“Ci sono 30.000 munizioni inesplose. Gli edifici possono crollare in qualsiasi momento. Non ci sono servizi pubblici, né acqua, né elettricità, né gas, niente. Dio solo sa che tipo di malattie possono incubare lì. Ecco perché, quando il Presidente parla di ripulire il sito, parla di renderlo abitabile”, ha continuato.
È sembrato anche mettere in dubbio la fattibilità della terza fase, la ricostruzione di Gaza, dell’accordo di cessate il fuoco entrato in vigore il 19 gennaio. La terza fase, la ricostruzione, non potrà svolgersi come previsto dall’accordo, cioè un programma di cinque anni. È fisicamente impossibile”, ha dichiarato.
L’accordo di cessate il fuoco, negoziato per mesi dalla precedente amministrazione di Joe Biden, prevede tre fasi. La prima fase dura sei settimane e dovrebbe consentire il rilascio di 33 ostaggi in cambio della liberazione di oltre 1.900 palestinesi detenuti da Israele. La seconda fase, per la quale i negoziati sono iniziati martedì attraverso i mediatori, mira a liberare gli ultimi ostaggi e a porre definitivamente fine alla guerra scatenata dall’attacco senza precedenti del movimento islamista palestinese Hamas sul suolo israeliano il 7 ottobre 2023. Una terza fase dovrebbe definire le modalità per la ricostruzione della Striscia di Gaza e la sua governance in futuro. L’inviato di Donald Trump in Medio Oriente, Steve Witkoff, ha respinto come “assurda” l’idea che la Striscia di Gaza, devastata dalla guerra, possa essere abitabile entro cinque anni. “Quando il presidente parla di ‘fare pulizia’, sta parlando di rendere (Gaza) abitabile”, ha detto ai giornalisti. È “ingiusto aver spiegato ai palestinesi che potrebbero tornare in cinque anni”, ha aggiunto Witkoff, riferendosi al periodo di tempo che, secondo lui, l’accordo di tregua tra Israele e Hamas prevede per la ricostruzione del territorio palestinese. È semplicemente assurdo”.
L’inviato Usa ha parlato poco prima dell’incontro alla Casa Bianca tra il presidente degli Stati Uniti e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Il presidente degli Stati Uniti ha scatenato un’ondata di indignazione internazionale proponendo di “fare semplicemente pulizia” nel territorio palestinese e di trasferire i suoi abitanti in luoghi “più sicuri” come l’Egitto e la Giordania, che hanno rifiutato. (AGI)