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Nasca, risolto il mistero dei puquios: erano impianti idrici

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fonte@ Blitz

Nasca, risolto il mistero dei puquios: ecco a cosa servivano

LIMA – Nasca, risolto il mistero dei puquios, i grossi pozzi a forma di spirale dell’altipiano situato al centro-sud del Perù, in una delle aree desertiche più aride del mondo: sono opere idriche create nel sesto secolo dopo Cristo. A capire che non si trattava di strani manufatti marziani o cose simili è stata l’analisi satellitare di un gruppo di studiosi italiani.

Noto soprattutto per i suoi geoglifi, ovvero linee tracciate sul terreno che danno forma a migliaia di disegni enormi visibili solo dall’alto, l’altopiano è stato considerato per millenni sacro dalle popolazioni locali, spiega Elisabetta Curzel sul Corriere della Sera, che sottolinea la vera importanza di Nasca:

nella realtà, costituisce soprattutto un luogo straordinario di ricerca e di studio su una civiltà pre-incaica di grande interesse.Società teocratica dedita al commercio e all’agricoltura, i Nasca fiorirono tra il primo e il sesto secolo dopo Cristo. Oltre a ceramiche e tessuti di rara bellezza, sono giunti fino a noi le già citate linee, che testimoniano di un’ottima conoscenza della geometria, e i puquios. Il termine puquio, che in lingua quechua significa «sorgente d’acqua», si riferisce a un sistema di acquedotti che, in una zona tra le più aride del mondo, colpita da siccità ricorrenti, riusciva a prelevare l’acqua sotterranea e a renderla disponibile per coltivazioni intensive e necessità domestiche: una formidabile opera di ingegneria idraulica che in alcune parti risulta a tutt’oggi funzionante.

Costruiti probabilmente nell’ultimo periodo della civiltà Nasca, verso il 500 d. C.,i puquios sono stati considerati a lungo di difficile datazione: anche per la costante manutenzione effettuata nel corso dei secoli, sistemi di datazione come il carbonio-14 risultavano inapplicabili. Poi gli archeologi hanno trovato una correlazione tra ciò che rimane degli antichi insediamenti Nasca – praticamente scomparsi, perché costruiti in terra cruda, un materiale facilmente deperibile – e i puquios stessi. Un passo ulteriore è stato fatto da un gruppo di studiosi italiani, diretto da Rosa Lasaponara dell’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale e da Nicola Masini dell’Istituto per i beni archeologici e monumentali (entrambi afferenti il Cnr), in collaborazione con Giuseppe Orefici, archeologo italiano che in Perù dirige il Centro de estudios arqueológicos precolombinos.

Con l’analisi di immagini satellitari ad alta risoluzione, il team di studiosi ha confermato e sistematizzato il legame tra i puquios e gli insediamenti, ha individuato nuovi pozzi sinora sconosciuti, e ha consolidato con analisi statistiche le ipotesi avanzate dagli archeologi.

(…) «I puquios dei Nasca», dichiara Lasaponara, «funzionavano in maniera simile ai quanat, un sistema sviluppato dagli antichi Persiani e poi diffuso presso molte civiltà antiche, basato su una serie di pozzi verticali collegati tra loro da un canale sotterraneo in lieve pendenza. Gestire l’acqua era strategico», dichiara la scienziata. «Controllare questa risorsa, in una situazione estrema come può essere un deserto, significava controllare l’intero territorio».