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America2020: Biden riparte dalla Georgia (non è mai finita)

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AGI – Si dice che “non è finita finché non è finita”. E’ finita? Quasi. Il collegio elettorale ha incoronato Joe Biden per la Casa Bianca. Ha conquistato ben oltre i 270 voti necessari: 306 contro i 232 di Donald Trump. Ora è il presidente eletto non solo per i media. Mancano ancora dei passaggi formali. Perché la democrazia americana nella sua semplicità è complessa.

I grandi elettori si riuniscono per votare nei loro Stati di riferimento “il primo lunedì dopo il secondo mercoledì di dicembre” dell’anno delle presidenziali. Nel 2020 il 14 dicembre: una giornata storica per l’incoronazione di Biden dopo una campagna elettorale così polarizzata, coincisa con l’altrettanto storico via alle vaccinazioni contro il coronavirus in America dove le vittime sono arrivate a 300 mila.

“E’ ora di voltare pagina” e “di mettere sotto controllo la pandemia”, “la nostra democrazia ha funzionato” e pulsa “con forza nel cuore del popolo americano”, dichiara Biden, dopo il voto dei grandi elettori nell’ultimo dei 50 Stati dell’Unione, le Hawaii. I primi ad esprimersi erano stati Indiana, Tennessee e Vermont, alle 10 del mattino. Mai tanta attenzione era stata riservata al collegio elettorale chiamato a certificare il verdetto dell’urna.

Ma con “The Donald” che si rifiuta di riconosce la sconfitta, ogni passaggio, anche formale, vede il suo peso amplificato. “La campagna di Trump ha presentato decine e decine di ricorsi legali” ma “tutti sono stati giudicati senza fondamento” e respinti, osserva Biden, rivendicando “una vittoria chiara”.

I voti del collegio elettorale saranno inviati al Congresso che li conterà alle 13 del 6 gennaio del 2021 in seduta congiunta. Sarà il presidente del Senato, in questo caso Mike Pence, a proclamare il vincitore. Nel 2013 a Biden spettò il compito di annunciare la sua rielezione alla vice presidenza, nel ticket con Barack Obama.

Tecnicamente il Congresso ha il potere di ribaltare il risultato. Una legge del 1887 consente di sollevare obiezioni sul voto se a farlo sono congiuntamente un deputato e un senatore.  Un membro della Camera dei rappresentanti, il repubblicano Mo Brooks, si è già fatto avanti ma non ha ancora trovato un partner al Senato. Le obiezioni devono essere sottoposte al vaglio delle due Aule, separatamente. Sono state sollevate solo due volte dal 1887, nel 1969 e nel 2005. In entrambi i casi sono state bocciate.

La giornata del collegio elettorale è avvolta da nubi di tensioni, qualche caso di minaccia, misure di sicurezza straordinarie. Un deputato repubblicano del Michigan, Paul Mitchell, si è dimesso dal partito di Trump accusandolo di voler sovvertire la volontà del popolo.

E non è stato il caso più eclatante della giornata. Pochi minuti dopo l’incoronazione di Biden, quasi a volergli rubare la scena, Trump ha annunciato le dimissioni del ministro Giustizia, William Barr, prima di Natale. Era nell’aria anche se manca poco più di un mese all’insediamento della nuova amministrazione. Il Guardasigilli ha pubblicamente dichiarato di non aver rinvenuto prove dei brogli elettorali denunciati dal comandante in capo.

Ma è stato un trumpiano di ferro e il presidente lo ha congedato elogiando il suo lavoro. Trump ribadisce che l’elezione è stata truccata e che la battaglia legale non si ferma mentre il suo avvocato, Rudy Giuliani, fa notare che ‘non è finita’ fino al 20 gennaio, giorno dell’inaugurazione del nuovo presidente.

“In America, i politici non si prendono il potere. Il popolo garantisce loro il potere. La fiamma della democrazia è stata accesa in questa nazione molto tempo fa. Ed ora noi sappiamo che nulla, neppure la pandemia o l’abuso di potere, può estinguere quella fiamma”, afferma Biden, assicurando che “la volontà del popolo ha prevalso”.

Oggi il presidente eletto volerà ad Atlanta, in Georgia, per fare campagna in vista dei ballottaggi del 5 gennaio che decideranno il controllo del Senato. Oltre un milione di elettori hanno chiesto di votare per posta nello Stato del Sud dove ieri è scattato il voto anticipato. Secondo il Wall Street Journal, sono 1,2 milioni le schede richieste per il voto postale mentre altre 200.000 sono già state spedite: un dato che anticipa un’affluenza da record per l’ultima, decisiva corsa di queste infinite elezioni americane.

In Georgia, dove Biden è stato il primo candidato del partito dell’Asinello alla Casa Bianca a vincere dal 1992, i dem Jon Ossoff e Raphael Warnock puntano a scalzare i due incumbent repubblicani Kelly Loeffer e David Perdue, ai quali il presidente in carica ha dedicato il suo primo comizio dall’Election Day.

Circa il 67% di coloro che ha votato per posta alle elezioni del 3 novembre ha chiesto di fare lo stesso per i ballottaggi della Georgia, secondo i dati di Us Elections Project. Ed è proprio contestando le procedure per il voto per posta che Trump conduce la sua guerra giudiziaria. Ci vediamo in Georgia il 5 gennaio. Non finisce mai.

Vedi: America2020: Biden riparte dalla Georgia (non è mai finita)
Fonte: estero agi


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