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"Così stiamo cercando di trasformare il grafene in un superconduttore"

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Sono passati 14 anni da quando lo scienziato anglo-russo Konstantin Novoselov è riuscito a estrarre dalla grafite, il derivato del carbonio la cui applicazione più nota è la matita ed è uno stretto parente “molecolare” del diamante, un nuovo materiale che è sempre esistito in natura e che riunisce in sé moltissime proprietà preziose: il grafene. Per questa scoperta Novoselov, nato nel 1974 a Niznij Tagil, città della Russia asiatica, 1.800 km a est di Mosca, da tempo professore dell'università di Manchester e membro della Royal Society, ha avuto il premio Nobel per la fisica nel 2010, quando aveva solo 36 anni. Ora che il grafene è diventato famoso come “il materiale dei miracoli” per le sue prospettive di applicazione in moltissimi campi, Novoselov ne parla con toni modesti, da scienziato.

Relatore principale in una giornata dedicata al grafene al Museo della scienza e della tecnologia di Milano, ha rilasciato interviste a diverse testate italiane fra cui l’Agi, spiegando in particolare che “quando si fa una ricerca scientifica non si sa fin dall’inizio quali saranno le sue conseguenze in termini di applicazioni: quando abbiamo isolato il grafene, eravamo entusiasti di questa grande scoperta di poter lavorare su qualcosa che era solo uno strato bidimensionale, ed è stata una grande sorpresa: se me l’avessero chiesto solo pochi anni prima avrei detto che era impossibile. Ma non avevamo nessuna idea delle applicazioni pratiche future”.

Quali sono le caratteristiche del grafene, e perché è stato una sorpresa scoprirlo? Come vengono le idee che cambiano il mondo?

“È il materiale più forte, più sottile, più versatile e il miglior conduttore di elettricità mai scoperto, oltre che impermeabile e trasparente e il primo a due sole dimensioni. Prima del grafene, nessuno credeva fosse possibile creare e lavorare con un materiale 2D, scoprirlo ha significato cambiare completamente gli schemi. Quanto alle idee: questa è la cosa interessante della mente umana, che non puoi predire quando ti verrà una nuova idea brillante. Devi massimizzare le possibilità ma non ti puoi svegliare la mattina e dire: ‘sto per fare una grande scoperta’. Quel giorno, l’idea può venire ma può anche non venire. Quindi, non posso fare scoperte al volo, mi spiace”.  

Il grafene è così sottile che con tre soli grammi si copre un intero campo di calcio. È riciclabile, e ci sono implicazioni di impatto ambientale?

“Quello che dobbiamo sapere è che è un materiale con lo spessore di un solo atomo. Una delle sue applicazioni riguarda la produzione di telefoni cellulari e smartphone. Per produrre tutti quelli che si fanno oggi nel mondo, ne servono solo 60 kg, essendo così sottile: per fare un confronto, si usano nell’industria migliaia e migliaia di tonnellate di grafite ogni anno. Quindi non c’è un grande impatto sull’ambiente usando grafene. Ma gli studi sono ancora in corso sull’eventualità di risvolti tossicologici”.  

Che funzione ha la Graphene Flagship, il progetto di ricerca dell’Unione europea al quale lei partecipa?

“È una cosa importante, favorisce la collaborazione fra persone di paesi diversi con diverse competenze e con l’industria. È una piattaforma comune che permette di coordinare le strategie fra ricerca teorica e applicazioni pratiche, dobbiamo far lavorare in parallelo la nostra ricerca scientifica con il lavoro degli ingegneri. Il contributo degli studiosi e delle imprese italiane è molto importante. È sempre una sfida proporre un nuovo materiale sul mercato e nessuno sa davvero come farlo. Perché possa essere usato nelle applicazioni industriali, servono di solito fra i 10 e i 30 anni. L’idea che sta dietro alla Graphene flagship è che aiutiamo le imprese a capire come usarlo. Negli ultimi anni, ci siamo concentrati sulle applicazioni specifiche sviluppando prototipi. Le opportunità sono enormi, e questo rende difficile decidere su quale area puntare. Speriamo che presto si passi a considerarlo un materiale dal quale partire per nuove applicazioni, anziché semplicemente usarlo per sostituirne di esistenti”.  

Quali sono le direzioni future della ricerca sul grafene?

“Stiamo cercando di trasformarlo in un superconduttore: un fenomeno molto eccitante. Ma una delle più importanti proprietà del grafene è di avere aperto la strada a molti altri materiali 2D da cercare e isolare, creando una nuova famiglia di cristalli a due dimensioni”. 

In quanto scienziato, è ottimista o pessimista sul futuro in generale?

“Sono responsabile solo per me stesso e quello che la mia personale esperienza mi insegna è che ci sono tante cose che ancora non si conoscono nel mondo. Ci sono sicuramente abbastanza cose da ricercare per il resto della mia vita: questo mi rende ottimista, ma spero che non mi chieda se lo sono anche per il resto dell’umanità”. 

Secondo la tabella di marcia della Graphene Flagship, entro il 2023, data in cui si concluderà il piano, le applicazioni riguarderanno materiali compositi per rivestimenti e modifiche di superfici (dai caschi per moto agli aerei militari), nel campo dell’energia batterie a ricarica rapida, nella trasmissione di dati l’uso nelle reti 5G e wireless, nell’elettronica quella ad altra frequenza e quella stampabile a basso costo; nell’industria delle immagini per i sensori fisici/chimici e quelli fotoelettrici e per gli spettometri e i sensori per spettometri e camere CMOs. Solo dopo il 2023 potrebbero arrivare novità per le applicazioni del grafene nel trattamento e desalinizzazione delle acque, cellule solari flessibili, uso nelle reti 6G e oltre, dati ottici su microchip, e nel campo delle tecnologie biomediche anche per realizzare interfacce neurali (si studiano ad esempio sostituti per la retina). 

Vedi: "Così stiamo cercando di trasformare il grafene in un superconduttore"
Fonte: innovazione agi


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