“Oggi ci aspettiamo molto anche dal nuovo Papa, Leone XIV: può fare tanto, la sua voce e il suo intervento possono avere un effetto molto forte sui governi di tutto il mondo per influire sul loro comportamento con passi concreti e intanto mettere fine alla guerra e ai bombardamenti. Potrebbe essere un primo passo, gli altri seguiranno dopo la fine della guerra. Lo stesso credo dovrebbero fare le istituzioni, a partire dall’Unione europea. Così come dai governi e daii colleghi giornalisti di tutto il mondo, per esprimere vera solidarietà ai giornalisti diventati bersaglio a Gaza”. Sono parole del giornalista palestinese Wael Al-Dahdouh, per tutti diventato Al Jabal, la “montagna”: la sua capacità di resistenza nella missione quotidiana per raccontare quello che succede nella Striscia, dov’è capo dell’ufficio di corrispondenza di Al Jazeera, gli è costato la perdita di 14 stretti congiunti, fra i quali la moglie e tre figli. Lui stesso, ferito, è stato evacuato nelle ultime settimane da Gaza per potersi curare.
Questa sera a Udine (ore 21, Teatro nuovo Giovanni da Udine), Wael Al-Dahdouh, Press Freedom Award 2024, riceverà il Premio Terzani 2025 nell’ambito del festival Vicino/lontano, insieme al collega Safwat al Khalout, “Colomba d’oro per la pace” 2024, che dal 2010 è impegnato per Al Jazeera prima come producer, poi come giornalista a Gaza. Un riconoscimento che la Giuria del Premio Terzani, presieduta da Angela Terzani Staude, ha quest’anno deciso di conferire alle giornaliste e ai giornalisti uccisi a Gaza, il cui numero è salito a 214. Per onorare la loro professione, quella che Wael Al-Dahdouh definisce una “missione nobile e umanitaria estremamente importante, perché far arrivare il resoconto dei fatti a milioni di persone in tutto il mondo è essenziale”.
Per il giornalista palestinese, “una grande sfida morale si pone oggi all’Unione europea, nel nome dei suoi valori di civiltà: tutto accade in presa diretta davanti agli occhi dei cittadini del mondo, delle istituzioni, dei governi. Talvolta le guerre e gli eventi possono presentare qualche margine di ambiguità: ma quello che sta accadendo ai 2.400.000 cittadini di Gaza, stretti in 370 kmq e senza aiuti umanitari da 70 giorni, passa davanti agli occhi di tutti”. “Siamo felici del Premio Terzani – ha continuato – e così dei riconoscimenti che arrivano a tante latitudini del mondo. Crediamo che il premio più grande sia arrivare alla fine dell’uccisione dei giornalisti e di tutti i cittadini a Gaza. L’Unione europea dovrebbe guardare quello che accade a Gaza in questo grande silenzio con due occhi, e due orecchie, non solo con un occhio e un orecchio, e dovrebbe farlo ascoltando le voci delle persone reali, le vittime di questa guerra che pagano un prezzo altissimo. Dalla Ue ci aspettiamo un passo preciso, proprio perché l’Unione europea è importante per il mondo ed è legata ai diritti umani, ai valori. Ma dove sono oggi i valori in tutto questo silenzio? Oltre 20mila persone hanno perso la vita praticamente in diretta e decine di medici sono stati uccisi mentre svolgevano il loro lavoro negli ospedali”.
I due giornalisti denunciano che “viene usata anche l’arma della carestia contro la popolazione di Gaza. Una guerra senza precedenti per il target delle vittime e che non è diretta solo contro le istituzioni islamiche ma anche contro i simboli del cristianesimo a Gaza, contro gli ospedali, contro le scuole dove la gente sfollata cerca rifugio e un tetto. Quanto a noi giornalisti, stiamo pagando un prezzo tragico e senza precedenti per il nostro ruolo: non siamo parte del combattimento, siamo vittime – uccisi, feriti, arrestati – solo perchè svolgiamo il ruolo umanitario dell’informazione”.
“Siamo stati felici – ha aggiunto Safwat Al-Khalout – della solidarietà europea allo scoppio della guerra in Ucraina, era il segno del valore dei diritti umani alla base della Ue. Ma da quando è scoppiata la guerra a Gaza, questi stessi valori sembrano congelati, nessun passo serio è stato fatto per noi e viene armato l’esercito che uccide i nostri bambini. L’indifferenza uccide come i razzi”.
Come sottolineato da Angela Terzani Staude e dalla Giuria del Premio Terzani, “mai, nella storia, il tributo pagato dal giornalismo è stato così pesante. Giornalisti, fotoreporter e operatori della comunicazione a Gaza scontano ogni giorno con la loro vita, e spesso anche con quella dei loro cari, l’impegno di testimoniare i fatti dall’interno e impedire una narrazione unilaterale e controllata”. (AGI)
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