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Le tappe più importanti della vita di Clara Immerwahr, dagli studi in chimica al matrimonio con Fritz Haber, fino al tragico epilogo.

Di Simone Petralia fonte @ oggiscienza.it/

Prima donna a ottenere un dottorato in chimica in Germania, pacifista durante la Grande Guerra e attivista per i diritti delle donne in una società che considerava superflua l’educazione femminile, Clara Immerwahr è stata soprattutto una scienziata appassionata a cui la sorte e un marito egocentrico e indifferente – il premio Nobel Fritz Haber – hanno impedito di esprimere appieno se stessa. La sua breve e tragica vita, terminata con un suicidio che non può lasciare indifferenti, testimonia di un’epoca in cui essere donne e perseguire liberamente i propri interessi era semplicemente impossibile.

La passione per la scienza e il dottorato in chimica

Clara Immerwahr nasce il 21 giugno 1870 a Polkendorff, nei pressi di Breslau – oggi Breslavia, in Polonia – all’epoca parte della Prussia orientale. Figlia del chimico e commerciante Philipp Immerwahr e di sua moglie Anna, entrambi ebrei, cresce nella fattoria di famiglia con i tre fratelli maggiori. A causa della mancanza di scuole per ragazze, durante l’infanzia studia sotto la guida di un istitutore privato. La nonna paterna le dà la possibilità di recarsi in una scuola cittadina durante l’inverno, quando lei e i fratelli sono ospiti nella sua casa di Breslau. Nel 1890, quando la madre muore di cancro, Clara e il padre lasciano la fattoria e si trasferiscono definitivamente in città.

A Breslau, durante una lezione di ballo, incontra per la prima volta Fritz Haber, che si innamora subito di lei e la chiede in moglie. Clara, che ha appena deciso di studiare scienze all’università, declina l’offerta. Vuole prima laurearsi e diventare indipendente. Il padre di Clara, uomo colto e dalle ampie vedute, dà alla figlia la possibilità di seguire i suoi interessi, facendola iscrivere presso un istituto superiore gestito da una donna, la signora Knittel, che comprende subito l’attitudine di Clara nei confronti della scienza e le regala un libro intitolato “Conversazioni sulla chimica”; dopo averlo letto la ragazza deciderà di specializzarsi in questa disciplina.

Conseguito il diploma, Immerwahr inizia a lavorare come istitutrice privata. Nel frattempo fa di tutto per cercare di accedere all’Università di Breslau, che all’epoca non ammette studentesse. A partire dal 1896 ottiene il permesso di frequentare corsi singoli come uditrice e in breve tempo acquisisce le stesse conoscenze dei colleghi maschi iscritti in modo regolare. Nel 1898, dopo vari tentativi, riesce a sostenere e superare il Verbandsexamen, difficile test per la selezione degli studenti meritevoli di accedere ai corsi postuniversitari. Poco più di due anni dopo, il 12 dicembre 1900, è la prima donna a conseguire un dottorato in chimica presso una università tedesca. Quel giorno pronuncia il seguente giuramento: “non insegnerò mai, né oralmente né per iscritto, qualcosa che sia contrario a ciò in cui credo. Perseguirò la verità e lavorerò sempre per far avanzare la dignità della scienza”.

La sua tesi, intitolata “Contributi sulla solubilità dei sali poco solubili di mercurio, rame, piombo, cadmio e zinco”, ruota attorno alle connessioni tra solubilità, conduttività, elettroaffinità, grado di dissociazione e potenziale elettrochimico dei vari composti. Consegue il titolo col massimo dei voti e dedica la sua tesi al padre, fonte di ispirazione e sostegno costante per tutta la sua vita.

Una vita di rinunce

Dopo il dottorato, Immerwahr lavora per alcuni mesi come assistente presso il laboratorio del supervisore della sua tesi, Richard Abegg, quindi ottiene un incarico temporaneo come ricercatrice a Clausthal e tiene un corso intitolato “Fisica e Chimica in famiglia” presso varie associazioni e istituti femminili; si tratta di lezioni in cui spiega la composizione chimica del cibo e dei vari strumenti che si usano in cucina. È il massimo a cui possa aspirare una ragazza in quegli anni – ottenere un incarico permanente all’università non è possibile – ma anche un modo per coinvolgere altre donne in attività in grado di stimolare l’intelletto e il desiderio di conoscenza. Nel 1901 incontra di nuovo Fritz Haber, che nel frattempo era divenuto un chimico conosciuto per il suo lavoro sulla sintesi dell’ammoniaca e aveva ottenuto un posto come professore presso l’Università di Karlsruhe. I due si sposano nell’agosto del 1901.

All’inizio la donna si illude di poter gestire matrimonio e carriera, ma ben presto si rende conto che si tratta di un’impresa impossibile. Haber, che le aveva fatto credere che l’avrebbe coinvolta nelle sue ricerche come un vero e proprio partner di lavoro, si limita a chiederle di svolgere mansioni di secondo piano, come tradurre occasionalmente in inglese i suoi testi. Immerwahr riesce a collaborare alla stesura di un libro del marito tratto dalle sue lezioni, ma quando il testo viene pubblicato, nel 1905, non è menzionata come coautrice; il suo nome compare solo nella dedica alla “amata moglie, Clara Haber”. La donna è costretta a occuparsi a tempo pieno delle faccende domestiche e deve sottostare a ciò che le norme sociali dell’epoca impongono a ogni moglie, come preparare la cena per i numerosi ospiti – spesso importanti scienziati – che il marito invita a casa. Dal giugno del 1902, dopo la nascita del figlio Hermann, fragile e costantemente malato, Immerwahr ha ancora meno tempo per se stessa. Non è quella la vita che aveva sognato da ragazza. Delusa e frustrata, cade lentamente in una profonda depressione. Il marito, uomo ambizioso e concentrato esclusivamente sulla sua carriera, è spesso lontano per lavoro e non mostra alcun interesse per le esigenze della moglie.

Il successo di Fritz Haber e i gas tossici usati in guerra

In quegli anni Fritz Haber ottiene un successo dopo l’altro. In un suo libro spiega come ottenere l’ammoniaca a livello industriale utilizzando come reagenti azoto e idrogeno, tanto che nel 1908 la compagnia chimica BASF lo assume per dirigere le varie fasi della produzione di questo composto. Nel 1911, ormai ricco e famoso, viene nominato direttore dell’Istituto Kaiser Wilhelm di Berlino. La moglie, ovviamente, non può far altro che seguirlo.

Allo scoppio della prima guerra mondiale, Haber si arruola volontario nell’esercito e ottiene l’incarico di consulente scientifico presso il Ministero della Guerra. L’uomo svolge un ruolo cruciale nella decisione di utilizzare i gas tossici sul fronte. I suoi sforzi lo porteranno a progettare e supervisionare la prima arma chimica di distruzione di massa della storia. Il 22 aprile 1915, nei pressi della cittadina belga di Ypres, i tedeschi rilasciano quasi 170 tonnellate di un gas a base di cloro che colpisce i polmoni e gli occhi, causando cecità e problemi respiratori. Nell’arco di dieci minuti muoiono circa 5.000 persone.

Immerwahr si scaglia apertamente contro l’attività del marito, che definisce “una perversione degli ideali della scienza” e “un segno di barbarie, che corrompe in modo irreparabile una disciplina il cui scopo dovrebbe essere unicamente quello di elaborare e proporre nuove idee”.

Il suicidio

Il 2 maggio 1915, quando Haber rientra a Berlino per festeggiare il successo ottenuto in Belgio, i due litigano furiosamente. L’uomo, da poco promosso capitano, si considera un eroe di guerra e non accetta che la moglie non sia remissiva e compiacente; quel che non sa è che la donna, piuttosto che essere la complice silenziosa di un atto che giudica barbaro e vigliacco, preferisce togliersi la vita. Dopo aver scritto alcune lettere d’addio, Clara Immerwahr si uccide sparandosi un colpo al cuore con una delle pistole del marito. Muore tra le braccia del figlio adolescente, mentre il mattino dopo Haber è già partito per supervisionare il primo attacco con i gas contro i russi, sul fronte orientale.

Tre anni dopo, nel 1918, Haber riceverà il premio Nobel per la chimica per i suoi lavori sulla sintesi dell’ammoniaca. Le ceneri della donna saranno trasferite da Berlino a Basilea, dove oggi giacciono assieme ai resti del marito, morto esule in Svizzera nel 1934 dopo essere stato accusato di crimini di guerra. Il figlio, Hermann Haber, si trasferirà negli Stati Uniti e morirà suicida nel 1946, alla stessa età della madre. In una lettera indirizzata a un’amica, Clara Immerwahr riassume così la sua triste parabola esistenziale:

Sono convinta che la vita valga la pena di essere vissuta solo se si fa pieno uso delle proprie capacità e si cerca di godere di ogni tipo di esperienza che l’esistenza umana ha da offrire. È stato sotto quest’impulso, tra le altre cose, che ho deciso di sposarmi… La vita che ne è seguita è stata molto breve… e le ragioni principali sono da imputare al modo oppressivo con cui mio marito Fritz ha sempre messo se stesso al primo posto nella nostra casa e nel nostro matrimonio, riuscendo così a fare in modo che una personalità meno prevaricatrice della sua fosse completamente annientata.