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Cos’è accaduto in Andalusia, in breve

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Nell’ottica di Susana Diaz, leader del Psoe andaluso sconfitta un anno fa da Pedro Sánchez nelle primarie del partito, queste dovevano essere le elezioni del rilancio, il trampolino per tentare una nuova scalata al vertice. Si sono rivelate essere, invece, un appuntamento con la storia, ma per Vox, il partito sovranista spagnolo. Vediamo, in breve, alcuni dei punti chiave che sono emersi dal voto andaluso.

Crollo Psoe, sorpresa Vox

Il quadro che esce dalle elezioni è quello di un’estrema frammentazione, ancora più profoda di quella già esistente a livello nazionale, e di un ulteriore indebolimento dei partiti tradizionali. Il Psoe ottiene il maggior numero di voti, ma il peggior risultato della storia andalusa: il 28% (-7,4% rispetto al 2015). Al 20,8% il PP (secondo peggior risultato di sempre), quindi un ottimo Ciudadanos (18,2%), seguito da Adelante Andalucía (16,2%), la coalizione nata proprio quest’anno tra Podemos, Izquierda Unida e altri partiti regionali. Ultimo a superare la soglia di sbarramento, e vero vincitore della tornata elettorale, è Vox, la forza di estrema destra, che raggiunge l’11%.

 

Un Parlamento frammentato

La legge elettorale, proporzionale su base provinciale e senza premi di maggioranza, conferisce una distribuzione dei 109 seggi che vede il Psoe in grande difficoltà: senza i voti di Ciudadanos non potrà esservi un governo. Ma se si è ricorsi alle elezioni anticipate è proprio a causa della rottura del patto tra questi e i socialisti, e a poco sembra potranno servire gli appelli uniti di Adelante Andalucía e della Dias per un “fronte repubblicano” alla spagnola, teso ad arginare la destra estrema. Tanto che il leader di Ciudadanos, Albert Rivera, ha immediatamente chiesto al Premier Pedro Sánchez di indire elezioni anticipate anche a livello nazionale.
 

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Al momento, dunque, lo scenario più probabile è quello di una maggioranza a firma Partito Popolare, Ciudadanos e Vox (59 seggi), ma anche in questo caso i giochi non sono fatti. Se per El Pais, dopo le aperture del leader popolare Pablo Casado, l’accordo con il partito sovranista è scontato, dal comitato elettorale di Vox non giungono, ancora, segnali di questo tipo. Molto si capirà nelle prossime ore, ma è evidente come questa sembri, al momento, l’unica strada realmente possibile per dare governabilità alla Regione.
 

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Vox, la destra che (non) ti aspetti

Più volte si è parlato delle difficoltà da parte dei partiti sovranisti di destra di trovare terreno fertile in Spagna. Da oggi non si porrà più il problema: anche nella terra che fu di Franco soffia il vento del populismo. Vox, come abbiamo già scritto, è infatti il vero vincitore di queste elezioni. La compagine “populista” è riuscita a portare, per la prima volta in 36 anni, dei rappresentanti di estrema destra all’interno delle istituzioni. E lo ha fatto in grande stile: l’11% dei consensi, ben 12 seggi, dieci in più di quelli che i sondaggi della vigilia accreditavano come massimo risultato.

Si credeva che avrebbe raggiunto risultati significativi solamente nella provincia di Almeria, sua roccaforte, e invece i dati ci raccontano di un voto ben distribuito in tutte e quattro le province del sud, ma anche in quella del capoluogo, Sevilla. Un quadro che aveva iniziato a dipingersi già nel pomeriggio, con l’annuncio dei parziali di astensione, i peggiori dal 1990 (41,35% contro il 37,7 del 2015), aumentata soprattutto nelle zone più storicamente socialiste della regione.

 

 

La Spagna si allinea, così, al resto d’Europa, e c’è da pensare che quanto accaduto ieri in una delle regioni con il più alto tasso di disoccupazione del paese, possa avere pesanti conseguenze sulla politica nazionale: il Psoe appare indebolito dalle difficoltà di Sanchez nel trovare i numeri per far approvare la manovra di bilancio, e più volte nelle ultime settimane si è ventilata l’ipotesi di ricorrere ad elezioni anticipate. Ora occorre capire come le forze tradizionali di destra e centrodestra reagiranno all’ascesa di Vox, ma l’impressione è che il dibattito parlamentare potrebbe inasprirsi, in particolare su temi quali la migrazione e la sicurezza, molto sentiti dai cittadini spagnoli, particolarmente quelli del sud. Affermare che sia in arrivo una svolta a destra è prematuro ma, certamente, i segnali per il Psoe non sono incoraggianti.
 

Profondo rosso

Il Psoe, appunto. Mentre il vincitore morale riceve i complimenti di Marine Le Pen, il grande sconfitto si lecca le ferite. Sin dalle prime elezioni della Provincia autonoma, cioè dal 1982, i socialisti si erano sempre affermati come forza dominante, con l’eccezione del 2012. Che qualcosa stesse cambiando era chiaro osservando l’emorragia di voti che ha caratterizzato il partito a partire dal 2004, ma il risultato di ieri supera ogni aspettativa negativa. A poco servono le parole della Dias, che nell’appellarsi alla coscienza di Cs e AA per formare un argine al populismo ha voluto comunque ricordare come il Psoe resti la prima forza politica della Regione.

 

 

Il 28 per cento è il peggior risultato della storia del partito in Andalusia, ed è anche un segnale estremamente negativo a livello centrale, se pensiamo che qui, generalmente, era sempre stato in grado di ottenere livelli di consenso ben superiori alla media nazionale.

Vedi: Cos’è accaduto in Andalusia, in breve
Fonte: estero agi


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