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Come eravamo nel 1939 (e come siamo oggi)

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In un servizio del Tg1 del lontano 15 agosto 1989, Vincenzo Mollica, commentando vecchie foto del ferragosto di cinquant’anni prima, osservava che “i cinegiornali dell’anteguerra sventagliavano gli obbiettivi delle loro macchine da presa sulle spiagge affollate, sui costumi all’ultima moda, sui trampolini, solo per addolcire l’amara realtà che aleggiava sul capo di tutti”. Ma la realtà dell’informazione televisiva dei nostri giorni non è poi tanto diversa…

 

di Augusto Lucchese

 

A proposito dell’atteso giro di boa che ogni anno si ripresenta con la celebrazione più o meno consona, seppure parecchio attesa, del fatidico “ferragosto”, è emersa dal mio corposo archivio una sorta di “punzecchiatura” alla RAI, riferita al lontano 15 agosto 1989, quando il tg1 della sera ebbe a trasmettere un servizio curato dal noto valente cronista radiotelevisivo Vincenzo Mollica. Secondo quest’ultimo, avrebbe dovuto essere un semplice spazio dedicato a taluni aspetti dell’Italia di “cinquant’anni prima”, tratti da alcuni cine giornali “Luce” dell’epoca.

La carrellata sul ”ferragosto 1939” tendeva ad evidenziare il contrasto fra l’atmosfera scanzonata e vacanziera che in quel momento regnava nel Paese e le già evidenti avvisaglie del pauroso conflitto che da lì a pochi giorni si sarebbe scatenato in Europa e che presto si sarebbe esteso al resto del Mondo, coinvolgendo anche l’Italia.

Come tutti sanno il fatidico settembre 1939 segnò l’inizio di uno dei più catastrofici periodi bellici che si ricordino nella Storia dell’umanità. Nel tardo agosto di quell’anno, ovviamente, incombevano già paure e ansie, mancava la pur minima sicurezza per il domani, prendevano corpo restrizioni, razionamenti, rinunce. Ben altro che “aria vacanziera”, come istrionicamente illustrata dal faceto Mollica.

I mugugnanti di quel momento, tuttavia, (guarda caso, un po’ tutti osannavano al Duce del Fascismo – fondatore dell’Impero) erano parecchio sparuti, così come erano ben pochi coloro che avevano il coraggio di inveire apertamente contro il “rispettato” regime. Ma non è questo il punto. Il fatto è che il signor Mollica ritenne di imbastire a suo tempo il servizio di che trattasi all’insegna della più macroscopica insulsaggine, senza soffermarsi in maniera esaustiva sul periodo storico preso in esame. Non si capisce se volutamente o solo per una sorta di congenita insufficienza mnemonica e conoscitiva.

Il giulivo Mollica, asserendo che i citati cinegiornali “1939” manifestavano, più che altro, un “sordido aspetto enfatico”, pensò bene di mettere alla berlina, con preconcetta pervicacia, i redattori dei filmati e gli “speaker” degli stessi, ironizzando persino sul “marziale” tono di voce di questi ultimi. Adottando tale preconcetta e stravagante linea narrativa, il facilone cronista d’occasione ritenne di essersela cavata a buon mercato e, sfacciatamente, girò al largo dal porre a raffronto il mondo d’allora con quanto di peggio accade oggi nell’indorato mondo della televisione da lui molto bene ed esaustivamente rappresentata.

Sorge il fondato dubbio, in ogni caso, che il valente cronista del mondo cinematografico e teatrale non sarebbe stato in grado di impostare alcun imparziale confronto fra i due momenti epocali (1939 – 1989) visto che, da tempo, ha scelto di seguire la scia della spettacolarità di facciata che l’apparato “disinformativo” della RAI tanto generosamente e sfrontatamente pone reiteratamente in onda via etere.

È evidente che non ci si può facilmente sottrarre alle draconiane regole cui è assoggettato chi è inserito nei libri paga della lottizzata, settaria e per molti versi parassitaria TV di Stato. Ed allora proviamo noi, da semplici spettatori, a fare tale obiettivo e imparziale raffronto.

Nell’anno di grazia 1989, i variegati TG non erano forse ugualmente strumentalizzati, alla stregua dei pur modesti “cinegiornali” del 1939? Non erano essi ugualmente e sfacciatamente di parte, oltre che “adattati” su misura al tipo di manipolata informazione che quasi obbligatoriamente si è indotti a fornire? Le notizie e la cronaca ammannite agli indifesi teleutenti, non vengono forse sistematicamente distorte, talvolta artatamente, per favorire la parte politica (o di potere) della quale i TG sono ubbidienti portavoce?

Esiste, oltretutto, una eclatante differenza fra i “cinegiornali” datati 1939 e i TG della TV del 1989, così come quelli di oggi 2022. Mentre l’Istituto Nazionale “LUCE” era direttamente finanziato dallo Stato dittatoriale di allora, per ben evidenti fini propagandistici, l’attuale “TV di Stato” perpetra i suoi abusi all’ombra di un vessatorio poco democratico “canone” che, oltre ad essere abbondantemente indiscriminato, ingiustificato e anticostituzionale, ha tutte le caratteristiche di un balzello fiscale. A parte il fatto che s’assomma ai notevoli proventi pubblicitari cui la  RAI dedica particolare attenzione.

Per altro verso, le dispendiose, lottizzate e parecchio discutibili “programmazioni” sono sempre più disdicevoli e ben meritevoli di essere annoverate fra la “TV spazzatura”.

A prescindere, infine, dalle sacrosante critiche rivolte alla allegra e sprecona gestione finanziaria dell’Ente. Come dire che il teleabbonato è costretto a pagare esosamente un “servizio pubblico” gestito con sistemi e metodi baronali, di stampo prettamente “privatistico” ed edonistico. Il tutto in barba agli strombazzati principi della trasparenza, dell’imparzialità informativa, del pluralismo, della parsimonia.

La Commissione Parlamentare di Vigilanza, a prescindere dai lauti gettoni di presenza puntualmente reclamati, si attiva e si rende efficace solo quando si tratta di “lottizzare” le lucrose poltrone di Viale Mazzini o quando si procede a distribuire “i minuti” delle ingannevoli “tribune politiche”. La tutela dell’utenza televisiva non sembra che rientri, a nessun titolo, fra i “doveri” di tale asservita Commissione.

Riprendendo l’argomento di fondo e tenuto conto che nell’Italia del 1939 vigeva un consolidato regime dittatoriale, non è fuor di luogo attribuire qualche attenuante ai redattori dei cinegiornali “LUCE” dell’epoca, mentre riesce ben difficile, invece, un in clima di apparente democratica libertà, giustificare molti degli imbonitori televisivi del 1989.

Si vantano, questi ultimi, di essere eccelsi professionisti, tecnici della comunicazione di massa, dotti seguaci della dea Minerva mentre, spesso e volentieri, sono improvvisati “ciarlatani”, ben lontani dall’essere in linea con l’etica giornalistica che, quanto meno, imporrebbe di non accettare alcuna forma di vassallaggio nei confronti del “prepotente” potere politico e finanziario, palese o occulto che sia.

Al di là della ben poco reale “aria vacanziera” del 1939, prospettata dall’illustre cronista, è da rimarcare che, in ogni caso, anche allora si trattava di una limitata fascia di ricchi, di benestanti o di gente che anche a stringere la cinghia non sanno rinunciare alle “ferie di ferragosto”. Non trattavasi certamente della ben “povera” stragrande maggioranza della popolazione.

Nessuno ha dimenticato, ad eccezione forse del Signor Mollica, che nel ventennio era prassi normale costruire e pubblicizzare vari “specchietti per allodole” mirati a illudere le masse e a galvanizzare i guerrafondai.

La tanto osannata “libertà” dell’oggi dovrebbe quantomeno indurre i molti tracotanti e faziosi censori del pur controverso passato (fra cui, sebbene di straforo, il nostro bravo Mollica) a non sciupare tutte le frecce dei loro archi per accanirsi, alla Maramaldo, contro i fantasmi del famigerato “ventennio”.

Farebbero cosa saggia se ne riservassero qualcuna per l’attuale ben poco edificante “ottantennio” politico, ben longevo e sempre ben pronto a festeggiare le sue incontrastate “nozze di platino” con la settaria e malfida partitocrazia.

I giullari di corte sanno predicare solo una cosa: “quel tempo era Dittatura, oggi è Democrazia”! Troppo facile, … fin troppo comodo. Non è corretto ridurre il tutto ad una mera enunciazione di inappellabili sentenze.

Le cronache delle “democratiche” vicende d’ogni giorno, insegnano che anche oggi non è cosa facile divulgare apertamente le proprie convinzioni, specie quando le stesse contrastano con precostituiti interessi politici o economici.

Ieri le dittature, “nere”, “rosse” o “brune” che fossero, s’avvalevano del carcere facile, del “confino”, dei “lager”. Oggi, la partitocrazia s’avvale, senza scrupoli, del ricatto, del veto, della “lottizzazione” piramidale del potere. É arguibile, quindi, che non tutti i rovi spinosi stavano nel secolo scorso, così come non tutte le rose sono appannaggio del presente.

In ogni caso, l’incondizionata adesione al metodo democratico, magari con la convinzione di porre in risalto un più o meno imparziale raffronto fra i due periodi storici di cui si diceva all’inizio, non può e non deve impedire di prendere atto di talune inoppugnabili e  comprovate realtà.

La demagogia, il machiavellismo, la millanteria politica sono ancora oggi dominanti, forse in maniera più incisiva e deviante che in passato. L’arrivismo, il pressapochismo, il protagonismo sono ugualmente presenti fra la classe dirigente, spesso con esternazioni ricorrenti e incisive. La prevaricazione, l’abuso di potere, la corruzione, il razzismo politico sono anche oggi imperanti, come ieri, forse in misura più rilevante.

La tendenza a camuffare la realtà sociale ed economica è tuttora un’arte di governo, finalizzata a scopi subdoli e ingannevoli, tenuto conto che, oggi, il tutto avviene nel nome delle libertà e della democrazia.

Ma torniamo al fatto di cronaca originario.

Il simpatico Sig. Mollica non esternò allora (1989) e non ci è dato sapere se tuttora abbia voglia di farlo, caratteristiche di serenità di giudizio nella misura in cui ebbe ad affermare che i “cinegiornali dell’anteguerra sventagliavano gli obbiettivi delle loro macchine da presa sulle spiagge affollate, sui costumi all’ultima moda, sui trampolini, solo per addolcire l’amara realtà che aleggiava sul capo di tutti”.

Non è forse la stessa perversa tattica impiegata, oggi, dalle manovrate TV, divenute veicolo di disinformazione, di violenza, di maleducazione via etere, di non cultura, di negative spinte ad un falso benessere?

Il telespettatore subisce una autentica pioggia di programmi di sconclusionati giochi, di insulsi quiz telefonici, di “prime serate” impostate sulla noiosa esibizione di poco colti presentatori, di scadenti cantanti, di sex “bambolone”, di stantii  “ospiti”. Il tutto condito dal provocatorio sfoggio di costosi abiti, di gioielli di valore, dal prodigo dispendio di mezzi tecnici, da plotoni di presentatrici-hostess lautamente retribuite e talvolta reclutate in funzione di ben altre “professionali” capacità.

Nelle alte sfere certo non si pensa a porre dei freni al dilagare di un certo malcostume morale. Si ritiene, forse, che talune frivole trasmissioni possano servire a distrarre la gente dalle angosce fiscali, dai diffusi pericoli, dalla insicurezza della vita quotidiana, dai disservizi, dalle ricorrenti malversazioni.

Allora, nel 1939, era il “partito unico” ad imporre la propria linea attraverso ossessionanti controlli e pesanti censure. Adesso i partiti sono molti ma la musica è la stessa, pur se orchestrata attraverso un interessato tatticismo, forse più pernicioso e socialmente esplosivo della saputa repressione autoritaria.

Ma non è finita! Ad un certo punto il perseverante Vincenzo Mollica incalza ironizzando giulivamente su una delle canzoni in voga in quel lontano 1939, “vento, vento, portami via con te” che la facezia popolare, furbescamente, aveva modificata in “vento, vento, portalo via con te”, alludendo ovviamente al  supremo capo dell’Italia fascista. Poi, dopo avere esternato l’ilare fattarellino, forse convinto d’essere riuscito a coniare un intelligente aforisma, conclude, affermando: “malgrado tutto, ci vollero più di cinque anni perché ciò s’avverasse”.                                                                                                                      Sciocca e avventata asserzione che, forse solo per voluta dimenticanza, non pone sulla bilancia dell’onestà morale di un popolo civile il macabro e sconvolgente spettacolo di piazza Loreto. È facilmente immaginabile, di contro, che Mollica non abbia neppure pensato a come calzerebbe bene un eventuale odierno rilancio della “modifica” apportata alla citata canzonetta. Pur rifuggendo dall’evocare il ricorso a qualsivoglia tentazione di fucilazioni o impiccagioni, è sperabile che il citato ritornello possa assurgere ad un valore di vaticinio. Per molti politici corrotti e scialacquatori dell’attuale regime, infatti, i citati “cinque anni” non sembra siano stati sufficienti.

In presenza dei pochi anni mancanti al compimento del “ottantesimo” è difficile sperare che una qualche salutare e forte ventata di aria pulita …. “li porti via con sé”.  Il normale venticello nostrano, purtroppo, è difficilmente bastevole. Occorrerebbe, forse, un provvido uragano tropicale. Essi, di fatto, riescono a sfuggire spesso attraverso le larghe maglie delle multiformi “immunità”, tacitamente istituzionalizzate in virtù della prevalente legge del potere.

Sembra banale, altresì, fare riferimento al ben conosciuto inventore della stupida teoria che il potere logora solo chi non lo detiene.