tutti gli italiani. È proprio in questo giorno di quasi 700 anni fa (1334 d.C. esattamente) che Ambrogiotto di Bottone, in arte Giotto, iniziò i lavori per la realizzazione del celebre Campanile della Chiesa di Santa Maria del Fiore, monumento conclusivo e identificativo del celebre duomo fiorentino la cui importanza sarà tale da essere definito dai critici del tempo come il suo “testamento in pietra e marmo”.
Prima di addentrarci nell’evento vero e proprio, occorre prima fare un focus storico-sociale sulla città medicea che, agli albori del Rinascimento italiano, stava difatti vivendo l’apogeo del suo potere economico e della sua espansione demografica. La nobiltà fiorentina, per consacrare il suo status, decise inizialmente di commissionare la realizzazione di una chiesa che facesse da emblema di questo fiorente periodo, scegliendo Arnolfo di Cambio come direttore dei lavori. Il capomastro senese riuscì a completare l’opera principale e avviò anche la successiva costruzione del famoso campanile, ma l’inaspettata morte dell’architetto nel 1310 costrinse i tecnici ad arrestare i lavori. Il cantiere rimase fermo per una trentina d’anni e durante questo periodo continuò a risuonare l’antica torre campanaria della vecchia chiesa di Santa Reparata, che però dinanzi alle imperiose mura arnolfiane era decisamente sottomisura.
La svolta arrivò proprio nel 1334, quando i lavori furono affidati al più importante artista del tempo, Giotto: pittore, architetto, uomo simbolo del XIII secolo dalla personalità poliedrica. Siamo nell’aprile del 1334 e nei documenti superstiti, che vedono affidargli non solo il cantiere della cattedrale ma anche delle mura e di altre opere pubbliche, il suo nome viene circondato di parole di encomio ed affetto: Firenze era “fiera di avere nuovamente al proprio servizio questo talentuoso “figlio”, già celebre nel mondo.
Dall’altra parte, lo stesso Giotto, ormai anziano – aveva 67 anni – dovette accettare l’incarico nel senso di un coronamento della propria carriera. Fu quindi, forse, su sua iniziativa -subito accolta con entusiasmo dalla nuova direzione della gilda dei Produttori di lana- che si decise di avviare la costruzione della torre campanaria. Questa convergenza di intenti sul creare il nuovo edificio è manifesta nei documenti: appena tre mesi dopo l’elezione di Giotto a capomastro dell’Opera, il 18 luglio del 1334 si avviarono i lavori per le fondamenta della torre.
Il progetto del maestro, che fu poi modificato in corso d’opera dai capomastri che si succedettero al cantiere (Andrea Pisano e Francesco Talenti), ma di cui ci rimane memoria in un grande disegno colorato su pergamena oggi al Museo dell’Opera della Metropolitana di Siena, prevedeva un edificio a pianta quadrangolare, che svettasse sullo skyline cittadino a circa 115 metri d’altezza, concluso negli ultimi 30 da una gigantesca guglia piramidale (che fu poi abolita, interrompendo con una balaustra l’altezza agli 85 metri attuali).
Giotto non vedrà mai completato il suo testamento di pietra: morì appena tre anni dopo, quando solo il primo livello era stato completato. Ma alla sua conclusione, nel 1359, questo monumentale scrigno di marmo superava in altezza e splendore ogni altro edificio cittadino, e si qualificava come vero ombelico di Firenze (sarà così fino al completamento della cupola). Fu questo l’atto conclusivo di carriera straordinaria e l’ennesimo sigillo che ha consacrato nella storia del mondo il suo nome a quello di Firenze.