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Aumentare le tasse ai redditi più alti: tra gli economisti prevale la prudenza

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Tra le motivazioni addotte contro una tassazione più pesante nei confronti dei super ricchi c’è il fatto che in Italia già le aliquote sono altissime, mentre chi è a favore obietta che la pandemia ha reso ancora più squilibrata la distribuzione della ricchezza

di Antonino Gulisano

Nei giorni scorsi a Trento si è svolto il Festival dell’economia con al centro il tema: “come affrontare le conseguenze della pandemia in termini di distribuzione della ricchezza e debito pubblico, la maggior parte dei Paesi Ocse dovrebbero aumentare le tasse dei contribuenti con i redditi più alti”.
Tra i relatori del Festival dell’Economia di Trento ha suscitato un moderato consenso la proposta di aumentare le tasse sui redditi dei ricchissimi nei Paesi Ocse per far fronte alle conseguenze della pandemia, la quale ha ampliato le disuguaglianze e fatto esplodere il debito pubblico.
Il confronto tra gli economisti e in economisti presenti si è articolato su tre posizioni.
Coloro i quali sostengono le ragioni del SI, come dice Andrea Capussela, visiting fellow alla London School of Economics, affermano che “La realtà dimostra che la pandemia ha aumentato la disuguaglianza dei redditi. La progressività della tassazione è diminuita negli ultimi decenni, e inoltre questo non sembra aver favorito la crescita. E dunque un ritorno a una maggiore progressività sembra altamente consigliabile, meglio se attraverso un’azione coordinata nell’ambito dei Paesi Ocse”.
Coloro i quali sostengono le ragioni del NO, come dice Franco Debenedetti, presidente dell’Istituto Bruno Leoni, sostengono che “In ogni caso non in Italia, dove la pressione fiscale è al 42% (48% tenendo conto del costo evasione) contro la media Ocse del 34%, e Usa del 24%. La lotta alla povertà non si vince combattendo la ricchezza, ma promuovendo la crescita, non quindi aumentando le tasse”.
O, ancora, come sostiene il costituzionalista Sabino Cassese, he definisce la proposta “una soluzione alla Robin Hood”, e si chiede “quale sarebbe l’entrata prevista, rispetto al volume di spesa?”.
Olivier Blanchard, professore emerito di economia al Mit, suggerisce di sostituire, nella domanda posta dagli organizzatori del Festival, il verbo “Dovrebbe” (in inglese “should”) con “potrebbe” (“could”), spiegando che “sarebbe bene, ma il nuovo debito è sostenibile anche senza un’azione di questo tipo”.
Infine, in un’intervista a Repubblica, l’economista francese Thomas Piketty si è espresso senza dubbi per una radicale tassazione del 90% per chi ha un reddito superiore a 10 mila volte il reddito medio, mentre i suoi colleghi, partecipanti al Festival di Trento, sono decisamente più prudenti. Tra le motivazioni addotte contro una tassazione più pesante nei confronti dei ricchi c’è il fatto che in Italia già le aliquote sono altissime, mentre chi è a favore obietta che la pandemia ha reso ancora più squilibrata la distribuzione della ricchezza.
Piketty nel suo libro il “Capitale del XXI secolo” esprime posizioni interessanti per due ragioni: le sue idee e la sua improvvisa popolarità, che rivelano come la sua analisi abbia risposto a una domanda di senso inespressa, ma percepibile in un momento in cui non ci sono più ideologie e neppure molte idee. Nel suo libro Piketty parte da Karl Marx e dalla sua tesi che il capitale si accumula all’infinito, ma con rendimenti decrescenti, cosa che porta a conflitti tra capitalisti sempre in cerca di nuove opportunità. Se i rendimenti del capitale, però, sono comunque maggiori della crescita dell’economia reale, i ricchi diventeranno sempre più ricchi e la disuguaglianza aumenterà: il rapporto tra capitale e redditi crescerà da meno di 4,5 del 2010 a 6,5 nel 2100.
Abbiamo deciso di discutere in quest’articolo solo delle proposte di Piketty di tassazione del capitale e di eredità universale, e le abbiamo confrontate con i dati italiani e con altre proposte, al fine di cogliere l’impatto concreto di questi tipi di imposte. Non abbiamo quindi affrontato tutte le altre sue proposte politiche necessarie alla costruzione di una società giusta, come la proprietà sociale. Avremo modo di approfondire altre questioni, come la riforma della social hause, della prima casa inalienabile e impignorabile, tasse progressive sui redditi, attraverso la riforma fiscale a livello europeo e sulle emissioni di CO2, l’abolizione delle imposte indirette, gli investimenti nell’istruzione universale, le iniziative di trasparenza fiscale internazionale, la democratizzazione del finanziamento pubblico ai partiti e la riforma della contabilità nazionale del PIL tesa a tenere conto del capitale netto e del capitale naturale.