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Iran: perché e cosa comporta lo stop con l’Aiea

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Dopo aver ventilato l’ipotesi di uscire dal Trattato di non proliferazione (Tnp), a seguito degli attacchi israeliani e americani sui suoi siti nucleari, l’Iran ha infine optato, al momento, ‘solo’ di sospendere la collaborazione con l’Agenzia internazionale per l’Energia atomica (Aiea), in una mossa tattica che ora la pone in una posizione rafforzata. Di seguito il percorso di come si è arrivati alla decisione e cosa comporterà.

– LA DECISIONE DEL PARLAMENTO SOSTENUTA DAL CONSIGLIO DEI GUARDIANI
Ieri, senza voti contrari, il Parlamento iraniano ha approvato il disegno di legge che impone al governo di sospendere la cooperazione con l’Aiea. Mohammad Bagher Ghalibaf, presidente del Parlamento, ha affermato che l’Aiea “non ha adempiuto ai propri doveri ed è diventata uno strumento politico”. La ripresa della cooperazione dipenderà da un rapporto dell’Autorità iraniana per l’energia atomica (Aeoi) e della Commissione per la sicurezza nazionale e la politica estera.
L’iniziativa iraniana – sostenuta dal Consiglio dei Guardiani della Costituzione – comporta ora che attività come “l’installazione di telecamere di sorveglianza, le ispezioni e la comunicazione all’Agenzia saranno sospese a meno che non venga garantita la sicurezza futura degli impianti e degli scienziati nucleari iraniani”, entrambi obiettivi dei raid israeliani e americani della guerra appena conclusa.

– LE ‘COLPE’ DELL’AIEA
Nel 2023, l’Aiea aveva scoperto nel sito di Fordow particelle di uranio di purezza vicina al 90%, il livello necessario a costruire una bomba atomica. Teheran non ha fornito a riguardo spiegazioni soddisfacenti. Il 12 giugno scorso, il Consiglio dei governatori dell’Aiea ha approvato una risoluzione che accusa Teheran di non cooperare pienamente con l’Agenzia e di non fornire spiegazioni credibili sulle tracce di uranio trovate in siti non dichiarati. Il documento – che non denuncia affatto, come da alcuni riportato, il possesso di armi nucleari da parte del regime – è stato condannato dall’Iran come “politicamente motivato”. Sebbene Israele non abbia utilizzato formalmente la risoluzione dell’organismo di controllo nucleare delle Nazioni Unite per giustificare l’attacco all’Iran, il suo ministero degli Esteri ha accolto con favore il documento, definendolo “un passo necessario e atteso” che ha confermato il “programma sistematico e clandestino di armi nucleari” dell’Iran. Il giorno dopo, il 13 giugno, Israele ha bombardato il Paese.
L’Aiea non può valutare appieno i programmi di energia nucleare dell’Iran, poiché Teheran nel 2021 – nell’ambito della sua graduale risposta all’uscita unilaterale degli Usa dal Jcpoa – ha interrotto l’attuazione del Protocollo aggiuntivo all’Accordo di salvaguardia con l’Aiea, il documento che rafforza i poteri di ispezione dell’Agenzia. Dopo il 2021, Teheran ha continuato a rispettare l’Accordo di salvaguardia globale dell’Aiea, che ha consentito l’accesso ai siti nucleari dichiarati di Natanz, Fordow, Bushehr e monitoraggio e la verifica di routine del materiale nucleare dichiarato.

– LA PROSPETTIVA DELLO ‘SNAPBACK’
Il ritiro unilaterale degli Usa di Donald Trump dal Jcpoa, nel 2018, aveva portato al ripristino delle sanzioni americane facendo scattare il graduale disimpegno iraniano, con la conseguente accelerata all’arricchimento dell’uranio.
Teheran ha sempre sostenuto di perseguire solo il nucleare civile, ma la comunità internazionale nutre fondati timori che il regime perseguisse, di nascosto, un programma nucleare. È possibile che l’Iran cerchi di rimanere in uno stato di ambiguità sulle sue intenzioni nucleari, nel tentativo di scongiurare ulteriori attacchi da parte di Israele.
La mozione di censura passata al Consiglio dei governatori dell’Aiea questo mese ha innescato una catena di eventi che probabilmente porterà al ripristino delle sanzioni delle Nazioni Unite il prossimo ottobre, quando scadrà la possibilità di attivare la clausola del cosiddetto ‘snapback’ previsto dall’accordo Jcpoa del 2015; il Jcpoa aveva alleviato le sanzioni del Consiglio di Sicurezza imposte alla Repubblica islamica, in cambio di controlli sul suo programma nucleare e un limite alla quantità e al livello di purezza dell’uranio arricchito (al 3,67%). Lo ‘snapcback’ prevede il ripristino delle misure punitive anche da parte delle Nazioni Unite, in caso di inadempienza della Repubblica islamica.

– LE SORTI DEL TNP
In Iran si è acceso il dibattito interno sulla necessità o meno di fare abbandonare il Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), una mossa che segnalerebbe l’intenzione dell’Iran di liberarsi dai vincoli legali e, come Israele, di ottenere la bomba atomica. In teoria, dopo la risoluzione di censura di giugno, il Consiglio direttivo dell’Aiea avrebbe potuto deferire l’Iran al Consiglio di Sicurezza, ma questo passo non è stato compiuto; è possibile che non ci sia, in seno all’Aiea, la maggioranza necessaria per farlo. Va ricordato che al Consiglio di Sicurezza ci si potrebbe scontrare con il veto di Russia e Cina, due alleati del regime iraniano.
La Repubblica islamica, al momento, non ha necessità di uscire dal Tnp e adesso ha sia la scusa politica, che giuridica – la mancata tutela prevista dalla collaborazione con Aiea e dal Tnp dei suoi siti e scienziati nucleare – per sospendere la collaborazione con l’Agenzia di controllo Onu e avere le mani più libere. Uscire dal Tnp sarebbe anche una scelta molto impopolare all’interno del cosiddetto Global South, dove la maggioranza dei Paesi è impegnata per il disarmo nucleare.

– NEGOZIATI?
La ripresa della cooperazione dell’Iran con l’Aiea potrebbe, in futuro, rientrare in un pacchetto negoziale. Da quando è scoppiata l’escalation con Israele, si sono rincorsi gli appelli a tornare ai colloqui con gli Usa sul programma nucleare, ma la prospettiva della diplomazia è tutta in salita: sembra improbabile che l’Iran accetti le condizioni, suggerite da Israele e sostenute dagli Usa, di un arricchimento zero e ispezioni Aiea in cambio di non venire bombardato. L’arricchimento zero non solo riporterebbe il quadro negoziale indietro ad addirittura prima del Jcpoa – che l’Iran comunque ha sempre rispettato ufficialmente fino al 2019 – ma limiterebbe le possibilità anche nell’uso civile, pregiudicando il diritto sancito dall’art. 4 del Tnp all’utilizzo del nucleare per fini pacifici.
Considerando che dopo l’attacco israeliano e i raid mirati americani la fiducia tra le parti è ulteriormente compressa, gli spazi per un percorso diplomatico per ora appaiono molto stretti. (AGI)
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