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I giovani italiani con alte competenze sono i meno occupati d’Europa

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 “La ripresa economica è ostacolata non solo da una congiuntura internazionale negativa. La crisi ha ingigantito alcuni dei problemi storici del sistema Italia. La cattiva economia è quella che non investe sul capitale umano, sull’ambiente, sull’innovazione, non sostiene le eccellenze produttive, non riesce a contrastare inefficienze, illegalità ed evasione fiscale, non punta al riequilibrio demografico, preferisce investire in spese militari piuttosto che contrastare la povertà assoluta”. È quanto affermano le Acli, Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, nel rapporto sulla “Cattiva economia” elaborato dal loro istituto di ricerca, l’Iref, in occasione del Congresso nazionale in corso a Roma. Fra i dati dello studio emerge che i giovani italiani sono preparati, ma senza lavoro, e l’Italia in questo settore è negli ultimi posti in Europa. Il tasso di occupazione dei giovani tra i 25 e i 29 anni con alte competenze, quindi titolo di studio universitario o superiore, è in Italia il più basso tra i paesi europei, pari al 55,6% contro una media dell’80%. In Gran Bretagna, Francia, Belgio e Germania supera l’85%, in Olanda addirittura il 90%. “Il mercato del lavoro non riconosce la qualità dei giovani”, evidenzia dunque lo studio. Il documento ripercorre le debolezze dell’economia italiana attraverso l’elaborazione e il confronti di dati di fonti nazionali e internazionali. Fra i vari punti ripercorsi – fra i quali gli scarsi investimenti in ricerca e sviluppo fatti dalle imprese italiane, il peso della disoccupazione, la scarsa facilità di fare impresa, la dimensione dell’economia sommersa – vale la pena ricordare due fenomeni. Uno riguarda la credibilità internazionale e fa riferimento al Corruption Perception Index, un indice internazionale che misura la percezione di corruzione di una nazione: l’Italia è considerata uno tra i paesi europei maggiormente corrotti, superata in questa infelice graduatoria solo da Romania, Grecia e Bulgaria. Secondo il parere degli stessi italiani (registrato dal Global Corruption Barometer), negli ultimi tre anni la corruzione è aumentata anziché diminuire (65%) e l’impegno del governo per contrastarla è risultato inefficace (64%). “L’illegalità e la corruzione – affermano le Acli – sono un ostacolo oggettivo alla rilancio della nostra economia”.L’altro dato degno di nota è l’elevato ammontare delle spese militari: con i soldi dei caccia bombardieri si potrebbe finanziare la social card proposta dalle Acli. Secondo i dati dello Stockholm International Peace Research Institute, nel 2011 – ripercorre il rapporto – l’Italia è il settimo esportatore mondiale di armamenti, con una crescita dell’export pari al 76% rispetto al 2010. Il totale delle transazioni bancarie legate all’import-export di armamenti ha superato i 4 miliardi di euro nel 2009 e i 3 miliardi e mezzo nel 2010. Un contributo di solidarietà dell’1% su queste operazioni – calcola l’Iref – avrebbe fatto ottenere risorse per 40 milioni di euro nel primo anno e 35 milioni di euro nel secondo.Spiega ancora l’istituto di ricerca: “Il contestato acquisto da parte dello Stato dei caccia-bombardieri F35 avrà un costo complessivo di 13 miliardi di euro, 732 milioni di euro all’anno: 4 volte l’ammontare per il 2011 del Fondo nazionale per le politiche sociali destinato alle Regioni. Con i soldi dei caccia si potrebbe finanziarie per 5 anni e mezzo la “nuova social card”, il piano di contrasto alla povertà assoluta presentata dalle Acli al precedente Governo”.

fonte: helpconsumatori.it


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