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Cosa dice la legge sui lupi come “specie protetta”

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Il numero degli esemplari aumenta e, di pari passo, anche la preoccupazione di chi pensa che questi animali rappresentino un potenziale problema

AGI – Specie in via di estinzione e da proteggere oppure specie dalle dimensioni non controllate e superiori a quanto si stima in realtà? La dimensione del “fenomeno lupo” secondo Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, “supera i 3.300 esemplari, 950 nelle regioni alpine e quasi 2.400 lungo il resto della penisola“, mentre per l’Ente nazionale protezione animali (Enpa) “i lupi in Italia sono solo 3.400 e non c’è emergenza“.

Sta di fatto che crescono le pressioni per modificare lo status del lupo come “specie protetta” per aiutare e proteggere il bestiame, che ne è la prima vittima. Lo hanno chiesto lo scorso 24 novembre gli eurodeputati in una risoluzione adottata con 306 voti favorevoli, 225 contrari e 25 astensioni.

I deputati chiedono che non appena sia raggiunto lo stato di conservazione desiderato, quello di protezione delle specie dei grandi carnivori, “vada adeguato”, anche per facilitare il risarcimento dei danni causati agli allevatori dai grandi protettori. Tuttavia, secondo il sito Ruralpini, resistenza rurale, “contenere il lupo si puo'” anche sulla base delle leggi vigenti perche’ ad esempio, “la Francia preleva ogni anno il 20% della popolazione lupina senza infrangere la direttiva Habitat” approvata dal Parlamento europeo il 3 dicembre 1990, in merito alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche.

Le Regioni altresì, “hanno il diritto/dovere di monitorare e controllare la fauna dannosa (ancorché iper-protetta), anche il lupo e l’orso. Nei modi previsti dalle normative”. Secondo Ruralpini, il controllo del lupo rientra nella previsione dell’art.19, comma 2 della Legge 157 del 1992 (Norme a protezione della fauna selvatica omeoterna e per il prelievo venatorio) il cui passaggio fondamentale è questo: “Le Regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia”.

“Questo controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l’utilizzo di metodi ecologici su parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l’Istituto verifichi l’inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali”.

E secondo la sentenza della Corte costituzionale n. 215, 2019, le Regioni a Statuto speciale possono emanare leggi con oggetto specifico sul controllo dell’orso e del lupo, “ma non esclude che le regioni a statuto ordinario possano emanare provvedimenti in materia”, ad avviso di quanti sono a favore dell’abbattimento dei lupi a fini regolatori del loro numero, mentre “la Regione Lombardia, stante la gravita’ del problema del contenimento del cinghiale ha emanato la LR 19/2017 con regolamento di gestione”.

Infine, per Ruralpini, le attribuzioni alle componenti ambientaliste delle amministrazioni regionali (e ai Parchi) non sarebbero altro che il “frutto di discrezionalita’ politica, del grande attivismo delle lobby animal-ambientaliste cui fa riscontro la scarsa incisivita’ delle organizzazioni agricole e la disorganizzazione delle categorie (pastori, allevatori di montagna, alpeggiatori) piu’ direttamente colpite dalla reintroduzione dei grandi carnivori”.