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6 settembre 1998. Muore Akira Kurosawa

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di Gianni De Iuliis

Il 6 settembre 1998 a Tokyo, nel quartiere di Setagaya, moriva il maestro Akira Kurosawa, all’età di 88 anni (era nato nella periferia della capitale giapponese il 23 marzo 1910). La sua tomba si trova nel cimitero del tempio buddista An’yō-in a Kamakura, città costiera a sud di Tokyo celebre per il gran numero di templi buddisti zen e santuari shintoisti che vi si trovano.

Akira Kurosawa (1910 –1998) è stato un regista, sceneggiatore, montatore, produttore cinematografico e scrittore giapponese.

Tra i più importanti e influenti cineasti della storia del cinema. Ha ottenuto tra i vari premi ricevuti il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1951, la Palma d’oro al Festival di Cannes nel 1980, il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia nel 1982 e l’Oscar alla carriera nel 1990.

Lo ricordiamo con queste sue riflessioni, tratte da Koichi Yamada, L’Empereur: entrétiens avec Kurosawa Akira, un’intervista pubblicata in Cahiers du Cinéma, n. 182, settembre 1966, pp. 34-42:

«Certi critici dividono le mie opere in due categorie (sempre questa mania di schematizzare): film in costume (Jidai geki) e film contemporanei (Gendai geki). Personalmente non vedo differenze tra queste due “categorie”. È il soggetto che impone la forma in cui verrà trattato. Alcuni li si può svolgere meglio e con più libertà ambientandoli nel passato. È il caso di Barbarossa che descrive la miseria del Giappone odierno alla stessa stregua di Dodes’ka-den. In un Jidai geki è più facile sottrarsi ai ricatti della censura produttiva e distributiva. In genere dopo un film moderno, soprattutto se impegnativo, sento l’esigenza di cambiare aria e mi cimento con soggetti più avventurosi e disinvolti (dopo Vivere ho girato I sette samurai). Il genere storico offre altri vantaggi: la spettacolarità, l’avventura, elementi essenziali al cinema, ne costituiscono lo charme. In un film sul presente l’elemento avventuroso si colloca su un piano, come dire, metafisico, o morale, o sociale, mentre nel genere storico è azione, spettacolo puro. Io amo il cinema d’azione, mi piace raccontare storie»