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La piovra degli Ayatollah

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Di Alessandro Scuderi

Il terrorismo di matrice islamica, a prescindere da quelle che sono le motivazioni e le spinte religiose e/o “culturali” che lo compongano, come una qualsiasi altra forma di terrorismo deve essere lottata, trattata e argomentata come una attività criminale. Una pericolosissima attività criminale. D’altronde il terrorismo, in senso generale, di qualsiasi colore o matrice sia, deve approvvigionarsi sempre più di denaro contante ed il denaro contante non si procaccia più come una volta facevano “romanticamente” e sanguinosamente le BR o i NAR, rapinando banche, uffici postali e portavalori. L’esigenza di denaro è tale che ha indotto le formazioni terroristiche islamiche, forti delle proprie forze militari, a catapultarsi, sin dagli anni ’80 del secolo scorso, nel lucroso mercato del traffico di droga, o meglio, anche in quello della droga, poiché come vedremo, gli interessi criminali dello Jihad (lett. sforzo) si sono avventate anche sul traffico di suppellettili archeologici, sul mercato nero dell’avorio, sugli organi umani. Società di copertura riciclano i proventi illegali in attività apparentemente legali, per lo più vendite di sigarette, di auto usate, di prodotti elettronici.

Anche in questa occasione, la chiave di volta, o se preferite la testa d’ariete, l’ha fornita la spinta diplomatica e politica dell’Iran. Svariati rapporti delle agenzie investigative di mezzo mondo, hanno riscontrato interessi e presenze islamiche oltranziste, nei mercati e nelle terre dei “narcos”, ovvero nelle c.d. “tri-border areas”, che altro non sono i territori di confine dove si incontrano Argentina, Paraguay e Brasile; va rammentato che nella terra carioca vivono più di un milione di musulmani, ormai.

Qui, hanno trovato rifugio sicuro i membri di Hezbollah, sino a crearvi un vero e proprio insediamento, una vera e propria enclave, che di lì a poco li ha portati a interessarsi di crimini di vario genere, natura e gravità; si va, dunque, dal traffico di droga e armi, alla contraffazione, all’usura ed all’estorsione, riuscendo a guadagnare cifre ragguardevoli che vanno dai 300 ai 500 milioni di dollari all’anno. Naturalmente, parte dei proventi è inviato ai vari gruppi terroristici del Medio Oriente, con particolare propensione per quelli impegnati contro Israele, ma più diffusamente tali cifre di denaro vanno investite su scala mondiale, al fine di accrescere la propria influenza, avallare la propria causa e promuovere la diffusione del jihad.

Infatti, sia la D.E.A. che altri organismi, in più rapporti informativi, hanno chiaramente illustrato che Hezbollah ha, da circa un ventennio, instaurato un proficuo rapporto di collaborazione con i cartelli sudamericani. in buona sostanza le organizzazioni criminali colombiane, honduregne, brasiliane e messicane, acquisiscono sempre più ampie competenze nell’uso e nella produzione di esplosivi, scambiando legami e mercati con i trafficanti di droga in Medio Oriente. Così Hezbollah stabilisce la sua presenza in zone storicamente senza legge, con facile accesso ai confini statunitensi, e promuove attività anti americane, approfittando della larghissima propensione delle Forze di Polizia locali ad essere corrotte.

In una recente relazione del 2017, il sito “Strategic Forecasting” ha pubblicato un articolo dal titolo “Hezbollah in South America: the threat to businesses. La relazione descrive con circostanziale precisione, che Hezbollah opera su vastissima scala in tutto il Sudamerica, e ciò gli è possibile sia per le coperture politiche che grazie alla protezione di poliziotti e istituzioni corrotte. A parte che essersi inserita con successo e determinazione nelle reti internazionali del narcotraffico, Hezbollah controlla con proprie dinamiche gestionali, il contrabbando di ogni tipo di prodotti di consumo copiati o ‘piratati’, dagli occhiali ai DVD ai medicinali. Il commercio delle auto rubate sul continente americano pare sia totalmente nelle mani di Hezbollah, che le vende in tutta l’Africa occidentale.

Ma perché questo interesse dell’Iran? Si è avuto modo di rilevare che il coinvolgimento degli Ayatollah in America latina si è espanso, con grande impiego di capitali, poiché in tale maniera potranno proiettarsi nell’emisfero occidentale e rompere così l’isolamento diplomatico. Potranno, tra l’altro, reperire nuove fonti energetiche e nuovi materiali strategici, per contrastare la presenza e l’influenza U.S.A.

Sin da quando alla guida dell’Iran vi era Mahmoud Ahmadinejad tale indirizzo politico è supportato dall’eminenza grigia di Qassem Suleimani, Comandante delle Guardie Rivoluzionarie e grande amico del dittatore venezuelano Hugo Chávez. Il fine era ed è tutt’ora, quello di estrarre l’uranio in Venezuela, per i programmi nucleari di Teheran, proiettati alla distruzione di Israele ed alla espansione verso Siria, Arabia Saudita e paesi limitrofi. Secondo molte agenzie di intelligence, parte di questo uranio è finito nei reattori della Corea del Nord, con buona pace degli accordi che Barak Obama ha stretto con l’Iran, grazie all’appoggio della Unione Europea…

Ma anche in Argentina la presenza Iraniana si fa sentire sin dagli anni ’80; lì vi ha installato una efficiente quanto vasta rete finanziaria e logistica, grazie alla quale ha potuto compiere molteplici attentati a comunità ebraiche o ad interessi e sedi diplomatiche israeliane, causando decine di morti e feriti. Tra questi si ricorderà l’attentato dinamitardo del 18 luglio 1994 presso il Centro Ebraico di Buenos Aires (AMIA), ove trovarono la morte 85 persone. Le indagini di Polizia ed intelligence individuarono subito le responsabilità a carico degli iraniani. Le attività investigative sono sin da subito contaminate dai depistaggi. Errori su errori si sommano ai svariati tentativi di insabbiamento, ma un valente magistrato di nome Alberto Nisman, collaborato da investigatori capaci e coraggiosi, compone un puzzle che conduce inequivocabilmente alle responsabilità dell’Iran e dei terroristi Hezbollah, collaborati da elementi locali. Lo stato d’accusa punta il dito sulla Presidente argentina Cristina Kirchner, indagata per alto tradimento per lo sporco ruolo nella vicenda, al fine di coprire gli agenti iraniani. Perché? Semplice e chiaro: normalizzare i rapporti con la Repubblica Islamica ed ottenere petrolio e prezzo di favore.

Alberto Nisman, venne ritrovato cadavere il 19 gennaio 2015, in una pozza di sangue, nel suo appartamento. L’indagine, all’inizio viene classificata come omicidio, ma le indagini del giudice Julian Ercolini, grazie ad una informativa di ben 700 pagine, svela senza mezzi termini che «sono state raccolte prove sufficienti per concludere che la ferita letale alla testa non è stata autoinflitta e che è stato un omicidio».