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di Xavier Mancoso

Arcuri ha lasciato il suo posto di commissario Covid tra le polemiche sui centri vaccini ed in odore di inchieste giudiziarie per le mascherine ed altri approvvigionamenti.

La politica, soprattutto quella di destra, governativa e non, canta vittoria. Ma è difficile pensare che Draghi abbia voluto cedere a pressioni politiche di parte. Piuttosto, a pesare sulla sua scelta del presidente del Consiglio è stato il giudizio negativo sul modo di affrontare l’emergenza Covid da parte dell’ormai ex commissario.

Si delinea chiaramente la strategia che Mario Draghi sta mettendo a punto per la campagna di vaccinazione di massa. Viene licenziato non solo il commissario Arcuri, ma tutto il suo modello, il sistema commissariale da questi incentrato sulla sua persona, un uomo solo al comando.

Come nuovo commissario Covid è stato individuato, su segnalazione del ministero della difesa, il maggior esperto di logistica delle forze armate, il generale Francesco Paolo Figliuolo, il quale dovrà agire in sinergia con la Difesa e con la Protezione civile, alla cui guida è stato richiamato Fabrizio Curcio, l’esperto di emergenze che è stato già a capo della Protezione Civile tra il 2015 e il 2107 e che lasciò l’incarico per ragioni personali.

L’operato di Figliolo e Curcio sarà coordinato dalla presidenza del consiglio, e in particolare dal sottosegretario alla presidenza con delega ai servizi segreti, l’ex capo della polizia Franco Gabrielli, anch’egli con trascorsi alla Protezione civile.  

Questi i nomi ed il nuovo schema di lavoro, aspettiamo adesso di vedere il cambio di passo di cui tanto si parla, la vera e propria campagna di massa per i vaccini non potrà partire operativamente, prima di aprile, quando si dovrebbe avere, almeno si spera, la maggiore disponibilità di dosi del siero. Intanto la nuova struttura dovrà organizzare al meglio tutto ciò che serve, in termini organizzativi e di personale, per rendere rapida ed efficiente la somministrazione.

Domenico Arcuri è uno strano personaggio, o almeno così è apparso al pubblico televisivo, che non lo conosceva, per il suo modo di muoversi e di parlare, e certamente si è scoperto innamorato della scena.

Ma non è un UFO. Dal 2007 è amministratore delegato di Invitalia, posto per ricoprire il quale fu nominato dal secondo governo Prodi.

Invitalia è l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, una società per azioni il cui capitale è interamente di proprietà del ministero dello Stato, attraverso il Ministero dell’economia e delle finanze.

Invitalia gestisce più o meno tutte le agevolazioni dello Stato alle imprese e alle startup innovative e fornisce un supporto tecnico e operativo alla pubblica amministrazione e segnatamente al Ministero dello Sviluppo economico.

Non si dimentichi, poi, che Invitalia è l’agenzia governativa che provvede all’attuazione degli accordi di programma per tutti i progetti finanziati dall’Unione Europea.

Dunque da 14 anni a questa parte Arcuri è un esecutore al servizio dei governi di ogni colore che si sono succeduti da 14 anni a questa parte, ed un interlocutore privilegiato delle forze politiche, probabilmente senza eccezioni.

Ora, il governo è chiamato, nel corso di quest’anno, a fare centinaia di nomine in enti e aziende partecipate. Questa circostanza non è stata di certo ininfluente sui tempi e le dinamiche della crisi che ha portato Draghi al governo. È quel tipo di sottopotere che una volta veniva chiamato “sottogoverno”, di cui forse il grande pubblico ignora l’importanza, ma non certamente le forze politiche.

In questo quadro non sarà difficile esaudire la richiesta, non certo campata in aria, di Confedercontribuenti di un avvicendamento anche alla guida di un’agenzia strategica come Invitalia.


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