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Le mani della mafia sulle aste giudiziarie, confermate le denunce di Confedercontribuenti.

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 di redazione

Che la denuncia pubblica, chiara e forte, di Confedercontribuenti sulle aste giudiziarie a Catania avesse colpito nel segno era cosa evidente. L’operazione “Report” della Guardia di Finanza ne è la definitiva, la più clamorosa conferma.

Infatti i militari delle fiamme gialle, attraverso un lungo lavoro di indagine condotto anche con intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno portato finalmente alla luce le infiltrazioni mafiose nelle aste pubbliche.   L’operazione, coordinata dalla procura distrettuale antimafia di Catania, è stata eseguita dai militari del nucleo economico e finanziario, dallo Scico e dal Gico della Guardia di Finanza, con l’impiego di oltre cento unità. Stamattina all’alba sono scattate le misure cautelari, in carcere e agli arresti domiciliari, disposte dal Gip per 18 persone, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Inoltre sono stati posti sotto sequestro i beni patrimoniali e le quote sociali di una società di trasporti che operava con base nel catanese. Nell’inchiesta oltre agli arrestati, vi sono altri 37 indagati.

Tutti gli arrestati e gli indagati sono organici agli storici clan mafiosi etnei dei Santapaola-Ercolano e Laudani. Le accuse loro contestate sono, a vario titolo,  associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, usura, turbativa d’asta, favoreggiamento personale, detenzione e porto di armi da fuoco.

Investigatori e inquirenti hanno illustrato stamattina in una conferenza stampa presso il Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Catania, che ha condotto le indagini, le modalità e le fasi della complessa azione investigativa che ha permesso di scoprire come il boss di Acicatena, Orazio Salvatore Scuto di 61 anni, soprannominato “il vetraio”, reggente del clan Laudani per la zona di Acireale, attualmente detenuto nel carcere di Caltanissetta, impartiva gli ordini alla sua cosca per mezzo di “pizzini” nascosti nei modi più fantasiosi, perfino nelle confezioni delle barrette di cioccolato o di succo di frutta. Faceva da messaggera, portando i pizzini a destinazione fuori dal carcere, la figlia del boss, Valentina Scuto.

Nell’ambito delle indagini particolare rilievo hanno assunto le infiltrazioni criminali nelle aste giudiziarie. Nel corso della conferenza stampa sono stati citati fatti e circostanze concrete accertati dagli investigatori che hanno confermato quanto denunciato da tempo da Confedercontribuenti. La mafia riesce a pilotare le procedure, dissuadendo con minacce e intimidazioni ogni potenziale offerente dal partecipare all’asta, che veniva aggiudicata a prestanome per finire, di fatto, nuovamente nella disponibilità degli imprenditori sottoposti a proceduta esecutiva, che venivano costretti a rivolgersi ai clan per ottenere con la violenza i loro beni.

Se poi, qualche aggiudicazione sfuggiva al sistema criminoso, il clan provvedeva a costringere, con mezzi violenti, l’acquirente a rivendere a prezzo irrisorio il bene che si era aggiudicato.

La vasta operazione antimafia chiarisce, una volta per tutte, la fondatezza delle circostanziate denunce di Confedercontribuenti e del suo presidente, Carmelo Finocchiaro, sul sistema delle aste giudiziarie. Denunce puntualmente e ripetutamente accompagnate da atti intimidatori.

Confedercontribuenti parla da tempo, senza mezzi termini, di una “cupola” che si è impossessata delle procedure di vendita giudiziaria, di un giro al quale i giudici non hanno saputo opporre la necessaria resistenza, al quale non sono estranei professionisti, notai, custodi giudiziari, soggetti senza alcun reddito che agiscono da prestanome.

A causa del monopolio speculativo delle aste, i debitori, spossessati dei loro beni, spesso frutto del lavoro, del risparmio, del sacrificio di una vita, li hanno visti finire nelle mani di speculatori per un prezzo vile, irrisorio rispetto ai  valori di mercato e, oltre al danno dello spossessamento, hanno subito la beffa di vedere restare quasi intatto il proprio debito. In questo senso Confedercontribuenti ha raccolto decine di testimonianze.

Il presidente Carmelo Finocchiaro ha descritto le “anomalie incredibili” che sono state riscontrate: “il prestanome compra, deposita agli atti i titoli richiesti dalla procedura, poi rivende a chi paga con gli stessi titoli depositati in tribunale. Come si fa a non pensare ad azioni di riciclaggio? Le autorità antiriciclaggio controllino i titoli depositati in tribunale e poi usati per nuovi atti di compravendita”.

Il grido non è rimasto inascoltato, nell’ambito di più complessive indagini antimafia sono stati eseguiti accertamenti seri, il bubbone delle aste giudiziarie infiltrate è stato individuato. L’augurio è adesso, che dopo aver scoperto la “manovalanza” criminale, il fascio di luce si estenda anche sulla “cupola”, sui colletti bianchi che telecomandano le aggiudicazioni in una rete organica di complicità e di silenzi ben orchestrati e fino ad oggi, ben protetti.

Ed è ora vengano prese sul serio anche, e soprattutto, le proposte della Confederazione, articolate e puntuali, raccolte in un organico progetto di legge, per porre fine ad una gestione opaca, incontrollata, spesso illegale, delle procedure esecutive a Catania (ma non solo).


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