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Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile OBIETTIVO 1: STOP ALLA POVERTÀ IN TUTTE LE SUE FORME, OVUNQUE

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Dopo decenni di crescita economica senza precedenti, i principali beneficiari sono stati i più ricchi. Invece di mettere fine alla povertà, la crescita sfrenata ha prodotto disuguaglianza estrema, precarietà diffusa in un mondo di abbondanze e il cambiamento climatico, che chiederà il tributo maggiore ai poveri del mondo

di Gianni De Iuliis

L’Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile si pone come obiettivo di eliminare completamente la povertà estrema entro il 2030. Il concetto di «povertà estrema» è stato misurato secondo un indicatore oggettivo: rientrano in tale fascia tutte le persone che vivono con meno di $ 1,90 al giorno.

Stando ai dati ufficiali il numero di persone che vivono sotto la soglia di povertà estrema sarebbe passato da 1 miliardo 895 milioni nel 1990 a 736 milioni nel 2015. In termini percentuali il 10% della popolazione mondiale nel 2015 viveva in condizioni di povertà contro il 36% del 1990. Risultati che sono basati sull’indicatore adottato dalla Banca Mondiale (l’International poverty line) che fissa la soglia della povertà a 1,90 dollari al giorno.

Rispetto a tali numeri citiamo le riflessioni di Philip Alston, professore di legge alla New York University, che ha redatto l’ultimo rapporto sulla povertà estrema e i diritti umani in veste di Relatore speciale delle Nazioni Unite (incarico che Alston ha ricoperto tra il 2014 e il 2020) e che è stato presentato al Consiglio per i diritti umani Onu il 7 luglio 2020.

Egli è fortemente critico verso «l’autocompiacimento e il trionfalismo fuori luogo» delle organizzazioni internazionali che si sono prese il merito di aver fatto progressi nello sradicamento della povertà estrema. Secondo Alston la soglia di povertà adottata dalla Banca Mondiale è «scandalosamente poco ambiziosa». In molti Paesi non basta nemmeno a coprire il costo del cibo o dell’alloggio ed è «esplicitamente disegnata» per riflettere un tenore di vita incredibilmente basso «ben al di sotto di ogni ragionevole concezione di una vita dignitosa». Vivere con meno di due dollari al giorno significa non poter investire per migliorare il proprio futuro o quello dei propri figli, ad esempio, attraverso l’istruzione.

L’indicatore adottato per calcolare la soglia di povertà non è affidabile a giudizio di Alston. Se si considerassero indicatori «più realistici», il numero di persone che vivono sotto la soglia di povertà crescerebbe in maniera esponenziale.

Ma non sono solo i Paesi più poveri ad aver mancato l’obiettivo di sradicare la povertà: tra il 1984 e il 2014 la povertà è aumentata in Paesi come Australia, Irlanda, Nuova Zelanda e Regno Unito. «Nei Paesi Osce – scrive Alston – un bambino su sette vive in condizioni di povertà reddituale. Inoltre negli ultimi anni la povertà infantile è aumentata in due terzi dei Paesi Osce».

Per Philip Alston, tuttavia, gli sforzi messi in campo hanno generato solo «poster colorati e blandi report» in cui sono descritti i modesti risultati ottenuti. La crescita economica è al cuore degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, considerata la chiave per l’eradicazione della povertà. «Ma dopo decenni di crescita economica senza precedenti, i principali beneficiari sono stati i più ricchi. Invece di mettere fine alla povertà, la crescita sfrenata ha prodotto disuguaglianza estrema, precarietà diffusa in un mondo di abbondanze e il cambiamento climatico, che chiederà il tributo maggiore ai poveri del mondo», scrive Alston. Critica anche la diffusa insistenza, spinta in gran parte dalle politiche della Banca Mondiale, sul settore privato nella riduzione della povertà, dicendo al Guardian che ci sono poche prove che sia più efficiente: finanziare gli obiettivi di sviluppo sostenibile attraverso una sempre maggiore dipendenza dal settore privato e attraverso partenariati pubblico-privato «è un vicolo cieco. Troppe promesse “vincenti” sono “favole”. Invece le multinazionali e gli investitori traggono profitti garantiti dalle casse pubbliche, mentre le comunità povere sono trascurate e poco servite».

In Italia l’indicatore, dopo un andamento stazionario nel periodo 2012-2014, registra un netto peggioramento nel corso degli anni successivi. Nel biennio 2016-2017, la dinamica negativa è dovuta a un aumento della povertà assoluta e della povertà relativa. Nel 2016 le famiglie in povertà assoluta erano 1,6 milioni (il 6,3% delle famiglie residenti) per un totale di 4,7 milioni di individui, il livello più alto dal 2005. Il Mezzogiorno registrava l’incidenza più elevata di soggetti in povertà assoluta (8,5% delle famiglie e il 9,8% di individui). La condizione dei minori è in forte peggioramento; per loro l’incidenza della povertà assoluta è pari al 12,5% nel 2016 ed è triplicata in circa dieci anni, come quella dei giovani tra i 18 e 34 anni (al 10% nel 2016 rispetto al 3,1% del 2005). Per la prima volta è stata prevista una misura universale di sostegno (dapprima il Reddito d’inclusione e successivamente il Reddito di cittadinanza) per chi si trova in condizione di povertà assoluta.

Secondo la valutazione dell’ASviS, tale misura potrebbe consentire di raggiungere il Target 1.2 che prevede la riduzione di almeno la metà della percentuale di persone che vivono al disotto della soglia di povertà assoluta.

A causa della pandemia e della conseguente emergenza sanitaria la situazione è addirittura peggiorata. In Italia la povertà assoluta è tornata a crescere e tocca il valore più elevato dal 2005. Il calo dei redditi spinge i settori più vulnerabili e le famiglie sotto la soglia di povertà. Le politiche pubbliche devono investire sullo sviluppo sostenibile.

Non abbiamo ancora numeri definitivi, che l’Istat pubblicherà nel prossimo mese di giugno, ma l’istituto di statistica ha già diffuso le prime stime della povertà assoluta relative al 2020, dalle quali si evince che nel nostro Paese sono oltre 2 milioni di famiglie, cioè 5,6 milioni di persone, il 9,4 % della popolazione residente, a vivere al di sotto della soglia di povertà. Un numero cresciuto in un anno di un milione di unità. E queste cifre potrebbero ancora cambiare in peggio.