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Irène Joliot-Curie

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Primogenita di Pierre e Marie Curie, sulle loro orme scopre la radioattività artificiale e con il marito vince il Nobel per la chimica nel 1935

Fonte @.stoccolmaaroma.it/

Di Francesca Buoninconti

Irène Joliot-Curie è un caso più unico che raro: figlia di due premi Nobel, lo vince anche lei per la chimica, lasciandosi sfuggire l’occasione ben due volte. La sua vita è costellata di successi, ma anche segnata dalla morte prematura del padre, da due guerre mondiali e dal suo impegno politico e sociale. Proprio per la sua militanza politica gli albergatori di Stoccolma le impediranno di soggiornare in città, in occasione del convegno internazionale di fisica del 1951, e le sarà anche negato l’acceso alla French Society of Science solo perché “donna”.

Arcouest, la “Sorbonne Plage” meta estiva di molti scienziati de La Sorbonne di Parigi

Quando non è a Parigi, Irène si immerge nella natura. Fin dall’adolescenza trascorre le vacanze ad Arcouest in Bretagna, detta “Sorbonne-Plage” perché meta estiva di molti scienziati. Qui si dedica al canottaggio, alla vela, al nuoto e si concede lunghe passeggiate. Ama leggere, in particolare Victor Hugo e Rudyard Kipling, di cui traduce alcune poesie.

Nata a Parigi nel 1897, grazie alla madre Marie Curie (prima donna a essere insignita del premio Nobel), Irène riceve un’educazione speciale: studia con lei e alcuni suoi colleghi, futuri Nobel. Così impara la chimica da Jean Perrin, la fisica dalla madre Marie e la matematica da Paul Langevin.

Irène e la madre Marie Curie nel laboratorio dell’Institut du Radium

La sua infanzia trascorre serena con i genitori spesso lontani, impegnati a studiare quella radioattività che li renderà famosi. Così Irène passa molto tempo con il nonno, Eugène Curie, dottore e libero pensatore, socialista e ateo, che forgerà il suo forte credo politico.

Ma quando Irène ha nove anni, un evento tragico e inaspettato segna la sua vita: sotto la pioggia, attraversando la trafficata Rue Duphine, il padre Pierre scivola e viene travolto da una carrozza che trasporta sei tonnellate di uniformi militari. Muore sul colpo. Irène da quel momento cresce con la madre, ereditandone la forte personalità e l’animo femminista. Marie, infatti, rimasta sola, porta avanti comunque il suo lavoro con caparbietà e pochi anni dopo apre l’Institut du Radium, il primo centro per la cura del cancro, in seguito rinominato Istituto Curie. Irène ha solo quattordici anni quando entra per la prima volta nel laboratorio a cui dedicherà la sua vita.

Nel settembre 1914, tre bombe tedesche cadono su Parigi: è iniziata la Prima guerra mondiale. Irène segue la madre al fronte, nelle Fiandre, e lì presta servizio come radiologa in un ospedale anglo-canadese. A diciotto anni è già in grado da sola di fare le prime radiografie, e così gira tra i campi militari a bordo delle venti Petit Curie: macchine attrezzate per fare le lastre in campo.

Una delle venti Petit Curie, macchine attrezzate per fare le radiografie in campo, guidata da Marie Curie

Finita la guerra inizia a lavorare nell’Istituto Curie, che erediterà alla morte della madre. Consegue prima la laurea e poi, nel 1925, anche il dottorato alla Sorbona. È proprio nel laboratorio dell’Istituto che conosce il suo futuro marito: Frédéric Joliot, assistente della madre, raccomandato da Paul Langevin. Un anno dopo essersi conosciuti, nel 1926, si sposano ed entrambi cambiano i loro cognomi in Joliot-Curie. L’anno successivo nasce la prima figlia, Hélène, e nel 1932 Pierre. Irène oltre che una grande scienziata è anche una brava madre, si dedica ai figli e alla loro educazione con entusiasmo. Hélène diventerà fisico nucleare, come la mamma e la nonna, e Pierre biochimico.

Ma questi sono anche anni di duro lavoro e di affermazione per Frédéric e Irène, che iniziano a pubblicare i loro primi studi individuali. È così che nel 1934 fanno la scoperta che li renderà famosi: sulla base del lavoro di Pierre e Marie Curie, riescono a effettuare la trasmutazione di boro, alluminio e magnesio in isotopi radioattivi. Scoprono così la radioattività artificiale e nel 1935 ricevono il Nobel. In realtà, il premio avrebbero potuto vincerlo prima o addirittura vincerne tre. Erano stati proprio loro infatti i primi a scoprire sperimentalmente sia il positrone che il neutrone, senza però riuscire a interpretare correttamente i risultati (cosa che invece faranno James Chadwick e Carl Anderson, ai quali andrà il prestigioso premio rispettivamente nel 1935 nel 1936).

Irène e Frédéric Joliot-Curie nel loro laboratorio, nel 1935

Irène Curie è la seconda donna a ricevere il premio Nobel per la chimica, e la più giovane in assoluto. Ma questo è solo il suo primo traguardo. Iscritta al partito socialista e militante antifascista, nel 1936 diventa Sottosegretario di Stato alla Ricerca Scientifica durante il governo Léon Blum e con Jean Perrin fonda il Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica. Nel 1938 con il fisico Paul Savitch getta le basi per la fissione dell’Uranio, forse il suo più notevole lavoro, ripreso poi dai chimici Otto Hahn, Fritz Strassmann e dalla fisica Lise Meitner.

Ma agli albori della Seconda guerra mondiale, Irène e Frédéric interrompono la ricerca sulla fissione nucleare per impedire che cada in mani fasciste. Irène si rifugia con i figli in Svizzera, Frédéric invece resta in Francia sotto falso nome, per difendere il laboratorio e contribuire alla liberazione di Parigi usandolo come arsenale. Una scelta coraggiosa, per la quale riceve la Croix de guerre.

Finito il conflitto, Irène diventa direttrice dell’Istituto del Radio ed entra nella Commissione Francese per l’Energia Atomica, prendendo parte così alla costruzione del primo reattore nucleare. Entra anche nel Comitato Nazionale dell’Unione delle donne francesi e nel Consiglio Mondiale della Pace, perseverando nel suo impegno sociale.

Negli ultimi anni prima della morte, progetta l’Istituto di Fisica Nucleare di Parigi, a Orsay, ma non lo vedrà mai finito. Muore, infatti, nel marzo del 1956 di leucemia acuta: l’esposizione ai raggi ionizzanti e una vasta scottatura radioattiva provocata dall’esplosione di una capsula di polonio, avevano compromesso gravemente la sua salute. L’Istituto e la sua cattedra di fisica nucleare alla Sorbona, ricevuta nel 1937, passeranno a Frédéric.

All’indomani della sua scomparsa, su Nature, l’amico e collega James Chadwick scrive: «I suoi genitori erano entrambi persone indipendenti e due menti brillanti, e la stessa Irène Joliot-Curie ha ereditato il loro carattere e il loro genio scientifico».