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di Rosanna La Malfa

Intervistiamo Nellina Laganà, attrice catanese.


Ti dicono che somigli ad Anna Magnani. E caratterialmente? Parlaci di Te.

Sì è vero me lo dicono, ma non mi entusiasma. Certo è un onore ma preferisco essere me stessa sempre. Caratterialmente siamo distanti, me lo diceva anche Massimo Serato col quale ho  lavorato ne “La vita che ti diedi” di Pirandello. A me manca quell’estrazione popolare che lei aveva e che la fece diventare grandissima. Con Anna Magnani ho in comune la somiglianza fisica, quello sì.


Come ti sei avvicinata alla recitazione? C’è stato qualcosa o qualcuno che ti ha spinto verso questo mondo?

Ho studiato dalle Orsoline, la mia famiglia voleva che io facessi l’insegnante o l’avvocato come mio padre. Il lavoro dell’attore, da sempre, viene considerato come un non lavoro. La gente non immagina cosa ci sia dietro la vita di un attore professionista. Ho fatto l’attrice per caso, per gioco, per provare l’emozione del palcoscenico; il mio primo spettacolo fu “Fumo negli occhi”. Dopo quest’esperienza mi affidarono una parte come coprotagonista, perché tra tutti ero una delle poche che parlava bene l’italiano in modo naturale. La prima sera ricordo che sono scappata via. Mi hanno cercata ovunque. L’attore protagonista, Gilberto Idonea, ha coperto per ben cinque minuti di spettacolo la mia latitanza nell’attesa che io arrivassi. Al Teatro Club ancora si ricordano della mia prima volta. Poi da lì ho continuato.


Hai girato qualche episodio di Montalbano. Per la Sicilia è promozione oppure no? La Cultura rinasce?

Certo Montalbano ha avuto un successo straordinario e lo hanno venduto in tutto il mondo. La Sicilia ha incrementato il turismo anche grazie a questa serie, piaccia o meno.  La televisione ha avuto una presenza molto forte, troppo, negli ultimi tempi. Ora sta prevalendo il web, che può avere anche dei bei risvolti culturali se ben usato. Sono certa che la gente si avvicinerà di nuovo al teatro. Ci sarà un ritorno ad esso. Bisogna rinnovare tutta la cultura, perché non si può rimanere ancorati ai vecchi schemi; infatti ciò causerebbe la morte del teatro. Ci vorrebbero autori nuovi che in questo momento mancano. Si punta al cabaret, ai comici, ma è sbagliato puntare solo su questo. Il teatro classico è immortale; infatti se rifacessimo la Medea, come quella che ho fatto tempo fa con la Moriconi, sono certa che accorrerebbe tutto il mondo. Ci sarà una rinascita per il teatro.


Quanto pensi di essere cambiata dall’inizio della tua carriera?

Mi promettevo che avrei smesso solo quando avrebbero scritto o detto di me che non ero brava. Io non ho mai voluto fare l’attrice. All’inizio l’ho fatto, perché mi pagavano ed era un buon incentivo. Adesso in questi anni, ovviamente, mi sono affezionata a questo mestiere. La cosa che amo di più nella vita è la musica. Non sono un’attrice come le altre attrici che si vedono in giro. Il mio lavoro nasce e finisce in teatro. Sono una persona semplice, non pecco di vanità come è facile o naturale che sia in questo lavoro. Fuori mi sento come se fossi un’impiegata, un’insegnante, non mi piace vivere giornalmente la vita dell’attrice… recito, perché mi piace vivere la vita degli altri. Ci sono momenti in cui sono triste e mi rifugio nel personaggio e nella sua anima. Quando ero piccola creavo storie fantastiche e quando mi addormentavo, continuavo le storie immaginate. Mi sono sempre rifugiata nella fantasia e il teatro ha soddisfatto questo bisogno totale.


Recitazione è arte e sensibilità. Non c’è posto per il razzismo e l’intolleranza. Mi piacerebbe una tua considerazione in merito

Razzismo e intolleranza: il teatro è al di fuori totalmente da questi sentimenti beceri. È la casa di tutti, dove tutti possono esprimersi con dignità e consapevolezza. Il teatro non ha confini, razze, religioni: l’arte appartiene all’uomo, alla bellezza ed alla profondità dell’animo umano.


Ieri nella nostra Catania hai, insieme a Giusy Marraro e Silvio Laviano, organizzato la manifestazione #CataniAccoglie, la Protesta degli Arancini. 
“Abbiamo suscitato un vespaio”. La manifestazione solidale e indipendente di splendidi cittadini catanesi che a centinaia si sono presentati al porto di Catania, per protestare contro il blocco dello sbarco dei 177 migranti della Diciotti, con in mano il nostro cibo da strada per eccellenza: l’arancino, simbolo di solidarietà e accoglienza. Siamo stanchi di odio, stanchi di intolleranza, di beceri atteggiamenti. Catania accoglie da sempre, Catania è fatta da belle persone. La società civile era riunita nel nostro Porto, un porto sempre aperto allo straniero, che accoglie, che ospita. Cito Giusy: “Una serata speciale che aveva addosso il colore ed il calore dell’umanità, migliaia di cuori che battevano all’unisono, i cuori dei catanesi che hanno offerto simbolicamente l’arancino per manifestare la ricchezza interiore, la pienezza dei sentimenti, lo spirito di solidarietà.Cito Silvio: “Sono un Cittadino Italiano, Catanese, libero e Onesto e la Costituzione Italiana mi permette di dissentire pacificamente e democraticamente in modo UMANO contro una situazione che ritengo DISUMANA!

Tutto nasce spontaneamente e parte dai social, che hanno avuto un ruolo straordinario, specie Twitter. L’arancino è il nostro benvenuto, la nostra predisposizione verso l’altro, verso chi approda nella Catania che accoglie. È vero, viviamo situazioni difficili, ma so che il cuore grande dei catanesi e di tutti gli italiani non è razzista. E su questo, sull’Umanità, la Cultura, il senso delle parole gentili e sane dobbiamo puntare per rinascere. W il Teatro, W la Solidarietà!


Foto evento Paolo Sidoti

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