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Diventare padre al tempo del Coronavirus

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Ai tempi del Coronavirus la nascita di un bambino e l’attesa dei genitori assumono un significato particolare. Fabio De Iaco, direttore del pronto soccorso e medicina d’urgenza dell’ospedale Martini di Torino, sul sito del Simeu (Società italiana medicina d’emergenza-urgenza) ha voluto raccontare un episodio avvenuto nei giorni scorsi nel capoluogo piemontese.

“Lui e lei, a braccetto, lenti lenti, si avvicinano alla tenda. Nessun dubbio che lei sia incinta, e che il tempo sia proprio finito. La pancia è grande e dura, non serve toccarla, e il viso ha i segni che solo le donne prossime al parto possono mostrare: sofferenza e speranza e determinazione. Lui si ferma all’ingresso, lei entra e siede sulla panca di legno a riprendere fiato e, paziente, a farsi misurare la temperatura e interrogare dall’infermiere. Io sono lì per caso, a godere di qualche minuto di aria aperta e lui, prossimo papà, è accanto a me: “Questa bimba che nasce proprio ora, in questi giorni, è un segno per noi” e mi racconta la storia dell’incontro di due persone sole e un po’ tristi, una storia il cui lieto fine sta lì, in quella tenda.

Una storia che non finisce di raccontare, perché lei esce e si appoggia a lui. Mario, l’infermiere al pre-triage, indica il percorso da seguire e si rivolge a lui: “Lei non può entrare, l’accompagna all’ingresso e poi si deve allontanare”. Mi preparo alle proteste e alle imprecazioni (quante ne direi, al posto suo) e invece la risposta è serena, la voce ferma e pacata: “Lo so. Ci siamo già passati qualche giorno fa…”. E Mario, l’infermiere: “So anch’io cosa significa. Mia moglie deve partorire tra qualche giorno. E non so se entrerò”.

Sguardi di rispetto reciproco e di condivisione: per un breve momento prende forma la fratellanza tra i due prossimi padri, in tempi di Coronavirus.

Una guerra si combatte in tanti modi e con tante uniformi, ma sempre guerra resta, e i combattenti si riconoscono tra loro. La loro bimba è nata e sta bene. E due giorni fa è nato il figlio di Mario.

Quando la notizia è arrivata in Pronto Soccorso dai camici verdi, dai volti mascherati e schermati dai visori, in mezzo ai malati, si è alzato un breve urlo che ha superato il sibilo dell’ossigeno e i colpi di tosse continua, che ha unito quella squadra di persone in un istante di gioia e speranza. Un altro brevissimo momento di fratellanza. I combattenti si riconoscono tra loro. E poi continuano a lavorare. Aveva ragione quel signore paziente e determinato, quel quasi padre di una settimana fa: “i bimbi che nascono in questo tempo sono un segno. Torneremo a vivere come prima. Ma non saremo più gli stessi. E saremo migliori”. 

Vedi: Diventare padre al tempo del Coronavirus
Fonte: cronaca agi


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