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Di Graziella Gaballo fonte@enciclopediadelledonne

Maria Agamben, il cui vero nome era Anna Maria, nacque a L’Aquila, prima di sei figli, il 19 settembre 1899 da una famiglia benestante di origine armena. Maria trascorse l’infanzia e la giovinezza in Abruzzo e, dopo la laurea in Lettere all’Università di Roma, iniziò a insegnare Italiano e Storia alle scuole superiori.

Nella capitale aveva intanto conosciuto Mario Federici, aquilano come lei, uomo di alto profilo intellettuale, critico e autore teatrale, che sposerà nel 1926. Insofferente delle limitazioni culturali imposte dal regime fascista, la coppia nel 1929 abbandonò l’Italia per stabilirsi all’estero – dove Maria continuò a insegnare presso gli Istituti italiani di cultura – trasferendosi dapprima in Bulgaria, poi in Egitto e infine a Parigi. Qui, in particolare, visse uno dei periodi più fecondi della sua vita venendo a contatto con gruppi di esuli italiani in fuga dal regime dittatoriale fascista e confrontandosi con le idee sulla giustizia sociale e sul ruolo pienamente paritario della donna nella società, che costituiranno il caposaldo della suo pensiero.

Rientrata in Italia nel 1939, mise a frutto tali convinzioni con un intenso impegno sociale e di apostolato laico. Attiva a Roma durante la Resistenza nell’associazione Piazza Bologna, che forniva assistenza ai perseguitati politici, rivolse in quegli anni il suo interesse anche al mondo del lavoro, organizzando tra l’altro, come delegata dell’Udaci (Unione donne dell’Azione Cattolica italiana), un piano di assistenza per le impiegate statali rimaste disoccupate.

Nell’agosto 1944 venne eletta delegata – la prima delegata femminile – al Congresso Costitutivo delle Acli (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) e, in questa veste, l’anno seguente organizzò il Convegno nazionale per lo studio delle condizioni del lavoro femminile, un importante momento di confronto per le donne cattoliche.

Tra il 1944 e il 1945 – contraria alla partecipazione delle donne cattoliche all’Udi e convinta sostenitrice della necessità della loro autonomia e quindi dell’esigenza di costituire un organismo separato – partecipò anche ai lavori per la fondazione del Cif (Centro Italiano Femminile), che si radicò ben presto su tutto il territorio nazionale. Maria, che ne fu presidente sino al 1950, orientò l’attività del Centro in una serie di iniziative in favore degli sfollati, dei reduci e dell’infanzia (colonie diurne ed estive, scuole, mense).

Intanto, nel 1946 iniziava la sua esperienza politica. Eletta all’Assemblea Costituente, fu una delle cinque donne che fecero parte della cosiddetta “Commissione dei 75” – incaricata di elaborare e proporre il progetto di Costituzione – insieme a Lina MerlinTeresa Noce, Nilde Iotti e Ottavia Penna, che però diede le dimissioni pochi giorni dopo la nomina e fu sostituita da un uomo. Sette mesi dopo fu poi nominata nella Commissione Angela Gotelli, in sostituzione del deputato dimissionario Carmelo Caristia. Agamben fece parte anche della Terza Sottocommissione che si occupava del diritti e doveri economico-sociali e, in questo contesto, presentò una relazione sulle garanzie economiche e sociali per la famiglia, in cui sosteneva che lo Stato doveva intervenire per tutelare le lavoratrici madri ed eliminare tutti gli ostacoli di natura economica che impedivano ai cittadini di formare una famiglia. Si batté anche per evitare che alla donna fossero preclusi uffici pubblici e cariche elettive, ribadendo più volte (ma inutilmente) il diritto delle donne di accedere alla magistratura, sostenendo che l’unico elemento discriminatorio per l’ammissione dovesse essere il merito e non le presunte attitudini.

Sensibile al tema dell’emigrazione – fenomeno che nel periodo della ricostruzione comportò uno spopolamento progressivo dei paesi e delle città, con gli uomini costretti a emigrare verso destinazioni lontane, in cerca di lavoro e di una situazione migliore e con le donne alle quali veniva affidata la famiglia con tutte le responsabilità connesse – fondò nel 1947 l’Anfe (Associazione Nazionale Famiglie Emigrate), che aveva lo scopo di assistere gli emigrati e le loro famiglie e ne fu Presidente fine al 1981. Nel 1950, poi insieme a Lina Merlin, Angela Guidi Cingolani e Maria De Unterrichter Jervolino, diede vita al Cidd (Comitato italiano di difesa morale e sociale della donna) che, in un primo momento, operò in sostegno della proposta Merlin per l’abolizione della regolamentazione statale della prostituzione e, in seguito, si fece carico delle ex prostitute che volevano cambiare vita, aiutandole nel reinserimento sociale.

Nel frattempo nel 1948 era stata eletta, nella prima Legislatura della Repubblica, alla Camera dei Deputati. Membro di diverse commissioni, fu relatrice del disegno di legge sulla tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri e presentatrice e prima firmataria di proposte di legge sulla vigilanza e controllo della stampa destinata all’infanzia e alla prima adolescenza (approvata nel 1952) e sulla disciplina dell’apprendistato (approvata nel 1953).

Alla scadenza della Legislatura, nel 1953, abbandonò la politica attiva e, parallelamente agli impegni nel sociale – in particolare nell’ambito dell’Anfe, interessandosi ai problemi delle donne italiane nei paesi di emigrazione, all’adempimento dell’obbligo scolastico per gli emigranti all’estero, nonché al mantenimento dei loro contatti con il paese di origine, per favorirne in qualsiasi momento il rientro – si dedicò a una interessante produzione di scritti, tra cui Il cesto di lana [Sales, Roma 1957] incentrato sugli anni della Resistenza e del dopoguerra.

Morì il 28 luglio 1984.