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Farsi un selfie con Salvador Dalì

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Trent’anni fa moriva Salvador Dalì. Sabato 11 maggio il leggendario artista spagnolo avrebbe compiuto 115 anni. Ed è tornato in vita. Tecnologicamente parlando. È accaduto al Museo Dalì, di San Pietroburgo, in Florida. I visitatori avvicinandosi ad uno schermo che ha le dimensioni di un essere umano, possono guardare Dalì mentre legge l’edizione di quel giorno del New York Times, ascoltare i suoi commenti sul tempo che fa in quel momento, e soprattutto scoprire dalla sua voce – sarei tentato di dire dalla sua viva voce, ma non ci riesco – i mille dettagli della sua vita e delle sue opere.

Quella figura con l’abito scuro e una cravatta colorata sulla camicia bianca inamidata, si muove, gesticola, parla come se fosse Salvador Dalì. Non è un attore. È proprio lui, riportato in vita, se così si può dire, dalla tecnologia dei deepfakes, la frontiera più estrema delle fake news. Si tratta di video molto richiesti  nel mondo del porno: si prende il volto di una attrice famosa e con il software scaricabile gratuitamente in rete, lo si aggiunge al corpo di una pornostar in azione. Ne abbiamo parlato mesi fa quando l’attrice Scarlett Johansson disse che la battaglia era perduta. Molti temono che il vero pericolo venga da un loro utilizzo politico: far dire a un capo di Stato la cosa sbagliata può scatenare una guerra di questi tempi.

Mai però si era visto un deepfake di stampo culturale e a scopo didattico. Il merito è di una agenzia di comunicazione (la GS&P) che ha applicato questa tecnica di costruzione dei video con una intelligenza artificiale che impara analizzando migliaia di immagini di archivio della persona da replicare per poi creare l’algoritmo giusto: in questo caso seimila fotogrammi di Dalì sono stati digeriti per mille ore, circa una quarantina di giorni.

Il risultato è stato mixato con il corpo di un attore fisicamente simile a Dalì, che ha prestato la voce ricreando quel suo famoso accento misto fra spagnolo, francese e inglese. L’esperienza dicono che sia surreale e anche unica, perché ciascun visitatore vede qualcosa di diverso visto che entro certi limiti può interagire, fare domande e persino “scattarsi un selfie con il morto” come nell’ultima canzone di Daniele Silvestri.

 

 

Dalì sarebbe stato d’accordo? Non si sa, non ha lasciato nessun erede che potesse dire la sua, ma la Fondazione che porta il suo nome ha autorizzato l’esperimento che andrà avanti almeno fino al 2022. E lui del resto della morte diceva: “Ci credo, ma non nella mia. Spero che un giorno la gente di me dirà: è morto ma non del tutto. Quando sei un genio, non hai diritto di morire”.

Vedi: Farsi un selfie con Salvador Dalì
Fonte: innovazione agi


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