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Assange e il gatto che sapeva troppo

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La sorte di Julian Assange, il 47enne hacker australiano fondatore di Wikileaks, è tutt’altro che certa. Ma ancora più nebulosa è la sorte del suo gatto, Michi, diventato celeberrimo sul web negli anni del suo confinamento nell’ambasciata ecuadoregna.

Il web si è letteralmente scatenato per capire cosa sia successo al micio, che aveva un seguito di tutto rispetto nei suoi account su Twitter e Instagram, rispettivamente 31 mila e 5 mila persone, che ora sono preoccupate del destino del felino. Nel buio pesto, le ipotesi si sprecano.

La polizia britannica ha fatto irruzione nell’ambasciata ecuadoriana e arrestato Assange per aver violato la libertà condizionale (quando nel 2012 entrò nell’ambasciata e non si presentò davanti al magistrato) ma anche per una richiesta di estradizione degli Usa. Ma il gatto? Si interrogano gli utenti del web e la stampa di mezzo mondo (dal Washington Post al New York Times, passando per The Verge): che fine ha fatto il gatto? È stato adottato? È finito in un ricovero? Rischia anche lui l’estradizione?

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Just another meow-nic Monday!

Un post condiviso da Embassy Cat (@embassycat) in data: Mag 23, 2016 at 5:01 PDT

Il britannico Times ha telefonato in ambasciata e una voce burbera gli ha risposto in spagnolo: “Non posso dirlo per ragioni di sicurezza”. Secondo alcuni, l’Embassy Cat” – come ormai era noto il felino bianco e grigio, spesso fotografato alla finestra o sul balcone dell’ambasciata – da tempo non è più nella rappresentanza ecuadoriana. Il gatto era uno dei tanti punti di frizione tra Assange e lo staff diplomatico e nei mesi scorsi si era anche capito che la legazione aveva minacciato di sequestrarlo se l’hacker non se ne fosse occupato meglio, prendendosi cura del suo “benessere, cibo e igiene”.

Dopo l’arresto, un portavoce dell’ambasciata ha detto a Sputnik News, una testata legata al governo russo, che Michi non è più in ambasciata “da settembre”: “È stato preso dai colleghi di Assange molto tempo fa. Non è qui. Non siamo un negozio di animali, quindi non teniamo animali domestici”. Del resto a novembre lo aveva ventilato uno dei consulenti legali di Assange, Hanna Jonasson: aveva spiegato che Assange era stato minacciato di essere privato del micio e che aveva chiesto ai suoi avvocati di portarlo in salvo. “Il gatto è con la famiglia di Assange. Saranno riuniti quando liberi”, aveva twittato garrula l’avvocatessa.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Morning cat-listhenics! Counter-purrveillance requires intense cat-thleticism! #furreveryoung

Un post condiviso da Embassy Cat (@embassycat) in data: Mag 20, 2016 at 3:23 PDT

Considerato però che il fondatore di Wikileaks rischia una probabile estradizione in Usa questa eventualità sembra quantomeno remota, Ma è un’ipotesi che fa pensare a un lieto fine. Non manca chi fa teorie ben più cupe. Per esempio, James Ball, un giornalista che nel 2010 lavorò per tre mesi per Wikileaks: “Per la cronaca: il gatto è stato consegnato dall’ambasciata ecuadoriana a un ricovero secoli fa”, ha twittato subito dopo l’arresto.

Consegnato a un ospizio per animali, nonostante – ha aggiunto – lui si fosse “sinceramente offerto di adottarlo”. Crudelmente Ball ha fatto pure notare che “Assange non ha alcuna famiglia nel Regno Unito”. The Verge, un popolare sito Internet americano, si è allora premurato di chiedere un chiarimento alla Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals, la più importante organizzazione animalista in Gran Bretagna, e un portavoce ha replicato di non avere alcuna notizia che qualcuno abbia portato il gatto in uno dei suoi rifugi.

E allora, che fine ha fatto l'”Embassy Cat”? Nel dubbio, non resta che un’ultima ipotesi, e l’hanno fatta i giornalisti The Verge, anche in considerazione della natura sensibile del lavoro di Assange. E la conclusione è stata da libro giallo: il gatto sapeva troppo e ora è alla macchia.

Vedi: Assange e il gatto che sapeva troppo
Fonte: estero agi


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