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Contagi e quarantene, la lezione della 'Spagnola' raccontata dalla storica Eugenia Tognotti

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AGI – Un virus nuovo, che viene da lontano. Si trasmette con il respiro. L’unico modo per batterlo: distanziamento sociale e mascherine. Chi non le porta è passibile di multa, ma molti mugugnano o protestano apertamente contro le odiate “museruole”.

Si chiudono le attività e le scuole, si allestiscono ospedali da campo. Mentre alla prima ondata ne segue un’altra e poi un’altra, e il contagio si impenna ogni volta che si tenta un allentamento delle misure. Tutto questo succedeva nel 1918, quando i nomi delle malattie erano più evocativi e la pandemia che terrorizzava il mondo non era il “Covid-19” ma la terribile “Spagnola“, che all’indomani della Grande Guerra divampò nell’Europa stremata causando decine di milioni di vittime.

Affinità evidenti, come si vede. Ma anche notevoli differenze. Ne parla con l’AGI Eugenia Tognotti, Ordinario di Storia della Medicina e Scienze Umane all’Università di Sassari. “Entrambi sono virus nuovi – spiega – e proprio come Covid-19, il virus del 1918 non era mai stato visto prima. Inoltre, come per il Covid-19, nessuno aveva l’immunità ed era un virus altamente contagioso. Il contatto faccia a faccia, allora come oggi, è cruciale per la diffusione nelle comunità”.

Le modalità di contagio sono sempre quelle: “Entrambi i virus si diffondono principalmente attraverso goccioline respiratorie e aerosol, ossia una sospensione di goccioline liquide nell’aria”. Ed è per questo che anche allora “le autorità sanitarie esortarono le persone a indossare maschere per rallentare la diffusione della malattia. All’epoca erano fatte di garza. In America coloro che si rifiutavano di indossarle rischiavano una multa o addirittura la prigione”.

Come avviene oggi, molte persone facevano resistenza: “In Italia erano poco diffuse e alcuni la chiamavano spregiativamente ‘museruole’ e si rifiutavano di indossarla come è accaduto per la pandemia Covid-19”. E proprio come le speranze dell’estate scorsa su un’unica ondata si sono infrante contro l’autunno del nuovo tsunami, anche la Spagnola non si fermò subito.

“Durò due anni – conferma la storica – verificandosi in tre ondate. La prima iniziò nel marzo 1918. La seconda, quando la pandemia raggiunse il picco, arriò in autunno e passò entro novembre: in Italia furono riaperte le scuole. Nel gennaio 1919, una terza ondata iniziò in Australia e avanzò negli Stati Uniti e in Europa. Nell’estate del 1919 il virus uscì di scena”.

La lotta fu lunga, insomma, e l’arma principale, si capì presto, era la stessa di oggi (e forse, in definitiva, di sempre da quando esistono le pestilenze): la quarantena. “In Italia le necessità imposte dalla guerra impedirono una vera e propria quarantena – spiega la professoressa Tognotti – ma negli Stati Uniti le città adottarono misure di contenimento più o meno rigide, e gli studi hanno dimostrato che dove furono adottate più a lungo e in maniera dura la mortalità fu piu’ bassa”.

“A Filadelphia, invece, la decisione di passare bruscamente da zona rossa a zona gialla (diremmo oggi) fu fatale. Il direttore della sanità pubblica autorizzò una parata al fine di sollevare il morale per lo sforzo bellico. Circa 200 mila persone affollarono le strade ed in 72 ore tutti i letti nei 31 ospedali di Filadelfia furono occupati: 4.500 persone morirono nel giro di pochi giorni”.

Nel nostro Paese invece “vigeva un divieto di ‘assembramento’ stabilito dai prefetti (la Sanità dipendeva dal ministero dell’Interno). Volendo fare un parallelo tra grandi assembramenti posso ricordare le grandi manifestazioni di popolo per l’Armistizio in Italia (4 Novembre) che, di certo, ebbero una parte importante nella cosiddetta ‘terza ondata’ di quell’inverno”.

Riaprire troppo presto, è insomma una delle lezioni della Spagnola, puo’ costare caro: “Tra le città che mantennero gli interventi in atto per il tempo necessario, nessuna subì una seconda ondata con alti tassi di mortalità, mentre le misure abbandonate troppo presto causarono la ricaduta in città altrimenti stabilizzate come St. Louis, dove le autorità, incoraggiate dal basso tasso di mortalità, revocarono le restrizioni alle riunioni pubbliche, a cui seguì una nuova ondata”.

Fin qui le assonanze. Ma ci sono altrettante differenze, pesanti come il secolo che separa le due grandi pandemie. Inutile sottolineare il ruolo della scienza, che in meno di un anno ha permesso all’umanità di avere già un vaccino contro il Covid. Quello che preme alla storica è sottolineare il ruolo dei social nell’innescare una pandemia parallela, quella che chiama “l’epidemia di disinformazione”.

“Attraverso i social media e la copertura delle notizie – sottolinea – Covid-19 è diventata anche una questione politica oltre che una crisi sanitaria globale. Mentre lottiamo contro la pandemia Covid-19, combattiamo anche l’epidemia di disinformazione, che naturalmente non era così importante nel 1918″.

Ma non è tutta colpa dei social: “Ha avuto un ruolo, nella diffusione del Covid-19 rispetto all’influenza spagnola, la mancanza di un messaggio unificato sulla risposta al virus in alcuni paesi”. Un secolo fa “le persone si adeguavano a ciò che ci si aspettava da loro e generalmente avevano una tendenza più forte a seguire le istruzioni che provenivano dal Ministro dell’Interno, dai prefetti e dai sindaci, rispetto a ciò a cui stiamo assistendo ora, dati i contrasti, complicati da ideologie e posizioni politiche, tra Stato centrale e Regioni, e tra governatori e sindaci”.

Inoltre, rileva Tognotti, anche la scienza, di cui nei prossimi decenni ricorderemo sicuramente i trionfi, ha mostrato un suo lato oscuro: “In futuro racconteremo storie, esaltanti e non, di questo momento straordinario per la scienza che ha portato vantaggi all’umanità, ma che ha visto anche l’emergere di una ricerca egoistica e tesa ad un maggiore prestigio a prezzo della verità e del rigore. C’e’ stata anche una ricerca viziata che ha ingenerato confusione e influenzato politiche fuorvianti”.

Epoche diverse, epidemie diverse insomma. Ma la Storia insegna sempre qualcosa: “Una delle più grandi lezioni imparate dalla pandemia del 1918 è l’importanza di affrontarla rapidamente. I governi non iniziarono ad agire subito data anche la guerra in atto, quindi l’influenza spagnola è stata in grado di diffondersi molto velocemente. Una volta che ha iniziato a propagarsi , è stato molto più difficile controllarla, che è ciò che abbiamo visto accadere anche con Covid-19”.

Vedi: Contagi e quarantene, la lezione della 'Spagnola' raccontata dalla storica Eugenia Tognotti
Fonte: cronaca agi


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