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"Ciao, sono don Corrado". Il vescovo nelle case di Palermo

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AGI – La prima presenza è un’assenza. Quella di Paolo, storia di una ri-generazione. Voleva far sentire la sua voce e metterci la faccia per spiegare come una vita, tante vite, un quartiere di Palermo, che per molti sono uno scarto, una periferia geografica ed esistenziale, possono scrivere un altro destino, grazie a un percorso di comunità. Anna Staropoli, sociologa, sotto il tendone da circo della fattoria sociale di Danisinni, autrice con l’arcivescovo Corrado Lorefice e il teologo Vito Impellizzeri del libro edito dalla San Paolo, “Il Vangelo e la strada”, ha iniziato l’incontro proprio da Paolo, leggendo un suo messaggio.

Non poteva esserci perché stava lavorando, parte del suo nuovo percorso di vita, come lo è anche – col suo passato da detenuto – l’essere una delle anime della ri-generazione di questo quartiere dove ci si prende cura di bimbi, famiglie, poveri con l’arte della gratuità, delle competenze, della partecipazione, del gioco, delle risate, del teatro e del circo, attorno e oltre la parrocchia di Sant’Agnese guidata dai frati francescani.

“Mi dispiace non essere qui – scrive Paolo – perché se raccontare la mia storia può essere utile, io sono felice di esserci”. E ricorda la prima volta che conobbe don Corrado, era da poco vescovo: “Venne a trovarci in carcere, mi guardò negli occhi e mi disse, ‘Quando vai a casa?’. Non sapevo cosa rispondere, poi in serata un inaspettato permesso e sono uscito”. E’ possibile cambiare la propria vita, ci dice Paolo, anche se altri ti vedono come uno scarto, uno sbaglio: “Insieme si può fare”.

Prima dell’incontro, don Corrado ha percorso a piedi il rione, è entrato nelle case, ha accolto le paure e le richieste della gente, “perché il Vangelo è la strada – spiega l’arcivescovo – nella strada incontriamo Gesù e l’uomo, tutti gli uomini. Gesù ci ha detto ‘io sono la strada’ e allora il Vangelo che annunciamo lungo ogni via, piazza o vicolo della nostra città è Gesù”.

Insomma, come dice il teologo e co-autore Impellizzeri, si tratta di “leggere il Vangelo con la carne della Storia”. Lorefice in strada ha parlato con le famiglie e gli anziani, ha scherzato con i giovani. E’ entrato nelle abitazioni, accolto in cucina come un amico di famiglia, si è seduto, sostando per ascoltare i desideri e le fatiche del quotidiano.

Poi, sotto il tendone, che sorge accanto agli orti, ai cavalli e alle capre di questa fattoria, parola ai giovani educatori e volontari che hanno condotto tutti in una sorta di viaggio in questa realtà. Come Roberta, del ‘Villaggio per crescere’, dove, insieme a una squadra affiatata, si prende cura dei bambini e dei loro genitori perché imparino insieme a vivere il gioco e “un tempo di qualità”, spiegando che spesso “l’irruenza di tanti piccoli esprime solo il desiderio di essere visti”.

Si coltiva un sogno difficile e semplice: “Sarebbe bello che nel quartiere risorgesse l’asilo”. “I bambini sognano, ma sono anche concreti – incalza il parroco, fra Mauro – e l’asilo sarebbe davvero una risposta concreta, di vita buona e di comunità”.

Daniele viene da un’altra zona della città e che qui aggrega i più giovani nel segno della “fraternità e dell’impegno” del desiderio ostinato di cambiamento e novità. Dorotea Passantino, responsabile dell’Ufficio Mediazioni e Giustizia riparativa del Comune, in questa fattoria sociale ha contribuito a creare uno sportello di mediazione comunitaria, per la gestione dei conflitti, “per creare ponti che conducano dalla solitudine all’incontro”. “Non dobbiamo occupare spazi, ma avviare processi, dentro il primato delle relazioni”, ha avvertito Dorotea.

L’attore e regista Gigi Borruso (direttore artistico del laboratorio teatrale DanisinniLab), che spiega come “il teatro crei comunità e il nostro laboratorio mette in relazione parti diverse della città che qui si incontrano”. L’artista di strada Daniele Nash che ha dato anima e corpo al circo “Chapitò”, per il quale la gioia, l’allegria sono un collante: “Il riso, il sorriso, la capacità di meravigliarsi accomunano tutti”.

Voci, passioni, trepidazioni dalle viscere di un territorio, “ed è tutto questo, è questo quartiere – sottolinea la sociologa Staropoli – che ci ha convocato, così come saremo convocati da altri quartieri. Dobbiamo tornare in strada, mettere le mani nelle ferite della gente, vivere in questa tensione tra il ‘già’ che esiste e il ‘non ancora’ che sogniamo e vogliamo realizzare, incoraggiando micro comunità rigenerative, in grado di riscattare territori anche da una cultura dello scarto di cui anche noi siamo vittime”.

Così il viaggio continua: dopo Danisinni, il quartiere di San Giovanni Apostolo al Cep, l’Albergheria, Brancaccio, la Zisa, San Filippo Neri allo Zen, il porticciolo di Sant’Erasmo, la comunità di accoglienza di giovani migranti “La Zattera” dei laici comboniani.

Nel libro “Il Vangelo e la strada” ci sono i contributi originali dei tre autori: quello dell’arcivescovo di Palermo che propone la ricezione creativa del magistero di Francesco della Fratelli Tutti e l’elaborazione di una riflessione teologico pastorale contestualizzata, cioè fedele all’incarnazione. Il secondo, di Anna Staropoli, è un ‘canto’ del riscatto degli scartati e dei vulnerabili, uno spartito pensato e scritto con la pedagogia del sogno di Papa Francesco.

Il terzo, di Vito Impellizzeri, pone come nuovo passo la necessità e la voglia di assumersi teologicamente la corresponsabilità del cambiamento, la novità di pensare a uno stile cristiano con cui viverlo e con cui legarlo alla storia del Regno di Dio tra noi. Come suggerisce l’immagine della copertina, la Vucciria di Renato Guttuso, la prospettiva di fondo di tutto il testo è il Vangelo incarnato in una città.

In questa città, come del resto in ogni città, la strada può diventare un’occasione favorevole per vedere e interpretare ferite, bisogni, richieste, un’occasione per entrare nelle case della gente, per ascoltare e parlare, per offrire uno sguardo e costruire insieme nuovi processi e spazi di umanità.

Source: agi


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