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Come funziona l'e-learning. Viaggio nella didattica online

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Che si chiami didattica a distanza o e-learning, la sostanza è quella: il coronavirus e le scuole chiuse hanno forzato l’utilizzo delle piattaforme digitali per l’istruzione. Com’è già successo in Cina (su scala ben più ampia), lo studio via smartphone ha in pochi giorni rivoluzionato le abitudini dei studenti e insegnanti, ma anche la composizione dei download. Piattaforme per la didattica e soluzioni per videoconferenze hanno superato social e giochi nelle classifiche delle app più scaricate.

Da Google a Microsoft

Come per lo smart working, la tecnologia è lì da anni. Ma solo adesso sta entrando nelle case di milioni di persone. Alla fine di febbraio, il Miur ha pubblicato una pagina dedicata alla didattica a distanza. È “un ambiente di lavoro in progress per supportare le scuole nel periodo di chiusura legato all’emergenza coronavirus”. Il ministero indica due piattaforme, che hanno messo a disposizone le proprie risorse: G-Suite for Education e Office 365 Education A1. La prima è il pacchetto di Google. Oltre a prodotti generalisti come Gmail e Drive, ce ne sono di più specifici. Hangouts Meet consente di comunicare via chat e videoconferenza, fino a 250 partecipanti, e con streaming fino a 100.000 utenti. L’applicazione Classroom consente di “creare classi virtuali, distribuire compiti e test, dare e ricevere commenti su un’unica piattaforma”. Office 365 Education A1 è invece di Microsoft. Include Teams, che permette di attivare videoconferenze, videochiamate, lavagne digitali, collaborazione tra classi e archivio dei file.

Le piattaforme che portano le classi online

Le piattaforme per l’e-learning non si fermano ai grandi gruppi. Quella italiana che raggiunge più docenti e studenti è WeSchool. Fondata da Marco De Rossi con il nome di Oilproject, aiuta gli insegnati a “portare le loro classi online e rendere la loro didattica digitale”. Sono circa 2 milioni gli studenti che accedono ogni mesi alla sezione Library, popolata da videolezioni. Moodle è una piattaforma open source utilizzata dalle aziende per fare formazione, ma anche dagli insegnanti per digitalizzare parte dei percorsi educativi. Edmodo dà la possibilità di organizzare il lavoro della classe, sia sui banchi che in cattedra. Offre infatti risorse per scuole, insegnati, studenti e anche per i genitori. Redooc, più che come versione digitale delle classi, si pone come “alternativa online alle ripetizioni” ed è focalizzata su “matematica, fisica, italiano, Invalsi, educazione finanziaria e giochi di logica”. Il Miur cita Bricks Lab, una piattaforma milanese che “permette di creare lezioni multimediali” e “costruzioni didattiche personalizzate”. Le risorse possono essere condivise dai docenti con gli studenti, ma anche con i colleghi, “in modo da mettere a fattor comune il proprio lavoro e beneficiare di quello degli altri”.

Effetto scuole chiuse: le app più scaricate

Come già successo in Cina, anche in Italia le applicazioni per videoconferenze e lezioni a distanza hanno scavalcato TikTok e giochi per smartphone. Secondo i dati di App Annie, le sette applicazioni più scaricate del 6 marzo su iPhone sono legate a istruzione o riunioni da remoto. Nell’ordine: Meet e Classroom di Google, WeSchool, Skype, Edmodo, Zoom (per i meeting) e Microsoft Team. Anche su Google Play (il negozio delle app per Android), Meet e Classroom sono in cima. Edmodo, Teams, Zoom, Skype e WeSchool sono nella top 20.

Zone gialle e rosse: i primi esempi

Prima che la chiusura delle scuole fosse estesa, alcuni istituti delle zone più esposte si erano già organizzati. Alcune delle loro esperienze sono state raccolte dal Miur. Al liceo scientifico Oriani di Ravenna, gli studenti seguono le esercitazioni e le lezioni dei professori tramite le app Classroom e Meet. L’Istituto Prealpi di Saronno sta organizzando lezioni tramite Skype e WeSchool, non tanto per avanzare con il programma quanto per organizzare percorsi di recupero. L’Istituto Comprensivo di Lozzo Atestino (cui fa capo anche Vo’, in provincia di Padova) ha avviato lezioni trasmesse in diretta dagli insegnanti. Dal 25 febbraio, i professori dell’Istituto Tosi di Busto Arsizio si collegano ogni mattina con gli studenti.

L’esperienza (prima del coronavirus)

Chi aveva già utilizzato le piattaforme di e-learning senza la costrizione del coronavirus ha deciso di mettere a disposizione la propria esperienza. A Indire (un istituto di ricerca del ministero dell’Istruzione) fanno capo il movimento Avanguardie educative e il progetto Piccole scuole. Il primo ha portato avanti l’idea delle “Flipped Classroom”, cioè delle “classi capovolte”: le lezioni si fanno da casa, con video e risorse digitali. Le aule diventano invece spazi-laboratorio, con un approccio pratico. Piccole scuole aggrega quasi 9 mila istituti e 600 mila studenti, con lezioni e progetti condivisi anche grazie all’uso di videoconferenze. I docenti che appartengono a queste due reti educative hanno dato la propria disponibilità a collaborare con i colleghi che, da un giorno all’altro, si sono ritrovati fare lezioni digitali. Hanno organizzato una serie di webinar gratuiti: corsi che vanno dalla privacy alle lezioni di musica, dalle istruzioni sull’uso delle piattaforme fino agli esempi pratici di didattica. Obiettivo: “Diffondere e condividere buone pratiche a sostegno dei processi d’innovazione per il nostro sistema scolastico”. Qualcuno aveva già capito quanto fossero importanti. Anche senza coronavirus. 

Vedi: Come funziona l'e-learning. Viaggio nella didattica online
Fonte: innovazione agi


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