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"Dio è come una madre che visita il figlio in carcere"

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AGI – Dio è come una madre che fa la coda per visitare in carcere il figlio. Una “buona madre” che non smette di amare il figlio “per quanto possa sbagliare”. Così Papa Francesco, durante l’Udienza Generale, che continuando il ciclo sulla preghiera, ha incentrato la sua meditazione sul tema “La benedizione”.

Dio non smette di amare, pazienta fino all’ultimo

Non c’è peccato che possa cancellare completamente l’immagine del Cristo presente in ciascuno di noi. Nessun peccato può cancellare quell’immagine che Dio ha dato a noi. L’immagine di Cristo”, ha sottolineato il Pontefice. “La può deturpare, ma non sottrarla alla misericordia di Dio. Un peccatore può rimanere nei suoi errori per tanto tempo, ma Dio pazienta fino all’ultimo, sperando che alla fine quel cuore si apra e cambi. Dio è come un buon padre e come una buona madre, anche Lui è una buona madre: non smettono mai di amare il loro figlio, per quanto possa sbagliare, sempre”.

Il Papa ricorda a Buenos Aires le mamme in coda per vedere i figli carcerati

Bergoglio ha quindi ricordato un’esperienza di quando era arcivescovo di Buenos Aires: “Mi viene in mente quelle tante volte che ho visto la gente facendo la fila per entrare in carcere. Tante mamme in fila per entrare e vedere il loro figlio carcerato: non smettono di amare il figlio e loro sanno che la gente che passa nel bus pensa ‘Ah, questa e’ la mamma del carcerato’. Eppure non hanno vergogna di questo, o meglio, hanno vergogna ma vanno avanti, perché è più importante il figlio della vergogna. Così noi per Dio siamo più importanti di tutti i peccati che noi possiamo fare, perché Lui è padre, è madre, è amore puro, Lui ci ha benedetto per sempre. E non smetterà mai di benedirci”.

“Un’esperienza forte è quella di leggere questi testi biblici di benedizione in un carcere, o in una comunità di recupero”, ha aggiunto Francesco. Far sentire a quelle persone che “rimangono benedette nonostante i loro gravi errori, che il Padre celeste continua a volere il loro bene e a sperare che si aprano finalmente al bene. Se perfino i loro parenti più stretti li hanno abbandonati perché ormai li giudicano irrecuperabili, per Dio sono sempre figli. Dio non può cancellare in noi l’immagine di figlio, ognuno di noi è figlio, è figlia“.

E’ la grazia di Dio che cambia la vita

A volte, ha continuato, “si vedono accadere dei miracoli: uomini e donne che rinascono. Perché trovano questa benedizione che li ha unti come figli. Perché la grazia di Dio cambia la vita: ci prende come siamo, ma non ci lascia mai come siamo“. All’inizio del mondo “c’è dunque Dio che ‘dice-bene’, bene-dice, dice-bene. Egli vede che ogni opera delle sue mani è buona e bella, e quando arriva all’uomo, e la creazione si compie, riconosce che è ‘molto buona’”.

Da lì a poco, ha spiegato, quella bellezza che Dio ha impresso nella sua opera “si altererà”, e l’essere umano diventerà “una creatura degenere, capace di diffondere nel mondo il male e la morte”. Ma nulla potrà mai cancellare “la prima impronta di Dio, un’impronta di bontà che Dio ha posto nel mondo, nella natura umana, in tutti noi: la capacità di benedire e il fatto di essere benedetti. Dio non ha sbagliato con la creazione e neppure con la creazione dell’uomo”.

Per Francesco la speranza del mondo risiede completamente “nella benedizione di Dio: Lui continua a volerci-bene”, e ha ricordato che “la grande benedizione di Dio è Gesù Cristo, è il gran dono”, una benedizione per “tutta l’umanità”, “che ci ha salvato tutti”. A Dio che benedice, ha spiegato, anche noi rispondiamo benedicendo “Dio ci ha insegnato a benedire e noi dobbiamo benedire”: è la preghiera di lode, di adorazione, di ringraziamento.

Con la capacità di benedire non esisterebbero le guerre

La preghiera “è gioia e riconoscenza. Dio non ha aspettato che ci convertissimo per cominciare ad amarci, ma lo ha fatto molto prima, quando eravamo ancora nel peccato. Non possiamo solo benedire questo Dio che ci benedice, dobbiamo benedire tutto in Lui – ha precisato -, tutta la gente, benedire Dio e benedire i fratelli, benedire il mondo: questa è la radice della mitezza cristiana, la capacità di sentirsi benedetti e la capacità di benedire. Se tutti noi facessimo così, sicuramente non esisterebbero le guerre. Questo mondo ha bisogno di benedizione e noi possiamo dare la benedizione e ricevere la benedizione. Il Padre ci ama. E a noi resta solo la gioia di benedirlo e la gioia di ringraziarlo, e di imparare da Lui a non maledire, ma benedire”.

Infine Bergoglio ha parlato della “gente che è abituata a maledire, la gente che sempre ha in bocca, anche in cuore, una parola brutta, una maledizione. Ognuno di noi può pensare: io ho questa abitudine di maledire così? E chiedere al Signore la grazia di cambiare questa abitudine perché noi abbiamo un cuore benedetto e da un cuore benedetto non può uscire la maledizione. Che il Signore ci insegni a mai maledire ma a benedire”, è la sua esortazione finale. 

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Fonte: cronaca agi


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