Type to search

Lucifero e l’acqua santa: il ritorno dei condannati per mafia sulla scena politica siciliana

Share

di Antonino Gulisano

Spente le luci sulla presentazione delle liste per le elezioni amministrative del 12 giugno, in Sicilia le scosse telluriche, i malumori, le arrabbiature sulle mancate candidature o sulle designazioni degli assessori provocheranno ripercussioni anche sulla preparazione delle elezioni regionali del prossimo autunno.
Andiamo con ordine e proviamo a riavvolgere il nastro di una canzone che sembra ripetersi sempre uguale e se stessa. Il retroscena del vertice tra Meloni, Salvini e Berlusconi lo svela una nota ufficiale della segretaria nazionale di Fratelli d’Italia: “I nodi aperti cominciano dalla non ancora ufficializzata ricandidatura del presidente Musumeci su cui la personale dichiarata disponibilità di Silvio Berlusconi si è fermata di fronte alla richiesta di Matteo Salvini di ritardare l’annuncio del candidato”.
Viviana Lo Monaco, consigliera uscente del Movimento cinque stelle al Comune di Palermo, torna sulla polemica relativa alla composizione della lista per il rinnovo di Sala delle Lapidi, sede del consiglio comunale del capoluogo siciliano.
Dopo aver trovato una faticosa intesa sull’ex rettore Lagalla, dimessosi da assessore regionale, quale candidato unico del centrodestra a sindaco di Palermo, si dovrà ora pensare anche alle elezioni regionali, partendo dalla ancora più faticosa scelta del candidato alla presidenza della regione. Anche su questo ci sarà da discutere perché da una parte c’è chi vorrebbe la ricandidatura del “governatore” uscente, Nello Musumeci, dall’altra c’è un ampio fronte interno e trasversale al centrodestra che vorrebbe cambiare cavallo.
Dall’altra parte, sul versante dello pseudo centrosinistra non è pervenuto alcun comunicato o reazione.
Al di là della cronaca è necessario riflettere sui risvolti politici maturati in questi giorni dedicati alla composizione delle liste ed alla definizione delle alleanze. La prima riflessione, e la più eclatante, è il ritorno sulla scena politica regionale della nuova Dc di Totò Cuffaro ex presidente della regione Sicilia e già condannato per associazione mafiosa. L’altra riguarda la presenza di Dell’Utri ex senatore di Forza Italia e braccio destro e plenipotenziario in Sicilia di Silvio Berlusconi, e anche lui condannato per associazione mafiosa.
Pur sapendo che sia Cuffaro che Dell’Utri sono liberi cittadini che hanno pagato il loro debito con la Società e lo Stato, non si può giustificare né socialmente né eticamente la presenza politica e l’attribuzione di un ruolo piuttosto rilevante per chi è stato condannato, privato dell’elettorato sia attivo che passivo e interdetto dal poter svolgere pubbliche funzioni.
Quale esempio viene dato alla comunità siciliana che ha sofferto e sta soffrendo condizionamenti mafiosi, ambientali e politici? A Palermo la candidatura a Sindaco del Prof. Lagalla è sostenuta e rappresentata da un centrodestra di cui è parte integrante Forza Italia di Dell’Utri e che stringe alleanza con la nuova DC di Cuffaro. Se analizziamo le varie liste e le alleanze presentate in alcuni Comuni significativi della Sicilia, vedi per caso di Paternò, grosso centro in provincia di Catania, si può notare che oltre al notorio bacino elettorale del centrodestra nell’area etnea, non sembra esserci un netto discrimine con ambienti “borderline”. E viene l’orticaria nel sapere che a Paternò il PD e ambienti della pseudo-sinistra giustizialista hanno fatto alleanza con la nuova DC di Cuffaro, sotto le mentite spoglie di una lista civica che è l’azionista di maggioranza di una delle candidature a sindaco..
Il 23 Maggio 2022 si celebrerà il trentennale della strage di Capaci, dove sono morti Giovanni Falcone, sua moglie e gli agenti di scorta. La Sicilia, mentre ricorderà le stragi di mafia, sarà coinvolta in elezioni amministrative che vedono il ritorno in grande stile dei Cuffaro e Dell’Utri sulla scena politica regionale. Ha ragione il Gattopardo: “Tutto cambia per non cambiare nulla”.
In questa riflessione mi ritornano in mente due concetti chiari: la mafia non si combatte con le fiaccolate o con le marce ma, così come la mafia è un sistema di potere scientifico, essa va contrastata con un processo altrettanto scientifico, tramite la diffusione della cultura della legalità e la ricerca di strumenti alternativi.
Volendo mutuare la filosofia di Hegel, che nella sua “Fenomelogia dello spirito” pone il problema del riconoscimento dell’Io come autocoscienza, la lotta a morte si accende proprio quando ciascun uomo o ciascun Io pretende di essere riconosciuto senza però voler riconoscere a sua volta l’altro. Il desiderio di riconoscimento porta con sé l’eventualità del conflitto: gli esseri umani possono rifiutarsi di riconoscere l’altro. Possono cioè restare indifferenti alla pressante richiesta di riconoscimento da parte altrui. «Io sono qui, tu sei lì». È allora che metto seriamente a rischio la mia vita, pur di essere riconosciuto: «o mi riconosci o ti uccido»; oppure, «affinché sorga in te il desiderio di riconoscimento (quello stesso desiderio che nutro io nel mio intimo) sono disposto a mettere in pericolo la mia e la tua vita».
La mafia riflette questa sua condizione di riconoscimento nel conflitto della sua autocoscienza, così si pone in antitesi divenendo antimafia per affermare la propria coscienza del riconoscimento e ritrova la sintesi divenendo autocoscienza come mafia in un livello superiore, come sistema scientifico. Questo è il teorema Montante, il quale non è che la punta di un iceberg.
Ultima considerazione, dagli studi su J. Rawls e Amartia Sen nella “Teoria della Giustizia”, i due pensatori, pur su piani diversi, sono d’accordo nel sostenere che non sempre la Legalità converge con la Giustizia.