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15 luglio 2016. Il fallito golpe nella Turchia di Erdogan

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di Anna La Mattina

Il 15 luglio del 2016 il mondo si fermò di fronte al tentativo di colpo di stato in Turchia, messo in atto da una parte delle Forze armate turche per rovesciare il regime del Presidente Recep Tayyip Erdoğan e prendere il potere nel Paese: questo è quanto sembra al primo sguardo sulla vicenda, ma in realtà la storia è più complessa e non per nulla chiara.

Erdogan, allora Presidente della Repubblica, in un paese ancora con forma di governo di Repubblica parlamentare, con in mente “strane idee” di presidenzialismo, vagamente aleggiate, nel bel mezzo di uno scenario internazionale dominato dalla guerra in Siria, dall’avvento del cosiddetto “Stato islamico” (ISIS), che ha terrorizzato l’Europa ed il medio Oriente, Turchia compresa (due attentati terroristici ad Istanbul, all’aeroporto Kemal Ataturk e a Taksim, importante e popoloso centro commerciale cittadino), vede arrivare addosso a sé un tentativo di golpe, che lo costringe alla fuga, a mezzo di un aereo con il quale è costretto a sorvolare, senza sosta i cieli di mezza Europa, senza che nessun Paese volesse accoglierlo, non permettendone l’atterraggio.

Il tutto si svolse dalle 22:00, ora locale, del 15 luglio, quando i militari bloccarono con dei carri armati i ponti sul Bosforo. Il Primo Ministro Binali Yıldırım conferma le voci riguardanti il tentativo di alcuni militari, di effettuare un colpo di Stato, dopo che alcuni jet ed elicotteri erano avvistati a sorvolare, a bassa quota, sia Istanbul che Ankara, e dopo aver udito degli spari nei pressi della sede della Grande Assemblea Nazionale, il Parlamento turco. Anche il Presidente Erdogan, da lì a poco, collegandosi da un luogo sconosciuto, annuncia il tentativo di golpe in atto, contro il suo governo.

Gli eventi si susseguono uno dietro l’altro, passando successivamente all’occupazione della sede del partito di governo, l’AKP, impossessandosi della televisione Turca, interrompendo tutti i programmi in onda, per essere utilizzata dai golpisti, invitando la popolazione a non uscire dalle proprie abitazioni.  I militari dichiarano alla TV di Stato l’intenzione di creare una nuova costituzione, garante della democrazia e della laicità dello Stato. Contestualmente occupano anche l’aeroporto Ataturk di Istanbul, riuscendo ad addentrarsi nel quartier generale dell’esercito turco ad Ankara e a prendere in ostaggio Hulusi Akar, il Capo di Stato Maggiore delle forze armate turche.

Viene subito bloccato qualsiasi accesso ai social network, tra cui FacebookTwitterVimeoInstagramYoutube e Snapchat, ma non alle Virtual Private Network (VPN) che consentono a chiunque di continuare a postare grazie ad un abile cambiamento delle credenziali d’accesso, lasciando credere che si tratti di utenti stranieri, quindi non sottoposto a censura.

Il tentativo di rovesciamento del potere ha provocato 290 morti, e al ferimento di altre 1440 persone. Le reazioni internazionali al colpo di Stato sono state particolarmente caute, anche se nella notte i principali leaders mondiali hanno condannato il golpe in Turchia.

Le motivazioni, dietro a questo tentativo di colpo di Stato, non sono chiare e le perplessità restano tante: secondo Erdoğan, l’organizzatore del tentato colpo di Stato sarebbe stato il predicatore e politologo turco Fethullah Gülen, esule negli Stati Uniti. Gülen ha asserito invece l’ipotesi secondo cui l’ideatore del golpe possa essere stato lo stesso Presidente. Nei primi giorni successivi agli avvenimenti, alcuni analisti hanno parlato di “golpe improvvisato e poco organizzato”, mentre altri hanno sollevato dubbi sulla reale veridicità del golpe, ipotizzando pertanto un’operazione false flag, per poter legittimare ulteriori restrizioni alle libertà civili e una serie di purghe sulla magistratura e sull’esercito. Ulteriori dettagli e testimonianze emersi successivamente sembrano invece confermare che il golpe fosse stato ben organizzato e che fosse vicino al successo.

Sta di fatto che, fin dalle prime ore del mattino seguente, alle 4:30, riprendono le trasmissioni televisive delle reti occupate precedentemente dai militari. Alle 05:30, il Governo turco riesce a riprendere il controllo del Paese, mentre Erdoğan ritorna aa Istanbul ed il Generale delle forze armate Hulusi Akar viene liberato. Alle ore 11:50 del 16 luglio 2016, viene confermato il fallimento del colpo di Stato, anche se un piccolo gruppo di militari golpisti (circa 150) rimane asserragliato nel quartiere generale del comando delle Forze armate ad Ankara, per cercare di trattare la propria resa; i soldati, invece e alla fine, hanno deciso di consegnarsi alle forze dell’ordine.

I dati forniti dal Governo turco riportano che, alla conclusione dell’evento, sono stati arrestati 2893 golpisti e 2745 giudici sono stati rimossi dall’incarico dall’Alto Consiglio. In particolare nella città di Istanbul, alcune agenzie di stampa hanno riportato il ferimento di molte persone che manifestavano contro i militari sul Ponte sul Bosforo, occupato dalle forze armate.

Tentando noi di trarre qualche conclusione, possiamo ipotizzare che Fethullah Gülen, così come alcuni analisti, avessero ragione, nell’asserire che Erdogan si fosse procurato il golpe da solo, poiché gli tornava utile poter dimostrare al mondo ed in particolare ai cittadini turchi, di avere la necessità di operare un “giro di vite”, per arginare i pericoli che pensava minacciassero il suo governo?

Sta di fatto che, già nel dicembre 2016, in Turchia si avviarono le operazioni politiche che porteranno alla modifica costituzionale del 2017, in direzione di una Repubblica Presidenziale, con un presidente come Recep Tayyip Erdoğan, che rafforza il suo potere, detenendo la maggior parte delle funzioni politiche, amministrative e giudiziarie del Paese, fino alla gestione della Banca Centrale Turca (la CBRT), che non sarà più indipendente dal potere politico: il governatore è nominato dal Presidente della Repubblica e dal 2020 è il genero di Erdogan…

Ai posteri l’ardua sentenza…!