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di Xavier Mancoso

Con la fine di febbraio è scaduto, formalmente, il blocco dell’invio di nuove cartelle esattoriali e atti di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Col primo marzo è maturata anche la scadenza per i pagamenti legati alla definizione di molte partite fiscali che erano stati differiti dal decreto Ristori Quater del governo Conte.

Poiché è chiaro a tutti che in questo momento di estrema emergenza sanitaria ed economica non si può scaricare sui contribuenti italiani una massa gigantesca di notifiche e non si possono gravare di imposte famiglie e imprese, ci si aspettavache il nuovo governo approvasse un decreto già nei giorni scorsi per prorogare ulteriormente le scadenze.

Ma la politica economica del governo Draghi esordisce con l’invenzione di un istituto nuovo, inusitato, quello del “comunicato-legge”.

Infatti il 27 febbraio, il giorno prima della scadenza, il Mef (Ministero dell’economia e delle finanze) ha diffuso un comunicato stampa per annunciareche è in corso di redazione il provvedimento che differirà il termine del 1° marzo 2021 per il pagamento delle rate del 2020 del saldo e stralcio e della rottamazione ter che non sono state ancora versate, cui si aggiunge la prima rata del 2021 della rottamazione-ter.

Il comunicato non dice quale sarà la nuova scadenza, ma chiarisce che i pagamenti che non sono stati effettuati entro oggi saranno comunque considerati tempestivi purché effettuati nei limiti del differimento che sarà disposto.

Per i contribuenti che sono in regola con il pagamento delle rate scadute nell’anno 2019 della “Rottamazione-ter”, “Saldo e stralcio” e della “Definizione agevolata delle risorse UE”, il mancato, insufficiente o tardivo pagamento alle relative scadenze delle rate da corrispondere nell’anno 2020 e della prima rata 2021 non determina la perdita dei benefici delle misure agevolate se il debitore effettuerà comunque l’integrale versamento delle stesse entro il termine che fisserà l’annunciato decreto di proroga.

I contribuenti interessati al saldo e stralcio e alla rottamazione ter sono 1 milione e duecentomila. Si comprende dunque l’attesa per il decreto che in settimana dovrebbe essere approvato dal consiglio dei ministri, che dovrebbe anche ridefinire il calendario della pace fiscale.

In realtà il nuovo governo deve ancora definire il confronto politico fra le eterogenee forze della sua maggioranza sulle tante decisioni da prendere nel prossimo provvedimento finanziato con i 32 miliardi di disavanzo approvati a inizio anno, in primo luogo sulle nuove date per i pagamenti in scadenza al 28 febbraio nonché sulle scelte da fare sulla ripartenza della riscossione.

L’ipotesi che circola negli ambienti ministeriali è quella di una mini-proroga quella parte dei contribuenti che in realtà non ha subito perdite di reddito con la crisi, mentre per i più danneggiati,  dovrebbe essere concesso un rinvio più lungo.

È possibile che la nuova scadenza venga allineata a quella dello stato di emergenza, ora previsto fino al 30 aprile, ma le scelte sono ancora tutte da compiere.

I prossimi giorni saranno decisivi anche per definire gli aiuti all’economia da approvare con il nuovo, quinto decreto ristori.

L’ipotesi allo studio è di garantire le imprese che abbiano subito nel 2020 una perdita di fatturato sopra una certa soglia (il 33%) un sostegno che copra almeno il 20-25% di questa caduta.

Non sono scelte semplici, la coperta è corta perché i 32 miliardi di deficit in più concessi dal Parlamento devono servire anche per le misure su lavoro, la sanità, la scuola e gli enti locali.