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Andrea Lolli: “un attore è tale quando pensa altro da sé”

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Intervista al bravissimo interprete del personaggio di Don Saverio nella popolare serie televisiva “Il Paradiso delle signore” e molto altro. “L’irrazionalità – dice Lolli – non è deleteria, la pazzia non deve andare contro gli altri ma seguire il proprio infinito

di Claudia Lo Presti

Andrea Lolli è un magnifico attore, uno di quelli bravi che lo è senza esporre curricula e presenziare dappertutto per ribadirlo. Sia che vesta i panni di Don Saverio, quelli di un ufficiale dei carabinieri, che sia il responsabile della sicurezza dei laboratori di Rita Levi Montalcini, uno chef stellato, un candito marito che basa tutto sul sentimento disinteressato o un altro che si dibatte fra l’amore per la propria moglie e l’ubbidienza alla propria madre, ciò che promette mantiene. Un “pigro-attivo”, un battitore libero davvero che ha avuto sempre la consapevolezza dei limiti e delle possibilità che il mondo del teatro, della tv e del cinema possiedono. Colto e preparato, affatto invadente, il suo biglietto da visita è la serietà unita alla bravura professionale. Una carriera costellata di innumerevoli lavori svolti con gli ultimi grandi vecchi della recitazione: Antonella Steni, Pietro De Vico, Fiorenzo Fiorentini, Giulio Bosetti. Per la Rai e Mediaset, è stato autore di trasmissioni come “Cotti e Mangiati”, “Affari tuoi”, “La Corrida”, “Cugino&Cugino”. Una vita privata non blindata ma vigilata. Il grande amore per e con la bella e brava collega Elisa Di Eusanio per la quale nutre innanzitutto stima e rispetto.

  • Come è arrivato il personaggio di Don Saverio della collaudatissima serie “Il Paradiso delle Signore?

Un po’ per caso, durante il primo daily: poche battute in una scena con Antonella Attili. Successe poi, che le scene aumentassero e gli autori continuassero a scrivere per il prete; dovendo partire in tournée con Francesco Pannofino (“Bukorosh, mio nipote” di Gianni Clementi) provai comunque il rammarico di non riuscire ad essere in due posti contemporaneamente. Il Paradiso delle Signore, sia in prima serata (le due edizioni con Giuseppe Zeno) che nella fascia pomeridiana, aveva registrato ottimi ascolti, 12, 14%; risultati assai buoni ma mai come adesso. E il personaggio di Don Saverio, confidente della dolce e forte signora Agnese (Antonella Attili) e l’acqua santa rispetto al diavolo Armando (Pietro Genuardi), è andato via via crescendo entrando nel cuore degli ascoltatori”.

  • Lei che vive le vicende, l’ambiente, i rapporti con i tanti attori e ha l’opportunità di verificare le dinamiche di questa amabile fiction ambientata negli anni ’60, a cosa crede sia da attribuire tanto successo?

Le idee impiegate nella scrittura della trama che segue in tempo reale gli spettatori che si identificano nell’epoca e negli ambienti; il legame sempre studiato e modulato di ogni attore con i fatti narrati; due unità che girano alla Videa, la professionalità di chiunque ci lavori, come tecnico e come attore. Tutto questo secondo me fa davvero la differenza”.

  • Quanto caratterizza i suoi personaggi con tonalità che scaturiscono dalla sua personale visione del personaggio? e non parlo solo di Don Saverio…

La collega Antonella Attili, durante la consegna di un premio, alla domanda “quale altro personaggio vorrebbe interpretare all’interno del Paradiso delle Signore, rispose: Don Saverio: minore sforzo, massimo risultato!” E io ne ho sorriso molto, considerando che quello che lei intendeva dire era riferito alle caratteristiche del ruolo che, sebbene non presente come il suo, viene tenuto in considerazione sia dagli autori che dagli spettatori che lo amano, godendo anche dei siparietti con il rivoluzionario ex-partigiano e sindacalista capo magazziniere Armando. In “Raccontami”, ad esempio, altra fiction ambientata negli anni ’60, impersonavo l’amministratore di condominio: Massimo Ghini mi suggerì di dargli una inflessione marchigiana e in Rai piacque moltissimo”.

  • Come ha cominciato questo mestiere?

Ho cominciato come spettatore, in tv guardavo tutto: il teatro di Proietti, Dario Fò, Alberto Lionello. Con “Inglese per tutti”, imparai a parlare la lingua. A 10, 11, 12 anni facevo indigestione di film e mio padre insisteva perché invece uscissi di casa. Non ero un bambino complessato, anche se già a 5 anni portavo gli occhiali e avevo orecchie “importanti”, io non dovevo fuggire da me stesso, amavo quel mondo, gioivo nell’assimilare le emozioni che quegli attori, quelle storie, quel modo di fare cinema e tv e teatro mi corrispondevano. E pensavo che anche io avrei voluto trasmettere le medesime sensazioni. Cominciai a dedicarmi agli spettacoli alle elementari: gli alunni che andavano bene a scuola (mio padre, era piuttosto severo in tal senso) venivano premiati e scelti per attività extra didattiche. Scrissi al ginnasio e poi liceo, fui guidato da colui che ritengo il mio vero grande primo maestro, Michele Francis che mi avviò ad un laboratorio teatrale gratuito, dove conobbi fra gli altri, Manuela Mandracchia. E girammo tanto in tournée con spettacoli di repertorio come Antigone, Pinocchio. Anche in Sicilia, a Catania, Zafferana, Riposto, Giarre… mangiavamo tanto”!

  • Quali percorsi formativi ha seguito? Lei lavora sia in tv che in Teatro: dove si sente più a suo agio?

Ho frequentato l’Accademia Silvio D’Amico e mi porto ancora il cruccio di non aver potuto frequentare i laboratori di Gigi Proietti perché quell’anno non venivano fatte le audizioni. Ho adorato Totò che al solo parlarne mi commuovo; ne rimasi folgorato a cinque anni. Egli amava il teatro, lo considerava la vera cassa di risonanza per un attore ed aveva ragione. La recitazione in teatro è totalizzante, ti prende tutto, si esprime con ogni parte del tuo corpo…. Si, recitare dal vivo è una grande sofferenza che tv e cinema ti risparmiano. Con Elisa, siamo in teatro con “Neve di Carta” sceneggiato da Letizia Russo dal libro di Annacarla Valeriano “Ammalò di testa – storie dal manicomio di Teramo”, idea poetica bellissima, in cui lei ed io interpretiamo una coppia di contadini innamorati, sposati e purtroppo separati dalla madre di lui. Il lavoro che facciamo in scena è molto pesante, ci affatica fisicamente e psicologicamente. Sulle tavole di un palcoscenico, un attore è vulnerabile, teme che il proprio impegno nervoso possa essere avvertito dal pubblico e quando si chiude il sipario io mi domando se sia il caso di chiedere scusa al pubblico”.

  • Se non avesse fatto l’attore, quale altra professione avrebbe scelto?

Sarei stato uno psicologo per attori, lo affermo con franchezza e man mano che passa il tempo dispongo di elementi sempre più ricchi per poterlo considerare. Un attore, volente o nolente, è tale quando pensa altro da se e te ne accorgi come e quando recita”.

  • Lei tiene molto al suo ambito privato, chiaramente evita di mescolarlo col suo lavoro. Quello che si conosce è il legame con Elisa di Eusanio e il grande amore che condividete per i vostri cani Angelino e l’ultima arrivata Serenella. Cosa lo ha fatto innamorare di Elisa?

Sì, è vero, Elisa ed io prestiamo molta attenzione a tenere nella giusta riservatezza la vita privata. Non sono mai stato un feticista, mi sono sempre innamorato della femminilità fatta di forza, di determinazione nelle scelte, di idee ferme e verità. In lei ho riscontrato tutto questo: è la persona più femminile e sensuale che io abbia mai conosciuto. Lavoriamo insieme e ci divertiamo, viviamo insieme e ci completiamo. Abbiamo ristrutturato casa e la consideriamo il nostro nucleo che difendiamo con forza. Serenella ed Angelino sono il nostro atto di responsabilità: il mondo è un posto pieno di esseri che hanno bisogno di affetto e di cure. L’adozione non deve essere un’opportunità per riempirti la casa, ma la consapevolezza che rispetto a te stesso, puoi fare di meglio, andare oltre. Adottare un animale è come prendersi cura di un bambino con abilità diverse, portatore di handicap, perché avrà sempre bisogno di te: premure particolari, alimentazione curata, cure e veterinario. Ho lavorato molto con i bambini facendo laboratori a loro dedicati e tutti mi dicevano che sarei stato un buon padre; ma anche scegliere di non esserlo deve essere considerata una scelta responsabile”.

Benché non mi riconosca in questo disegno voluto soltanto dall’uomo, sono risoluto nel sentirlo mio questo mondo. Mii riconosco di più nel singolo, piuttosto che aderire alla massa. Molte persone stanno meglio con gli animali perché questi hanno sentimenti semplici, non avvertono il rodimento che generano l’invidia, la gelosia; ritengo che l’uomo sia profondamente invidioso degli animali perché loro hanno bisogno soltanto di amore e non se ne fanno nulla di potere e denaro”.