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Cosa scrivono gli altri (IL RIFORMISTA – La difesa di Ardita siete matti non sono mai stato garantista)

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L’esponente del Csm risponde da Formigli alle accuse di far parte della loggia Ungheria e rivendica il suo giustizialismo. Ma non è stata questa la parte migliore della serata…
Giorgio Varano · mag 8, 2021

Ardita ma amara è la vita nel Csm, anche se ha i tratti della sit-comedy. Le dichiarazioni di Davigo e Ardita andate in onda su La7 hanno ricordato i migliori botta e risposta di Sandra Mondaini e Raimondo Vianello.
L’apice della comicità (tragica) è stato toccato quando Ardita si è accalorato di più perché non è stato evidenziato come decisivo, ai fini della immediata riconoscibilità delle dichiarazioni di Amara come una “bufala”, l’elemento più orrendamente calunnioso a suo danno: il far parte di una conventicola di garantisti che combattono i giustizialisti! Per la serie, finché parliamo delle accuse di far parte della “Loggia Ungheria” rispondo con calma, ma come vi permettete di dare del garantista proprio a me? «Già nel 2006 ho fatto tanti e tali di quei processi che riguardavano soggetti di vertice, con responsabilità importantissime, che tutto potevo essere considerato fuorché un garantista!». Come se il garantismo fosse uno dei vari standard di unità di misura o di peso, e non la giusta cultura delle regole del processo e dei diritti di tutti. Ma è evidente che in certi ambienti il mero sospetto di essere portatore di garantismo rischia di farti vivere una vita di inferno, sempre lì a dover spiegare che non è vero, a dover combattere questa odiosa maldicenza delle malelingue!
Poi c’è stato il momento sentimentale. «Voglio un confronto, voglio guardarlo negli occhi e dirgli moltissime cose!». È una frase un po’ patetica, ma chi siamo noi per giudicare? Del resto, tanti hanno avuto un amore sbagliato finito in malo modo al quale avrebbero voluto dire addio in modo civile (magari non in tv in prima serata). Dopo questo sfogo, Ardita è ritornato subito nel suo personaggio di grande moralizzatore, ricordando che «c’è un modo per essere consigliere». Saremmo curiosi di capire qual è, visto che formalmente non c’è perché non esiste un codice dei doveri dei consiglieri del Csm. Poi, è arrivata la parte inquietante. Il rapporto con Davigo si è interrotto per «delle gravissime questioni che certamente non possono essere trattate in questa sede». Fermi tutti! Un consigliere in carica del Csm afferma in prima serata in tv che ci sono “gravissime” questioni che riguardano il suo rapporto con un ex consigliere. Ora, o Davigo parcheggiava male la Smart prendendo anche il posto di Ardita nel parcheggio del Csm, e allora è una questione loro (obiettivamente gravissima), o queste questioni riguardano i rapporti nel Consiglio, il governo della magistratura e l’amministrazione della giustizia, e dunque tutti i cittadini. Ardita avrebbe il dovere di dirle subito, pubblicamente oltre che al Csm, ma si è visto che sui doveri dei consiglieri c’è molta originalità di pensiero. Ma quando un amore finisce non è giusto parlare solo di uno dei due, anche perché l’altro è stato a sua volta spassoso. Davigo, infatti, confonde l’organo di governo della magistratura con la sua persona (chi se lo sarebbe mai aspettato…), affermando che il segreto investigativo non è opponibile al Csm, leggasi una “recentissima” circolare del 1994. Ovviamente questa circolare dice altro: al Csm come organo, nello svolgimento delle sue funzioni, l’autorità giudiziaria non può opporre il segreto su fatti che possono avere rilievo disciplinare. Dunstioni que al Csm che chiede informazioni, non ad un singolo consigliere che invece le riceve a casa sua da un pubblico ministero su libera volontà di quest’ultimo. Gustoso il passaggio dei fogli word stampati dal pm come supporto alla memoria quando quest’ultimo ha interloquito con lui. Mica uno può ricordarsi tutto? Ti chiamo per parlarti di una indagine, finisce che mentre arrivo a casa tua me ne dimentico – del resto le distrazioni erano tante durante il lockdown… – e allora stampo qualche foglio (verbali senza firma…) contenente accuse gravissime per ricordarmi che te ne devo parlare. Poi, quei fogli che erano a supporto della mia memoria, te li lascio. Ma questo solo perché non avevo stampato anche un foglio con la scritta «ricordarsi di non lasciare i fogli». Dopo Davigo ne ha parlato solo con qualche consigliere del Csm, ma giusto perché erano questioni riservate e segrete! Teme di essere indagato? Assolutamente no! Questa affermazione ricorda una famosa commedia (Non ti pago) del compianto Eduardo De Filippo, quando quest’ultimo, a chi lo avvisa che potrebbe essere denunciato, risponde: e io non accetto la denuncia!
Ma è stata una serata anche “amara” per tutti noi della conventicola dei garantisti. Perché, sì abbiamo riso subito dopo averla sentita, ma abbiamo tutti provato quell’inconfessabile e triste rammarico che si prova quando la battuta migliore, quella che cercavi da anni, la fa un altro. E allora dobbiamo rendere onore ad Angelo Robledo. Dopo aver ascoltato le sfuggenti dichiarazioni di Davigo, definirlo “PierAnguillo” non solo è stata la migliore battuta mai sentita su di lui, ma anche il più degno epitaffio alla carriera del Totem della conventicola dei giustizialisti