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31 luglio 1556. Muore a Roma Ignazio di Loyola

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di Antonino Gulisano

Anche Papa Francesco fa parte della congregazione dei gesuiti.
La Chiesa ricorda Ignazio di Loyola il 31 luglio, data della sua morte, avvenuta a Roma nel 1556; fu canonizzato quindici anni dopo, il 23 luglio del 1637; il suo corpo è collocato in un’urna di bronzo dorato nella Cappella di sant’Ignazio della chiesa del Gesù in Roma.
Favorito da grazie eccezionali, Ignazio fu una figura fondamentale per la riforma della Chiesa, grazie anche alla fondazione dell’ordine dei gesuiti. Mentre Martin Lutero in Germania e Zwingli e Calvino in Svizzera portavano avanti una loro personale riforma in contrasto col Papa, Ignazio di Loyola non pensava a come contrapporsi a loro ma si sentiva spinto ad operare una riforma profonda all’interno stesso della Chiesa con l’esempio di vita e con la predicazione del vangelo.
Ignazio di Loyola, in basco Íñigo López de Loyola (Loyola, 23 ottobre 1491 circa – Roma, 31 luglio 1556), è stato un religioso spagnolo, fondatore della Compagnia di Gesù. Nel 1622 fu proclamato santo da papa Gregorio XV.
Iñigo López de Loyola, più noto come Ignazio di Loyola, nacque nella «casa torre di Loyola, comprensorio municipale di Azpeitia, nella provincia basca di Guipúzcoa», il 23 ottobre 1491; era il minore della numerosa famiglia, di tredici figli, otto maschi e cinque femmine, di Beltrán Yáñez de Oñaz y Loyola e Marina Sáenz de Licona y Balda.
Il padre era stato soldato al servizio di Enrico IV, dei Re cattolici e di Giovanni II; al fianco di Ferdinando il Cattolico guidò l’assedio contro le città di Toro, Burgos, Loja (conquistata il 29 maggio 1486) e Vélez-Málaga. Per la sua fedeltà alla corona ricevette la conferma dal re, che lo nominò proprio vassallo, degli antichi privilegi concessi alla sua famiglia: la rendita annuale di duemila maravedís dalle ferriere di Barrenola e Aranaz e il diritto di patronato sulla parrocchia di Azpeitia.
La madre era figlia di Martín García de Licona, figura di alto lignaggio, cortigiano dei re di Castiglia e consigliere dei Re cattolici, che possedeva il dominio e il maggiorascato della casa di Balda.
Il primogenito dei fratelli di Íñigo, Juan Pérez, cadde in battaglia a Napoli, combattendo contro le truppe di Carlo VIII di Francia; degli altri non possediamo che spurie notizie: la maggior parte di essi sembra essere caduta in battaglia come Beltran, morto durante la guerra di Napoli o Juan Beltrán, imbarcatosi per le Americhe e morto nell’odierna Panama. Uno degli otto maschi, Pero López, nato poco prima di Ignazio, era stato l’unico a intraprendere la carriera ecclesiastica, esercitando il sacerdozio nella parrocchia di Azpeitia, patrocinata dalla sua stessa famiglia.
Delle sorelle non conosciamo che i nomi, desunti perlopiù dai testamenti dei fratelli: Juaniza, Magdalena, Sancha, Petronila, Maria Beltrán.
Íñigo, durante un periodo di degenza, cominciò pian piano a dedicarsi alla preghiera, alla lettura di testi sacri, alla meditazione, scrivendo alcuni appunti che in seguito avrebbero dato vita ai suoi Esercizi spirituali. Sognava di partire pellegrino per Gerusalemme e, per realizzare tale desiderio, una volta ristabilito, decise di partire pellegrino per i santuari mariani della Spagna, con una particolare sosta presso il celebre santuario di Montserrat dove, durante una vera e propria veglia militare dedicata alla Madonna, come un antico cavaliere appese i suoi paramenti militari davanti a un’immagine della Vergine Maria e da lì, il 25 marzo 1522, entrò nel monastero di Manresa, in Catalogna.
Dopo la “veglia d’armi” assunse il nuovo nome di Ignazio, probabilmente per la sua speciale devozione verso sant’Ignazio di Antiochia oppure perché pensava che fosse una variante del suo nome. In realtà, Íñigo era la forma basca del nome Innico o Enecone, che gli era stato imposto in omaggio a sant’Enecone, abate benedettino di Oña, il cui culto era particolarmente sentito nella sua terra.
Nel 1523 raggiunse Venezia e si imbarcò per Gerusalemme, dove visitò i luoghi santi. Dovette però abbandonare il progetto di stabilirsi in Palestina e di operare la conversione degli infedeli in Oriente per il divieto di soggiorno impostogli dai frati francescani dalla Custodia di Terra Santa.
Tornato in Spagna con il desiderio di abbracciare il sacerdozio, riprese gli studi a Barcellona, poi presso l’Università di Alcalá dove, per il suo misticismo, fu sospettato di essere un “alumbrado” (membro cioè di una setta mistica diffusa nella Spagna del XVI secolo) e fu tenuto in carcere dall’Inquisizione per quarantadue giorni. Si trasferì quindi a Salamanca e poi, per completare la sua formazione, a Parigi, dove arrivò il 2 febbraio 1528. S’iscrisse all’Università di Parigi, dove rimase sette anni, ampliando la sua cultura letteraria e teologica, e cercando di interessare gli altri studenti ai suoi “Esercizi spirituali”. In questo periodo progettò di fondare un nuovo ordine religioso che «non si dedicasse, come gli altri alla preghiera e alla santificazione dei suoi componenti, ma, libero da ogni impaccio di regole claustrali, esercitasse praticamente il cristianesimo, servendo ai grandi scopi della Chiesa.»
Il 15 agosto del 1534, Ignazio e altri sei studenti Pierre Favre (francese), Francesco Saverio, Diego Laínez, Alfonso Salmerón, Nicolás Bobadilla (spagnoli), e Simão Rodrigues (portoghese) si incontrarono a Montmartre, vicino a Parigi, legandosi reciprocamente con un voto di povertà, castità e obbedienza e fondando un ordine a carattere internazionale chiamato, con un termine d’origine militare, la “Compagnia di Gesù”, allo scopo di eseguire lavoro missionario e di ospitalità a Gerusalemme o di andare incondizionatamente in qualsiasi luogo il Papa avesse ordinato loro. Compare in quest’occasione, sia pure marginalmente, un quarto voto che si aggiunge ai soliti tre monacali: quello della assoluta obbedienza al papa, che richiama il valore militare della disciplina.
Nel 1537 Ignazio e i suoi seguaci si recarono in Italia per ottenere l’approvazione papale per il loro ordine religioso. Papa Paolo III li lodò e consentì loro di ricevere l’ordinazione sacerdotale che ottennero a Venezia dal vescovo di Arbe (ora Rab, in Croazia) il 24 giugno. Si dedicarono alla preghiera e ai lavori di carità in Italia, anche perché il nuovo conflitto tra l’imperatore, Venezia, il Papa e l’Impero Ottomano rendeva impossibile qualsiasi viaggio a Gerusalemme.
Con Faber e Lainez, Ignazio si diresse a Roma nell’ottobre del 1538, per far approvare dal Papa la costituzione del nuovo ordine.
Ignazio, eletto come primo preposito generale della Compagnia di Gesù, inviò i suoi compagni come missionari in giro per tutto il mondo per creare scuole, istituti, collegi e seminari, penetrando attraverso la predica, la confessione e l’istruzione in tutti gli strati sociali. Spesso i sovrani dell’epoca ebbero come confessori e padri spirituali i padri gesuiti che ebbero modo così di influire sulle condotte politiche dei governi.
Nel 1548 vennero stampati per la prima volta gli “Esercizi spirituali”, per i quali venne condotto davanti al tribunale dell’Inquisizione, per poi essere rilasciato.
I gesuiti hanno dato un apporto determinante al successo della Controriforma che poteva ora opporsi alla germanicità della Riforma contando tramite lo zelo dei Gesuiti, che diverranno i custodi della dottrina, sulla spagnolizzazione della Chiesa cattolica.
Nelle Costituzioni dell’ordine, completate appena prima della sua morte, Ignazio descrive la “Ratio atque institutio studiorum”, che rimarrà la base invariata fino ai giorni d’oggi. In questo testo vengono descritti i principi fondamentali dell’organizzazione delle scuole, delle classi, dei contenuti e della didattica. Grazie a questa organizzazione, la crescente importanza politica e l’altissima qualità della preparazione culturale, Ignazio portò i collegi gesuiti al successo, tanto da ospitare intellettuali dello stampo di Cartesio e Voltaire. Le scuole, chiuse nel 1773 dal papa Clemente XIV, verranno poi riaperte durante l’età della Restaurazione quando, dotate di una nuova “Ratio”, ritorneranno in auge.