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L’allarme di Agenas: in Italia manca il ricambio generazionale per i medici di base

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di Anna Costalunga

Agenas, l’Agenzia sanitaria nazionale delle Regioni, avverte: oltre un terzo dei medici di base ha più di 66 anni e un carico di pazienti sempre più pesante. Quella dei medici di base (di famiglia o di fiducia) è una figura fondamentale per il SSN, per il suo ruolo di presidio medico sul territorio. Primo punto di riferimento del cittadino, che oggi rischia di diventare sempre più stressata dal carico di lavoro e dalla mancanza di un ricambio generazionale.

I dati della medicina sul territorio

numeri di Agenas parlano chiaro. Più di un terzo ha superato i 66 anni e i laureati da almeno 27 anni (che hanno tra i 52 e i 54 anni) rappresentano i tre quarti del totale. Mentre i medici di famiglia laureati da meno di 6 anni sono appena 666 e quelli con un’anzianità da 13 a 20 anni (intorno ai 45 anni) sono circa 2000. Dunque sempre meno giovani intraprendono la professione e diventa sempre più difficile riempire i vuoti lasciati da chi va in pensione. Sempre in cifre, tra due anni e mezzo saranno entrati poco più di 10 mila giovani medici, mentre 13.780 avranno interrotto il servizio. Le conseguenze saranno pesanti per i pazienti, dato che il numero di assistiti pro capite si attesta su una media di 1.237, con picchi superiori alla soglia massima fissata di 1.500. Tanto che diverse Regioni hanno autorizzato il superamento fino alla cifra di 1800 e oltre.

Le possibili soluzioni in campo

Per risollevare la situazione il decreto Milleproroghe ha alzato (su base volontaria) l’età pensionabile da 70 a 72 anni. Ma resta il problema di una categoria sempre più anziana, anche se dotata di una maggiore esperienza. Il Governo ha stanziato 15,63 miliardi del PNRR per la sanità dando priorità alle reti di prossimità con le case di comunità. Che però, denunciano i medici, anche dove avviate stentano a decollare per carenza di personale e di programmazione. Si cerca di supplire alle difficoltà di accesso alla professione causate anche dai ritardi nei bandi delle Regioni, che spingono i giovani alla specializzazione post laurea. E questo nonostante le borse per la formazione dei medici di base nel corso degli anni siano aumentate.

Una medicina di base per una società longeva

La situazione demografica italiana pone un altro problema, stavolta legato all’invecchiamento della popolazione in generale. L’Italia è quinta al Mondo per aspettativa di vita con una media di 84,01 anni (81,90 per gli uomini e 85,97 per le donne). Una buona notizia che rischia di pesare sempre di più sul sistema sanitario. Una cittadinanza che invecchia è fragile ed ha bisogno di assistenza, cure e terapie, ossia di una sanità pubblica efficiente. Da anni il medico di base è una figura di riferimento, in particolare per il paziente anziano, con un ruolo concreto, ma anche di rassicurazione e sostegno, insostituibile. Così come è stato durante lo “tsunami Covid”.

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