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Epifania: le origini, le tradizioni

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Il termine “epifania” deriva dal greco antico, epifàino, che può significare “rendo manifesto” e dal discendente sostantivo femminile epifàneia, che sta a significare manifestazione, apparizione, venuta, presenza

di Augusto Lucchese

I Romani, si sa, festeggiavano i Saturnali proprio nei primi giorni di gennaio. I festeggiamenti prettamente paganeggianti e orgiastici duravano ben 7 giorni e, in quel lasso di tempo, tutto era consentito. Si era parallelamente affermata l’usanza di predisporre dolci e doni da riservare ai propri amici. Nel Medio Evo, pur nell’ambito della affermata tradizione cristiana, tale usanza fu mantenuta, anche perché coincideva con il periodo delle “offerte feudali” in cui si offrivano doni ai maggiorenti del contado e anche al “signore” della zona.

Nel III secolo d. C. fra i cristiani si diffuse la tendenza a indicare con il termine Epifania le manifestazioni di sapore mediatico, le indicazioni divine, le visioni, i fatti eclatanti che avevano una qualche connessione con la “venuta in Terra” di Gesù, figlio di Dio fattosi uomo. Fra queste manifestazioni, in particolare, si possono annoverare l’adorazione dei Re Magi, il battesimo di Gesù nel Giordano, il miracolo delle nozze di Cana.

Nel mondo ortodosso, si prese ad usare il termine Epifania per indicare la festa che cade sempre il 6 gennaio (tredici giorni più tardi nelle Chiese che adottano il calendario giuliano) ed è correntemente denominata Teofania.

Nelle chiese di rito bizantino la venuta dei Re Magi è tuttora celebrata il giorno stesso del Natale, mentre, come s’è visto, dai cattolici di rito latino e da altre Chiese occidentali è commemorata con una festa a sé stante.

Secondo la descrizione di Isaia, i Re Magi erano conosciuti con i nomi di Melchiorre (semitico), Gaspare (camitico) e Baldassarre (iafetico).

Il Vangelo di Matteo indica e sostiene che i Magi furono guidati in Giudea da una stella (o astro che dir si voglia) e portarono in dono a Gesù Bambino, riconosciuto come “re dei Giudei”, oro (omaggio alla sua regalità), incenso (omaggio alla sua divinità) e mirra (annuncio della sua futura sofferenza redentrice). In poche righe ci fa sapere che “Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo”.

Con l’Epifania, in definitiva, si vuole celebrare l’iniziale prima affermazione della “divinità di Gesù” nei confronti della umanità, mercé la solenne e sottomessa adorazione dei Re Magi che recavano doni tanto significativi specie perché offerti da altolocati esponenti di un popolo quasi totalmente estraneo al mondo ebraico e mediterraneo. Si affermò, cosi, una delle più importanti tradizioni della religione cristiana e cattolica in particolare.

Aspetti folcloristici dell’Epifania

Pur nell’ambito delle varie differenziazioni di riti la celebrazione dell’Epifania è accomunata da simboli e tradizioni di derivazione parecchio simili e antiche (culti stellari o solari), da cui presero forma talune consolidate affermazioni più o meno dogmatiche, quali ad esempio:

  • la Stella Cometa che guida i Re Magi (tradizione orientale convalidata dal cristianesimo);
  • il significato dell’offerta di doni al Salvatore;
  • l’usanza, specie nei paesi di tradizione cattolica, di far giungere quasi di nascosto regali per i bambini (inseribili nella famosa “calza”);
  • l’invenzione, all’uopo, del misterioso personaggio della “Befana”, normalmente impersonata da una vecchia generosa e buona ma brutta da fare spavento;

La leggenda vuole che, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, la buffa vecchietta giunga, in groppa alla sua stravagante quanto immaginifica scopa, per colmare di dolci e regali le calze dei bambini buoni, mentre ai monelli assegnerà più o meno abbondanti dosi di cenere o carbone.

La sua origine si perde nella notte dei tempi, discende presumibilmente da tradizioni esoteriche precristiane e, nella cultura popolare, si fonde con elementi del tutto folcloristici.

L’iconografia della “vecchietta” è del tutto consolidata e inalienabile: un gonnellone scuro, ampio e sgualcito, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate.

I regali apportati dalla spaziale “vecchina” rappresentano, simbolicamente, i doni dell’oro, dell’incenso e della mirra offerti dai Magi al Bambino Gesù.

Sino a non molti anni addietro l’arduo e faticoso “compito” di distribuire i doni era una prerogativa attribuita in esclusiva alla Befana. Tale incombenza non era stata ancora trasferita alla nuova recluta del consumismo, Babbo Natale. Per ringraziare la Befana le si approntava, bene in vista e quasi sempre all’ingresso di casa, una frutta o una arancia, assieme ad un bicchiere di vino.

Cosa c’entra la Befana con i Magi? Una delle tante leggende riguardanti la Befana fa sapere che i Re Magi, prima di intraprendere il loro viaggio verso Betlemme, bussarono alla sua porta per chiedere indicazioni sulla strada da seguire. Le chiesero anche se fosse disposta ad accompagnarli, ma ottennero un bel rifiuto. La Befana, però, si pentì subito di avere rifiutato l’offerta e decise, inforcata la sua veloce “scopa”, di raggiungerli, addirittura precedendoli. Non sapendo, però, dove trovarli prese a chiedere e a bussare ad ogni porta. Quasi per farsi perdonare il disturbo arrecato, lasciava un regalo ai piccoli di casa.

Alcune particolari feste dedicate, in Italia, alla Befana

A Urbania, nelle Marche, le festività della Befana prendono il via addirittura dal 2 gennaio e si protraggono sino al fatidico 6 dello stesso mese.  La persona che assume le vesti della “vecchina” scende in strada partendo dalla scalinata della torre civica del Comune.

A Barga (Lucca) per dare vita alla tradizione della Befana le è stata costruita financo una casetta dove accumula e riordina i regali prima di iniziarne la distribuzione.

A Fornovo Taro, in provincia di Parma, si ripropone ogni anno, tra il 5 e 6 gennaio, con molto spasso della cittadinanza, il raduno nazionale delle Befane e dei Befani, agghindati con folcloristici e variopinti vestimenti.

A Venezia, in onore della Befana si organizza addirittura una regata e i doni vengono distribuiti dalle gondole partecipanti anche via mare.

A Roma la vecchina giunge a Piazza Navona scortata da un folto codazzo di curiosi e da lì si avvia il giro per la Città.

A Firenze, l’Opera di Santa Maria del Fiore organizza la rievocazione storica della Cavalcata dei Magi, tradizione fiorentina del XV secolo. Al corteo guidato dai Magi in abiti ispirati all’affresco di Benozzo Gozzoli, partecipano anche taluni rappresentanti di varie comunità estere residenti in città, fra cui quelle di Albania, Camerun, Eritrea, Filippine, Nigeria, Perù, Congo, Sri Lanka.

A prescindere dai citati festeggiamenti prettamente locali, l’Italia mantiene ovunque, in genere, la originaria tradizione dell’Epifania. Tradizione, come già detto, legata alla simpatica figura della attempata, mitica vecchietta che, nell’immaginario collettivo, viaggia a cavalcioni di una scopa, volando di tetto in tetto e portando sulle spalle un enorme sacco.

All’estero

In Spagna, a Barcellona è posta in rilievo una diversa impostazione della favola che riguarda la Befana. Si lascia immaginare ai bambini che i regali, pur se recapitati nel giorno della Befana, sono stati approntati dai Re Magi. A conferma di ciò i “los Reyes” giungono in città a bordo di alcuni carri, trainati da cammelli, che sfilano per le strade principali. I bambini che anticipatamente avevano già scritta la loro “letterina”, concernente la richiesta di ambiti doni, apportano in omaggio l’acqua per dissetare i cammelli e talune varietà di cibo per i visitatori, a parte la tradizionale “scarpa” destinata ad accogliere i doni.

In Francia è tuttora presente la tradizione di preparare dei particolari dolci (“gallette des rois”), una sorta di tortino infarcito di crema e pasta di mandorle. All’interno di uno di essi è posta una piccola riproduzione in cera o in terracotta di uno dei re Magi; la persona che casualmente verrà in possesso di tale figurina, assumerà il titolo di re della giornata e godrà di particolari privilegi.

In Islanda il 6 gennaio è ricordato come tredicesimo giorno dopo il Natale. Le feste cominciano con una fiaccolata e fra la gente in festa ci sono diverse rappresentazioni di personaggi collegati a ciascuno dei tredici giorni, fra cui il Re e la Regina degli Elfi. Babbo Natale, tredicesimo, è l’ultimo ad entrare in scena.

In Germania i bambini indirizzano alla Befana le loro richieste in nome e per conto dei Magi, scrivendo a caratteri cubitali sui loro bigliettini le lettere “K.M.B.”, cioè le iniziali, in tedesco, dei loro nomi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, seguite dall’indicazione dell’anno che sta iniziando. La Befana è considerata di buon augurio e i piccoli la portano di casa in casa per ricevere i doni, recitando poesie o cantando qualche canzone.

In Ungheria i bimbi, vestiti da Magi, portano di strada in strada un piccolo presepe, bussando alle porte delle case per ricevere gli attesi doni, in cambio di un simbolico omaggio.

In Russia la Befana è chiamata “Babuschka” e, come in ogni altra parte del Mondo, porta i regali ai più piccini, festeggiando, parimenti, il Natale ortodosso che si celebra nella stessa data. Il tutto nell’ambito della tradizione che si rifà all’annuale ricordo di “Padre gelo”.

In Gran Bretagna la notte dell’Epifania è considerata come la “dodicesima notte” (proprio quella descritta da Shakespeare) che indica la fine del periodo natalizio. È la notte in cui escono gli spiriti per accompagnare la Befana, facendo scherzi e consegnando regali. E’ il giorno in cui, quasi doverosamente, si tolgono gli addobbi delle feste.

La legenda della Befana è diffusa in quasi tutte le parti del mondo: dalla Australia alla Normandia e alle Isole britanniche, dalla Norvegia all’immensa Africa, dalla Groenlandia alla Terra del Fuoco in Argentina. In tale tradizione, molti intravedono il mito della Dea genitrice primordiale, signora della vita da giovani e della morte da vecchi, nell’ambito della inarrestabile rigenerazione della natura.

Per altri la Befana riassume, con la sua stramba figura, l’immagine di una comune antenata cui, pur se vecchia e rattrappita, è anche attribuito il compito di alimentare il focolare, luogo sacro d’ogni casa che si rispetti. E quindi non è per caso che entri ed esca dalle abitazioni proprio attraverso i camini, apportando oltre ai doni per i bambini, allegria e gioia, prima di riprendere a svolazzare in groppa alla sua stravagante scopa. Una atmosfera quasi incantata che si fa di tutto per ripetere ogni anno. In parecchi luoghi, la sera del 5 gennaio, si notano frotte di imberbi ragazzini e ragazzine girare di casa in casa per chiedere doni e caramelle, cantando la famosa filastrocca:

La Befana vien di notte / con le scarpe tutte rotte / col cappello alla romana / viva viva la Befana!

Aneddoti e storielle sulla Befana

– Come riflesso dei saturnali romani, si racconta del rito a fronte del quale gli animali domestici venivano condotti alla mensa dei convitati ed erano attentamente accuditi, dai rispettivi padroni, per impedire loro, si dice, che potessero acquistare il dono della parola.

– Di probabili origini pagane, il personaggio della Befana era rappresentato da una strega benevola che abitava sui monti in mezzo al bosco, vicino alle carbonaie. Era anche conosciuta come moglie di un orco ma, tuttavia, aveva il compito di portare ai bambini buoni doni alimentari, frutta secca e biscottini, oltre a piccoli giocattoli; ai cattivi, invece, il nero carbone.

– L’antica ritualità della celebrazione dell’Epifania, sul piano alimentare e gastronomico deriva dalle usanze campagnole di pietanze a base di legumi e maiale. Trascorsa la notte, si seguita a festeggiare con i “befanini”, dolcetti casalinghi a forma di animaletti domestici o fiori di campo.

Concludiamo con uno stralcio della famosa poesia di Giovanni Pascoli “La Befana”:

Viene viene la Befana,
vien dai monti a notte fonda.
Come è stanca.

La circonda neve, gelo e tramontana.

Viene viene la Befana.
Ha le mani al petto in croce,
e la neve è il suo mantello
ed il gelo il suo pannello
ed il vento la sua voce.
Ha le mani al petto in croce.
E s’accosta piano piano
alla villa, al casolare,
a guardare, ad ascoltare
or più presso or più lontano.

Tra la cenere e i carboni
c’è tre zoccoli consunti.
Oh! tre scarpe e tre strapunti…
La Befana vede e sente;
fugge al monte, ch’è l’aurora.
Quella mamma piange ancora
su quei bimbi senza niente.
La Befana vede e sente.
La Befana sta sul monte.
Ciò che vede è ciò che vide:
c’è chi piange e c’è chi ride;
essa ha nuvoli alla fronte,
mentre sta sul bianco monte.