di Alessandro Maran
Trump sta spingendo per un accordo di pace tra Russia e Ucraina, stroncato dagli analisti perché fortemente sbilanciato a favore della Russia. Ma Kiev ha bisogno di firmarlo?
Dopo tre estenuanti anni di guerra, potrebbe sembrare che consolidare un cessate il fuoco con la Russia sia una priorità assoluta per Kiev. “Eppure non è così che la vedono gli ucraini”, ha scritto la giornalista ucraina Nataliya Gumenyuk in un recente articolo su Foreign Affairs. L’Ucraina potrebbe prendere in considerazione un accordo di pace se “le venisse offerta l’adesione alla NATO, le venissero fornite armi sofisticate sufficienti per difendersi in futuro, entrasse a far parte dell’Unione Europea e ricevesse dall’Occidente tutti i finanziamenti necessari per la ricostruzione”. Ma a parte questo, ha avvertito, gli ucraini “considerano il fatto di continuare a combattere una prospettiva incomparabilmente migliore del terrore dell’occupazione russa” (https://www.foreignaffairs.com/…/putin-ukraine-end-war…).
In un editoriale di The Kyiv Independent, Timothy Ash del think tank britannico per gli affari internazionali Chatham House ha spiegato “perché Zelensky non può e non vuole svendere l’Ucraina per la pace di Trump” sostenendo che il presidente ucraino e il suo team stiano temporeggiando, in base alla teoria che Trump alla fine abbandonerà i colloqui di pace e che nel frattempo non valga la pena firmare un pessimo accordo (dal punto di vista dell’Ucraina) (https://kyivindependent.com/why-zelensky-wont-and-cant…/).
Che questa sia o meno la strategia di Kiev, l’analisi di alcuni attenti osservatori della guerra in Ucraina suggerisce che Kiev non stia, in realtà, cercando disperatamente di porre fine alla guerra in alcun modo. Come abbiamo visto qualche giorno fa, ancora su Foreign Affairs, Liana Fix e Michael Kimmage sostengono che Kiev potrebbe continuare a combattere senza il supporto degli Stati Uniti, sebbene ciò metterebbe a dura prova gli alleati europei (https://www.foreignaffairs.com/…/what-if-america…). Allo stesso tempo, benché lo scorso anno le cose sembrassero andare male per Kiev sul campo di battaglia, lo slancio offensivo russo si è arrestato. A settembre, l’Ucraina temeva che le forze russe avrebbero circondato e conquistato la città ucraina orientale di Pokrovsk (https://www.bbc.com/news/articles/c1epe546p5vo); oggi, la Russia non l’ha né circondata né conquistata (https://www.understandingwar.org/…/russian-offensive…).
Nell’ultimo episodio del podcast Interview dell’autorevole rivista statunitense dedicata alle relazioni internazionali, conversando con il caporedattore Hugh Eakin, Jack Watling, ricercatore ed esperto di guerra terrestre del think tank britannico sulla difesa RUSI – Royal United Services Institute for Defence and Security Studies, ha spiegato che la posizione dell’Ucraina sul campo di battaglia non è pessima. Le forze ucraine sono “allungate”, la Russia sta acquisendo un vantaggio tattica e sembra meglio posizionata per sostenere la guerra per un periodo più lungo, afferma Watling. Ma le truppe ucraine stanno infliggendo perdite a quelle russe a un ritmo elevato, e “ci sarà un punto di inflessione, in cui se l’attuale tasso di perdite verrà mantenuto, i russi dovranno fare scelte politiche molto difficili se vorranno mantenere il tasso di perdite attuale (…) Questo li porterà essenzialmente a dover mobilitare con la forza una parte della loro popolazione, e da quel momento in poi inizieranno anche a riscontrare carenze di equipaggiamento (…) Quindi, se l’Ucraina riesce a combattere fino a un punto di stallo, in sostanza, fino a quel punto di svolta, è probabile che il vantaggio strategico si ribalti dall’altra parte” (https://www.foreignaffairs.com/…/planning-post-american…).
Nell’ultimo episodio del podcast Politika del Carnegie Endowment for International Peace, l’esperto di Russia del Carnegie, Alexander Gabuev, ha sentito un’analisi simile da parte del senior fellow Michael Kofman. “La situazione al fronte non è particolarmente grave” per l’Ucraina, afferma Kofman. “La verità è che, sebbene le cose siano sembrate piuttosto brutte nel corso dell’estate e dell’autunno scorsi, in particolare in autunno, lo slancio offensivo russo ha subito un rallentamento significativo durante l’inverno (…) C’è stata una rinnovata intensità di azioni offensive da parte russa (…) ma il fronte non è sul punto di crollare, e credo che la posizione negoziale complessiva dell’Ucraina sia ragionevolmente influenzata dalla situazione militare, che è (…) non ottima, ma l’Ucraina non è in una posizione disperata e non ha bisogno di un cessate il fuoco in questo momento, certamente non nelle prossime settimane” (https://carnegieendowment.org/…/russia-ukraine-military…).
I prossimi due mesi “saranno rivelatori”, afferma Kofman. L’Ucraina dipende fortemente dal sostegno esterno, e “la verità è che nessuna delle due parti può davvero sostenere questa guerra, anche se sembra ancora che la Russia possa sostenerla più a lungo”.
Ivan Krastev sul Financial Times sabato scorso ha rammentato che nel suo recente libro, The Tragic Mind (https://a.co/d/7g1oU0d), lo stratega americano Robert Kaplan osserva che “anche se la comprensione degli eventi mondiali inizia con le carte geografiche, finisce con Shakespeare”. “Se avesse letto più Shakespeare (suggerirei di iniziare con le opere teatrali storiche) – osserva Krastev – Trump avrebbe potuto capire che, per quanto l’umiliazione dell’Ucraina possa essere il modo più rapido (ed economico) per porre fine ai combattimenti, potrebbe comunque non portare alla pace. Orgoglio e sacrificio sono i mattoni che hanno costruito le nazioni. Elogiando Putin, adottando la sua narrativa sulla guerra e spacciando l’accordo di pace come un regalo da presentare in occasione della celebrazione del Giorno della Vittoria a Mosca il 9 maggio, Trump spera di portare la Russia al compromesso. Ma gli ultimi segnali provenienti da Mosca indicano che Putin non sta cercando un compromesso: sta cercando la vittoria” (https://www.ft.com/…/7d6f1cbd-34ca-41f2-a547-d40d23cefa58).