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…Come Oggi 19 gennaio 1940. Nasce Paolo Borsellino

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di Ettore Minniti

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha più volte affermato che “La memoria di persone come Falcone e Borsellino continua ad accompagnarci. Il senso del loro impegno viene condiviso da tanti giovani”. E noi non dimentichiamo.

I Magistrati vengono ricordati, quasi sempre, nel giorno della loro morte, oggi invece desideriamo ricordali nel giorno della loro nascita, come metafora dell’immortalità, perché essi per noi non sono mai morti.

Paolo Borsellino nasce a Palermo il 19 gennaio 1940, nell’antico quartiere di origine araba della Kalsa.

Raccontare del giudice Borsellino è impresa relativamente facile, raccontare l’uomo è estremamente difficile. Caparbio, allegro, altruista, una persona speciale, perché prima del magistrato si ergeva in lui colui che sapeva trasmettere valori positivi ai giovani e a coloro che gli stavano accanto.

U zi Paolo”, racconta Giovanni, un uomo delle scorte, “così lo chiamavamo. Un uomo semplice, uno di noi. A volta, si arrabbiava perché non riusciva a mettere in moto la sua Vespa al primo colpo. Zi’ Paolo, si mittissi ri sciancu, ca ci pensu io!”. Una lacrima solca il viso di Giovanni al ricordo di Paolo Borsellino. “Al mio intervento la moto partiva, lui saliva dietro e scorrazzavamo per le vie di Palermo, con i capelli a vento. E lui era divertito come un bambino”.

Falcone aveva un carattere burbero, a volte scontroso, soprattutto con gli uomini delle scorte dai quali pretendeva sempre il massimo” prosegue il racconto di Giovanni veterano delle scorte a Palermo. “Paolo no! Paolo era buono, comprensivo, passava tanto tempo con noi, anche a bere un caffè, eravamo parte integrante della sua vita e accettava sempre i nostri consigli nel campo della sicurezza”.

Tante volte, chi scrive ha preso, per ragioni del suo lavoro, un tè/caffè con la signora Agnese Piraino, moglie di Paolo, nella sua abitazione di Palermo. “Veda, mio marito era consapevole che la mafia lo avrebbe ucciso. Era turbato dopo la morte di Giovanni, sapeva già che il prossimo obiettivo era lui. Eppure, era fortemente preoccupato per gli uomini delle scorte, Agostino, Vincenzo, Walter Eddie, Emanuela e Claudio “che lui considerava come i suoi figli”. Con queste parole della moglie Agnese, traspare tutto il senso della vita dell’uomo Borsellino amante del prossimo. Erano persone che facevano parte della nostra famiglia” prosegue Agnese Piraino, “Condividevamo le loro ansie e i loro progetti. Era un rapporto, oltre che di umanità e di amicizia, di rispetto per il loro servizio. Mio marito mi disse ‘quando decideranno di uccidermi i primi a morire saranno loro’, per evitare che ciò accadesse, spesso usciva da solo a comprare il giornale e le sigarette quasi a mandare un messaggio ai suoi carnefici perché lo uccidessero quando lui era solo e non in compagnia dei suoi angeli custodi”.

L’uomo Borsellino non si scompone nemmeno difronte alle critiche ricevute da Leonardo Sciascia in occasione della sua nomina a Procuratore Capo a Marsala, rivoltagli dallo scrittore nel libro A futura memoria (se la memoria ha un futuro)”, sui professionisti dell’antimafia. Borsellino non cercò mai lo scontro con lo scrittore, ma di prodigò per un incontro a chiarimento della vicenda della sua promozione, tant’è che i rapporti tra Sciascia e Borsellino divennero, nel tempo, amichevoli e cordiali.

Egli amava la sua terra ed era cosciente che il suo riscatto passava dalla giustizia e dall’affermazione del ‘diritto’, per tutto questo si impegnò per diventar magistrato inquirente.

Era consapevole che l’azione di contrasto al fenomeno mafioso sarebbe passato attraverso la presa di coscienza dei giovani. Ad un certo punto della sua vita, comincia a promuovere e a partecipare ai dibattiti nelle scuole, parla ai giovani nelle piazze, alle tavole rotonde per spiegare e per sconfiggere una volta per sempre la cultura mafiosa. Fino alla fine della sua vita cercherà di incontrare i giovani, con l’auspicio di sensibilizzare e educarli ad un nuovo approccio nella lotta alla mafia e alla realtà siciliana.

Possiamo affermare senza essere smentiti che Paolo Borsellino è un eroe, senza fare retorica, non solo per il suo impegno professionale da magistrato, ma da siciliano tra i siciliani, uomo coraggio, cercando il dialogo con i giovani, tra coloro che si opponevano al pizzo, diventando un simbolo di libertà e riscatto morale.


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