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La Russia che Putin ha forgiato

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di Alessandro Maran

🇷🇺 Come ha scritto in un lungo saggio storico prima di invadere l’Ucraina, il presidente russo ritiene che l’Ucraina appartenga alla sfera russa. Nel saggio, intitolato non a caso “Sull’unità storica dei russi e degli ucraini”, Vladimir Putin aveva affermato che il paese non è mai esistito come entità autonoma ma è sempre stato terra russa, spingendosi poi a sostenere che l’Ucraina moderna è stata un creazione della Russia bolscevica (http://en.kremlin.ru/events/president/news/66181). Il più delle volte quelli che hanno cattive intenzioni ci tengono a farcelo sapere. Bisognerebbe prenderli sul serio (per farsi, ad esempio, un’idea dell’ordine globale che immagina Putin, vale la pena di leggere il discorso sulla fine dell’occidente e sulla potenza russa che il capo del Cremlino ha tenuto in chiusura del Forum economico di San Pietroburgo il 16 giugno 2022: https://www.ilfoglio.it/…/lo-spaventoso-dis-ordine…/). Putin riuscirà a raggiungere questo obiettivo dialogando con Trump? Questa è la domanda, direbbe Amleto. E, si potrebbe aggiungere, a cosa dovrà rinunciare per ottenerlo?
William Taylor, ex diplomatico statunitense di alto rango in Ucraina, ha dichiarato in una recente intervista ad Al Arabiya che Putin sembra davvero intenzionato a cercare un riavvicinamento con Washington per porre fine all’isolamento della Russia sulla scena internazionale. “Il presidente Putin vuole davvero rientrare in gioco”, ha detto Taylor. Il che potrebbe conferire a Trump un’influenza significativa su Putin in vista di una soluzione definitiva alla guerra in Ucraina (https://english.alarabiya.net/…/03/24/global-news-today).
C’è poi un piano B. Alexander Gabuev, Alexandra Prokopenko e Tatiana Stanovaya scrivono su Foreign Affairs che se Putin non riuscirà a garantirsi una pace vantaggiosa in Ucraina, il presidente russo probabilmente continuerà a procedere a tentoni sul campo di battaglia. “Mosca si sta preparando a spremere Trump al massimo e il più a lungo possibile”, scrivono. “Il Cremlino spera di poter ottenere un incontro diretto tra Putin e Trump in cui si raggiunga un accordo che ponga fine alla guerra in Ucraina temporaneamente – esattamente ciò che Trump desidera – in cambio di clausole che lascino l’Ucraina permanentemente indebolita”. Detto questo, “anche se Putin non riuscisse a convincere Trump ad abbandonare l’Ucraina, spera comunque di accomodare definitivamente altri elementi delle relazioni tra Stati Uniti e Russia, in parte per allentare le sanzioni. Ma se anche questo tentativo dovesse fallire, il leader russo continuerà semplicemente a comportarsi come ha fatto finora. L’economia russa è in difficoltà, ma è stabile. Mosca ha un enorme vantaggio in termini di risorse umane rispetto a Kiev. Putin spera che Washington lo aiuti tacitamente a sconfiggere l’Ucraina. Ma è pronto a continuare a combattere anche se ciò non dovesse accadere” (https://www.foreignaffairs.com/…/putins-theories-victory).
“Una bozza Usa per porre fine ai combattimenti che prevede che la Russia mantenga il controllo di tutti i territori ucraini occupati, un allentamento delle sanzioni a suo carico e lo stop ai colloqui per l’adesione alla Nato dell’Ucraina è stata presentata agli europei a Parigi”, racconta Roberto Fabbri su Il Giornale e “ricalca praticamente tutte le pretese di Putin e nessuna delle richieste di Zelensky, che infatti lamenta che Witkoff «porti avanti inconsapevolmente la narrativa russa»”. In effetti, conclude Fabbri, “Putin in persona non avrebbe potuto chiedere di più”.
“Dalla promessa elettorale di far finire la guerra in Ucraina «entro le prime 24 ore» del suo secondo mandato alla minaccia di porre fine agli sforzi degli Stati Uniti «se non sarà possibile fermare il conflitto». A prima vista quello di Donald Trump può sembrare un cambio di rotta radicale, ma a ben vedere non è affatto così”, scrive Fabbri a proposito del “ricatto” americano agli europei. “Le due ipotesi (la prima dell’irrealtà, la seconda dell’impossibilità) hanno infatti in comune un disimpegno americano dal sostegno a Kiev e un favore grosso come una casa (o meglio, come cinque province ucraine) alla Russia di Vladimir Putin” (https://www.ilgiornale.it/…/ricatto-degli-usa-pace-o…).
Ma con l’eccezione di Trump e dei suoi sforzi per raggiungere un accordo con Putin, i rapporti tra Russia e Occidente rimangono estremamente tesi. “L’invasione dell’Ucraina da parte del presidente russo Vladimir Putin nel febbraio 2022 ha cambiato il corso della storia”, scrive l’analista di cose russe Alexander Gabuev in un nuovo saggio pubblicato su Foreign Affairs (https://www.foreignaffairs.com/…/russia-putin-made…). “Lo ha fatto in modo più diretto, ovviamente, per gli ucraini sottoposti a questo brutale atto di aggressione. Ma la guerra ha anche cambiato la Russia stessa molto più di quanto la maggior parte degli stranieri possa immaginare. Nessun cessate il fuoco, nemmeno quello mediato da un presidente statunitense affezionato alla sua controparte russa, può invertire la misura in cui Putin ha fatto del confronto con l’Occidente il principio organizzativo della vita russa. E nessuna cessazione delle ostilità in Ucraina può invertire la misura in cui ha approfondito le relazioni del suo paese con la Cina. A seguito della guerra, la Russia di Putin è diventata molto più repressiva e l’antioccidentalismo è diventato ancora più pervasivo nella società russa. Dal 2022, il Cremlino ha condotto una vasta campagna per reprimere il dissenso politico, diffondere propaganda a favore della guerra e antioccidentale in patria e creare ampie fasce di russi che beneficiano materialmente della guerra. Decine di milioni di russi, tra cui alti funzionari e molte delle persone più ricche del Paese, considerano ormai l’Occidente un nemico mortale”.
Finché il presidente russo Vladimir Putin governerà Mosca, è probabile che le relazioni tra Russia e Occidente rimangano ostili, scrive Gabuev. “Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha compromesso l’unità dell’alleanza transatlantica cercando una rapida fine della guerra. Ma anche se le aperture di Trump a Putin dovessero portare a un disgelo superficiale nelle relazioni tra Stati Uniti e Russia, la sfiducia di Putin nei confronti dell’Occidente renderà impossibile una vera riconciliazione. Non può essere sicuro che Trump riuscirà a spingere l’Europa a ripristinare i legami con la Russia, e sa che nel 2028 una nuova amministrazione statunitense potrebbe semplicemente fare un’altro dietrofront politico. Pochissime aziende americane sono in fila per tornare in Russia. E Putin non abbandonerà il suo rapporto strategico con il leader cinese Xi Jinping. Il Cremlino continuerà ad abbracciare la tecnologia cinese (compresi gli strumenti di repressione digitale), a mantenere la sua dipendenza dai mercati e dal sistema finanziario cinese e ad approfondire i suoi legami di sicurezza con Pechino, anche se ciò lo metterà in rotta di collisione con Washington”.
Ma arriverà il giorno in cui la Russia non sarà più governata da Putin, e gli Stati Uniti e l’Europa dovranno prepararsi “a cogliere la finestra di opportunità che si aprirà con l’uscita di scena di Putin”. La deterrenza deve certamente rimanere il cardine della politica occidentale, e in particolare della strategia europea, almeno nel breve termine, ma i leader occidentali devono far sapere ai russi che è possibile forgiare “un nuovo tipo di relazione”, definita da “condizioni specifiche per una coesistenza pacifica”, scrive Gabuev. La prossima generazione di élite moscovite potrebbe “smontare gli aspetti più tossici” delle politiche di Putin, “ma solo se saprà che la porta potrebbe aprirsi sul versante occidentale”. Se i leader americani ed europei non forniranno tale garanzia, avverte, “rischieranno di favorire gli sforzi di Putin per rendere il confronto con l’Occidente un’eredità permanente”.
“Non tutti al Cremlino condividono l’ossessione anti-occidentale di Putin”, scrive Gabuev. “In privato, molte élite russe ammettono che la guerra in Ucraina non è stata solo un crimine morale, ma anche un errore strategico. Più sarà facile per questi pragmatici immaginare un rapporto migliore con i paesi occidentali, più sarà probabile che riescano a prevalere durante le inevitabili lotte intestine che seguiranno la fine dell’era Putin. Cambiare il messaggio dell’Occidente verso la Russia non è solo una buona preparazione per il futuro, ma anche una buona politica per il presente. Se i leader occidentali smettessero di rafforzare la narrazione del Cremlino, secondo la quale sono determinati a fomentare un confronto aperto con la Russia, ciò potrebbe, a sua volta, diminuire l’attrattiva dei populisti (in Occidente) sia di estrema destra che di estrema sinistra, che sostengono che il complesso industriale-difensivo sia intenzionato a fare la guerra per sempre”.
Putin ha cambiato la Russia in modo duraturo, scrive Gabuev. L’ha convertita a un’economia di guerra che non ha accesso ad alcune tecnologie occidentali essenziali, ed è improbabile che l’allineamento diplomatico di Mosca con la Cina venga invertito. Ciononostante, scrive Gabuev, l’Occidente può ancora rilanciare le comunicazioni con Mosca, interagire con i rappresentanti russi nei forum internazionali, evitare di cancellare singoli atleti russi che non hanno nulla a che fare con gli alleati o la politica di Putin, e considerare legami economici con la Russia che possano diversificare l’economia europea delle importazioni senza creare dipendenza (leggi: evitare gli errori del Nord Stream 2). Gabuev conclude: “Anche se non scoppiasse una vera e propria battaglia per la successione, la transizione russa post-Putin potrebbe assomigliare al periodo degli anni ’50 dopo la morte di Stalin, in cui l’emergere di una leadership collettiva di fatto consentiva una svolta verso liberalizzazione e pragmatismo. Il recente cambio di leadership negli Stati Uniti ha colto l’Europa impreparata. Lo stesso accadrà con un improvviso cambio della guardia al Cremlino, a meno che l’Occidente non immagini più attivamente come potrebbe essere il suo rapporto con la Russia dopo Putin. Una guerra infinita, che alterna momenti freddi e caldi, non è inevitabile. Ma se i leader occidentali rimandano la discussione di una visione diversa, rischiano di favorire gli sforzi di Putin per rendere il confronto con l’Occidente un’eredità permanente”.
Gabuev avverte, insomma, che i governi occidentali dovrebbero tenere la porta aperta a un futuro riavvicinamento con la Russia, ricordando che Putin non sarà al comando per sempre e che, dopo la sua dipartita, la Russia potrebbe orientarsi o verso la repressione e la guerra o verso il liberalismo e la pace.
Senza contare che, dal punto di vista dell’occidente, come hanno avvertito gli esperti russi da quando la presa del potere di Putin è stata momentaneamente minacciata dal breve ammutinamento guidato da Yevgeny Prigozhin nel 2023, ci sono potenziali leader russi peggiori di Putin.
La politica russa non è monolitica e un gruppo di attivisti ipernazionalisti guarda con grande scetticismo ai negoziati tra Putin e Trump. “Fermamente territoriale e antioccidentale”, l’estrema destra russa “è impegnata nella guerra contro l’Ucraina fin dagli albori del conflitto, oltre un decennio fa”, scrive Giovanni Pigni su New Lines Magazine. “Sebbene tali fazioni abbiano avuto un ruolo determinante nello sforzo bellico russo dal 2014, hanno mantenuto un rapporto molto teso anche con lo Stato. Ora temono che il Cremlino possa essere ingannato dall’Occidente, in particolare sotto l’influenza del presidente Donald Trump. Molti di loro temono che qualsiasi accordo negoziato possa congelare il conflitto senza raggiungere il loro obiettivo massimalista di smantellare l’Ucraina come Stato sovrano” (https://newlinesmag.com/…/the-russian-nationalists…/). È la Russia che Putin ha creato.