Viviamo un momento storico drammatico, un cambio epocale e traumatico. Assistiamo al passaggio dal XX al XXI secolo con 25 anni di ritardo. L’avvento al potere negli Usa di Donald Trump ha cambiato tutto e la politica americana di disimpegno dall’Europa (e in parte dal Medio Oriente), iniziata già nel 2011 con Barak Obama, ha preso ora una strada ben precisa, un processo netto, rapido e probabilmente irreversibile. Ed è per questo che è prezioso il libro di Emilio Mola, giornalista e scrittore bresciano, popolare conduttore del podcast quotidiano ‘Daily Five’, che nel suo ‘Dentro il grande gioco’ (Ed.Rizzoli, pagg. 354 – Prezzo: 18 euro) fornisce una sorta di manuale approfondito e acuto per orientarsi, come scrive nel sottotitolo del libro, “nel caos degli equilibri internazionali. Fra Storia, guerre e scenari futuri”.
Con un viaggio geopolitico bel concepito e di facile lettura, Mola parla del ‘Grande gioco’ e dei Paesi che lo conducono. Distingue in ‘nazioni’ e ‘imperi’. Questi ultimi sono cinque: Usa, Russia, Cina, Turchia e Iran. E si distinguono dalle nazioni perché non si accontentano dei propri confini ma vogliono allargarli per tenere gli altri Paesi il più distante possibile. Nel libro si analizzano le vicende storiche che hanno portato agli scenari attuali, dal Medio Oriente alla Cina, anche se per prudenza Mola decide di non parlare della guerra in Ucraina. Il motivo lo spiega così: “Ho voluto realizzare un libro che aiutasse ad avere un quadro generale del mondo, soprattutto delle aree che conosciamo meno” e per quanto riguarda l’Ucraina le ragioni del conflitto meriterebbero un approfondimento ampio “ma l’attualità potrebbe incaricarsi di stravolgere ogni scenario nel volgere di poche settimane”.
Emilio Mola è un divulgatore e un analista per cui il suo libro diventa un importante strumento, di agile consultazione, per iniziare a capire più a fondo il mondo in cui viviamo, i rapporti tra Stati, le scelte politiche, le guerre (militari ed economiche) e i possibili scenari futuri. Un volume utile per chi si avvicina per la prima volta a certe tematiche, ma anche a chi è più avvezzo e preparato perché fornisce alcune letture interessanti e molto acute della realtà. La strategia della Russia in Africa, quella della Turchia in Medio Oriente, quella della Cina in estremo oriente, quella degli Stati Uniti in tutto il mondo. E poi c’è l’Europa. Il nostro continente è quello a cui Mola dedica un’attenzione particolare alla fine del libro, utilizzando l’attualità come un caleidoscopio per vedere il futuro.
“A più di trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino l’Europa si ritrova oggi ad aver perso anche quella parvenza di “semicentralità” che aveva conservato nei decenni della Guerra fredda”, scrive Mola, spiegando perché anche per noi è cambiato tutto e niente sarà più lo stesso, come è stato per 80 anni. “Oggi non solo i vecchi amici e “protettori” americani sono distratti – e lo saranno per molto – dalla contesa per l’egemonia con la Cina nell’Indo-Pacifico – spiega il giornalista – ma ormai nemmeno più nascondono una crescente insofferenza nei confronti del Vecchio Continente. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2025 è anche il segnale, l’incarnazione, la manifestazione plateale di un sentimento di rigetto da parte dell’America profonda verso l’Europa: un’alleata vista sempre più come un carrozzone che da decenni vive beato e spensierato sulle spalle dei contribuenti americani”.
Gli Stati Uniti, spiega Mola, già con Barack Obama e il suo “Pivot to Asia” nel 2011 iniziarono il disimpegno da Europa e Medio Oriente “per dirottare gli sforzi solo su Cina e Indo-Pacifico: la vera priorità strategica per l’impero americano”. E quini, spiega ancora, “Trump e Joe Biden hanno proseguito secondo questa tendenza (vedi Iraq e Afghanistan), anche se poi il presidente democratico è dovuto tornare a “distrarre” lo sforzo bellico statunitense su Europa e Medio Oriente per sostenere Ucraina e Israele. Donald Trump è stato ampiamente votato anche perché ha promesso di portare a compimento quest’opera”. Un’analisi lucida del nuovo corso mondiale in cui l’Europa deve sbrigarsi a capire che è sola, non c’è più l’ombrello degli Usa a garantire la stabilità politica (e quindi economica). Da qui la scelta attualissima di venire incontro alle richieste di Trump di potare al 5% la spesa per la difesa dei Paesi della Nato, ma anche la necessità di puntare a una propria autonomia strategica sul fronte tecnologico ed energetico per tornare a essere protagonista del mondo. Una strada obbligata, a giudizio di Mola, perché l’Europa si trova “al centro di una serie di cambiamenti epocali che la travolgeranno se non sarà in grado di affrontarli e risolverli con decisione e tempestività”. (AGI)
CAU