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Chi è questo Millman che ha eliminato  Roger Federer dagli Us Open

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I giornali popolari inglesi di divertono sempre un mondo nel presentare i match impossibili di Wimbledon, mettendo a confronto i semplici numeri dei protagonisti delle sfide dei Championships. Sicuramente, alla vigilia di Federer-Millman degli ottavi degli Us Open avrebbero esposto il clamoroso contrasto vittorie-sconfitte fra lo svizzero delle meraviglie e l’australiano che non t’aspetti, numero 2 contro 55 del mondo oggi, che, al via della stagione era addirittura 128.

Numeri, eclatanti numeri: 1165 vittorie 255 sconfitte in carriera per Roger, 43/58 per John “orgoglioso Queenslander, figlio di Brisbane”, come si presenta sul suo profilo Twitter, 98 titoli Atp a zero, 117,507,812 dollari di premi contro 1,853,718. Numeri, solo numeri, però, che fanno sicuramente felici i telecronisti, snocciolatori di numeri, per riempire gli spazi, ma che si annullano insieme all’unico precedente, sempre a favore del Magnifico, proprio a casa dell’australiano, nel gennaio 2015 (ma in tre set).

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Ad azzerare tutte le statistiche del mondo, nella “night session” pregna di caldo e di umidità (83%…) della Grande Mela, c’è però la solita vecchia legge dello sport: le gambe, il fisico, quella impossibilità di essere competitivo di un atleta usurato, di 37 anni, (e un po’ sfiduciato dopo le ultime batoste nei grandi tornei), contro uno incattivito dagli sgambetti del destino, di 29, desideroso di prendersi qualche rivincita.  Targato italiano, la piccola-grande Lotto, come altri recenti protagonisti-rivelazione del tennis, da Schiavone a Bartoli, da Soderling a Ferrer a Cecchinato ad Anderson. 

“È stata una di quelle sere che ti sembra che non riesci a respirare, non c’era circolazione d’aria, ho sofferto le condizioni, è una delle prime volte che mi capita”, sospirava il Magnifico (77 errori gratuiti!) dopo la prima sconfitta agli Us Open contro un avversario classificato oltre il numero 50 del mondo (40-0!), una disfatta che somiglia tanto a quella contro Tommy Robredo, peraltro l’unica contro lo spagnolo, contro 11 successi, sempre agli Us Open, nel 2013. Una sconfitta clamorosa che apre le porte dei quarti a Novak Djokovic, sempre che anche lì le qualità fisiche di Millman non facciano la differenza. 

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Intanto, John lo sfortunato, racconta l’ultima favola del tennis: lui che non aveva mai superato un "top 10”, ha raggiunto i primi quarti di uno Slam beffando Federer. Malgrado il primatista di 20 Slam abbia servito sul 6-3 5-4 40-15 per portarsi avanti due set a zero, abbia sciupato un set point nel tie-break del terzo set e un break al quarto. Lui, Millman lo sfortunato che a febbraio si operava all’inguine dopo essersi fermato due volte per operazioni alla spalla, lui che, arrivando a New York, assaggiava per la prima volta l’Arthur Ashe, il più grande stadio di tennis del mondo, palleggiando con Andy Murray e commentava: “Le mie aspettative sono piuttosto basse, ma almeno ho giocato qualche minuto su questo mitico campo”. Sulla scia del ritiro nel primo turno delle qualificazioni di Cincinnati, ad agosto, per problemi alla schiena e del ko d’acchito nel tabellone di Winston-Salem. 

Per Millman è stata una brutta vigilia dell’ultimo Slam della stagione, un altro test per la volontà del gladiatore di Brisbane, ex quindicenne prodigio da junior, costretto da pro a una ricostruzione dei legamenti del spalla nel 2013, e poi a anche a una successiva operazione specifica e a un’altra ancora all’inguine. Per cui era scaduto in classifica, era risalito fino al 60 nel 2016, ed era riscivolato ancora fino a scadere al 128 al via di questa stagione. “Ho avuto tanti momenti di dubbio, ogni volta che sono finito sotto i ferri del chirurgo, in un momento in cui il tennis è così equilibrato e difficile, con tanti bravi giocatori, ho pensato che sarebbe stato davvero molto complicato risalire”. 

Ma, c‘è un ma. Il ragazzo di Brisbane è motivato da altre cose nella vita e nel tennis, che non sono i numeri e i soldi, ma l’amicizia, la famiglia, l’orgoglio, l’amore per lo sport e per la sfida con se stesso, transitando per tornei Challenger in posti sperduti di tutto il mondo. Come ha puntualizzato in un tweet il giorno dopo la catastrofica rivoluzione di coppa Davis: “La votazione è passata a favore di un radicale cambiamento, sotto la guida di un calciatore e di un miliardario”. Il ragazzo di Brisbane è molto amato. Dal pubblico, perché dopo le sue partite si intrattiene spesso con la gente e gli offre anche qualche birra da bere insieme, tanto che nel 2013 un giornalista dell’Herald coniò il termine “Millmania” per descrivere l’incredibile supporto dei tifosi. E anche dai colleghi, tanto che Federer stesso, dopo qualche allenamento a Melbourne a gennaio, l’ha invitato a casa sua, in Svizzera, a giugno, per saggiare insieme l’erba in vista di Wimbledon. 

Il suo credo è sportivamente perfetto: “Mi piace allungare i colpi dello scambio, uso molto le mie gambe per tenermi a galla nella battaglia, è dura anche per me, dopo l’operazione all’inguine di febbraio, ma sono così felice di essere tornato che stringo i denti e cerco di giocare al massimo. È una bella sensazione, che mi dà molta soddisfazione. Mi sono sentito meglio di partita in partita, con la sensazione di meritarmi quello che raggiungo. Eppoi, lì, in campo, vivi davvero qualcosa di speciale, e c’è tanta gente che venderebbe i canini per essere nei miei panni. Perciò, cerco di essere nel condizioni ideali per dare sempre il massimo”.

Quando ha saggiato il centrale alla vigilia degli Us Open insieme a Murray, ha provato invano a scagliare 20-30 palle oltre il segna punti e ha rivelato ai media: “Se arrivi a vincere un match sull’Ashe, sono sicuro che l’adrenalina pompa così forte che puoi anche toccare il cielo”. Aveva ragione.

Vedi: Chi è questo Millman che ha eliminato  Roger Federer dagli Us Open
Fonte: sport agi


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