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5 aprile 1895. La condanna di Oscar Wilde

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di redazione

Il 5 aprile 1895 il tribunale di Londra condannò il celebre scrittore irlandese Oscar Wilde, riconosciuto colpevole di sodomia, a scontare due anni di carcere e lavori forzati.

La condanna inflittagli rappresentava il massimo della pena per il reato istituito dal “Criminal Law Amendment Act” nel 1885 e che sarebbe stato abolito nella legislazione del Regno Unito soltanto negli anni Sessanta del Novecento.

Oscar Wilde (Dublino, 16 ottobre 1854 – Parigi, 30 novembre 1900) al momento della condanna era al culmine della sua fama letteraria e mondana, per la sua opera di romanziere, drammaturgo e saggista e l’inesauribile verve di aforista. La condanna piegò il suo spirito e ne stroncò per sempre l’esistenza.

Wilde, pur essendo sposato ed avendo avuto due figli dalla moglie, Constance Lloyd, non nascondeva la sua omosessualità ed aveva intrattenuto relazioni con diversi uomini. Da quattro anni conviveva, in un rapporto tanto intenso quanto turbolento, con il giovane Lord Alfred Douglas.

I processi di cui lo scrittore fu protagonista furono due. Il primo si aprì in seguito alla denuncia da egli stesso presentata per calunnia contro il padre del suo amante, il nobile John Sholto Douglas, che non accettava la “scandalosa” relazione tra suo figlio e Wilde ed aveva fatto di tutto per farla cessare.

Al primo processo, conclusosi in breve tempo con l’assoluzione dell’accusato, ne seguì subito un altro a carico di Oscar Wilde, che da accusatore passò ad essere a sua volta accusato di sodomia e omosessualità.

Data la notorietà dell’imputato, il processo ebbe un’eco clamorosa a livello internazionale, nell’aula del tribunale venne sciorinata la vita privata dello scrittore, che suscitava scandalo e riprovazione nell’austera società del tempo.

Durante il processo il pubblico ministero lesse una poesia di Alfred Douglas, intitolata “Two Loves” e, mettendo l’accento sul verso “l’amore che non osa pronunciare il proprio nome” chiese a Wilde cosa mai fosse quel tipo di amore. La risposta suscitò l’applauso del pubblico, Wilde disse: “L’Amore, che non osa dire il suo nome in questo secolo, è il grande affetto di un uomo anziano nei confronti di un giovane, lo stesso che esisteva tra Davide e Gionata, e che Platone mise alla base stessa della sua filosofia, lo stesso che si può trovare nei sonetti di Michelangelo e di Shakespeare… Non c’è nulla di innaturale in ciò”.

Il giudice pronunciò la sentenza di condanna più severa prevista dalla legge, affermando che: “Persone capaci di compiere simili cose sono chiaramente sorde ad ogni sentimento di vergogna. È il peggior processo che io abbia mai presieduto”.

Oscar Wilde fu dapprima richiuso nella prigione di Holloway, poi trasferito a Pentonville per scontare almeno 3 mesi della condanna in pieno isolamento. Infine scontò la maggior parte della pena detentiva nel carcere duro di Reading Gaol, dal quale uscì il 19 maggio 1897.

Ma dopo la detenzione la sua vita non riprese mai il corso brillante e letterariamente prolifico di prima, Dopo aver girovagato in condizioni di miseria, si stabilì a Parigi, dove la morte lo colse a soli 46 anni.

A Reading Oscar Wilde scrisse una lunga, famosa, lettera ad Alfred Douglas, pubblicata anni dopo col titolo “De Profundis”, nella quale sono descritte le grandi sofferenze, l’uniliazione, il tormento interiore dello scrittore in carcere.

La sofferenza – scrive Oscar Wilde nel De Profundis – è un solo lunghissimo momento. Non possiamo dividerlo secondo le stagioni; possiamo soltanto registrarne i mutamenti e segnare volta a volta il loro ripetersi”. “La ragione non mi serve. Essa mi dice che le leggi da cui sono stato condannato sono errate e ingiuste, e il sistema sotto il quale ho sofferto, un sistema ingiusto ed errato. Ma in qualche modo devo renderli entrambi giusti e buoni per me”.

Oscar Wilde riscosse in vita, e continua fino ad oggi a riscuotere, un enorme successo, dovuto più che altro alla sua vena di brillante conversatore ed aforista, alla sua fama di dandy raffinato ed elegante. Si ricordano le sue disavventure amorose, il suo estetismo anticonformista, i suoi atteggiamenti da “snob”.

Ma dietro le apparenze Wilde, come si rivela soprattutto nel “De Profundis”, fu molto diverso dal personaggio che aveva costruito per se stesso. Egli fu un ingegno straordinario, un artista geniale, la sua dimensione intellettuale fu elevata ed ebbe una visione, per il suo tempo, progressista.  Il suo dare scandalo ai contemporanei dell’età vittoriana fu l’opera di una mente aperta, capace di guardare la realtà senza falsi pudori e aprire l’orizzonte ad una nuova cultura.