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Iran: a Roma il prossimo round negoziale con Usa

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Si sposta in Europa, e approderà a Roma, lo sforzo negoziale che vede protagonisti Usa e Iran per un nuovo accordo che consenta di ottenere a Teheran un allentamento delle sanzioni e all’Occidente un sistema di controllo del programma nucleare degli ayatollah.
Da Osaka, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha riferito che Roma ha “ricevuto la richiesta dell’Oman e ha dato una risposta positiva”. Secondo quanto appreso dall’AGI, la sede dei colloqui sarà proprio l’ambasciata dell’Oman, Paese mediatore dei negoziati e che il 12 aprile ha ospitato il primo round di colloqui, definito “molto positivo”.
A guidare le delegazioni a Muscat sono stati il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, e l’inviato speciale Usa per il Medio Oriente, Steve Witkoff. Le due parti continuano a divergere sulla natura “indiretta” dei contatti e in Oman hanno negoziato a distanza, in sale diverse, con la mediazione del ministro degli Esteri di Muscat, Badr al-Busaidi. I due capi negoziatori si sono poi scambiati qualche parola all’uscita. Anche se si è trattato per lo più di convenevoli, l’evento ha una portata rilevante in quanto l’amministrazione Trump – che si è ritirata unilateralmente dall’accordo sul nucleare (Jcpoa) del 2015 – cercava un contatto diretto con Teheran dal 2018. Witkoff, riportano alcuni media americani, ha già incontrato Trump per informarlo sui risultati.
Che i negoziati si sarebbero spostati in Europa si vociferava già da sabato. Secondo quanto appreso dall’AGI, Roma “è stata una scelta condivisa dalle due parti” e a premere per cambiare sede è stata l’amministrazione Usa. Washington, scrive il sito Axios, conta che a Roma si passi al formato “diretto”, con le delegazioni nella stessa stanza. La sede dell’ambasciata dell’Oman fa pensare che Muscat, con suoi rappresentanti continuerà a essere presente come mediatore.
Possibile che a Roma arrivino nei prossimi giorni anche esperti dell’Onu, che aveva mediato il Jcpoa, firmato dall’Iran con Usa, Russia, Cina e i cosiddetti ‘E3’ (Germania, Francia e Regno Unito) più l’Ue. Gli attori in campo nella partita diplomatica in corso sono molteplici. Lo prova la girandola di contatti seguiti ai colloqui in Oman, come riporta sempre Axios: Witkoff ha informato anche il ministro israeliano per gli Affari Strategici, Ron Dermer, con Israele che rimane scettica sulla possibilità di un accordo e preme sulla Casa Bianca per un’opzione militare in caso la diplomazia fallisse. L’inviato di Trump ha parlato anche con diversi funzionari degli Stati del Golfo, che hanno espresso sostegno ai colloqui con gli iraniani. Araghchi, dal canto suo, ha sentito i suoi omologhi di Qatar, Kuwait ed Egitto e in settimana volerà in Russia probabilmente prima di arrivare a Roma. L’Onu, intanto, invierà a Teheran mercoledì il capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Raphael Grossi, che dovrebbe affrontare il tema delle attività di monitoraggio e verifica negli impianti nucleari iraniani.
L’Ue, che in questa fase sembra messa da parte, rimane comunque firmataria del Jcpoa e non ha mai smesso di lavorare per ripristinare l’intesa del 2015. Un obiettivo che, però, appare oggi impossibile sia tecnicamente che politicamente, visto il radicale cambiamento della situazione in Medio Oriente e l’avanzamento del programma nucleare della Repubblica islamica, che ha aggiunto centrifughe e aumentato i livelli di arricchimento dell’uranio fino alla soglia dell’uso militare.
L’appuntamento cruciale sarà a ottobre, quando gli E3 dovranno decidere se far scattare il meccanismo detto ‘snapback’, che comporterebbe da parte del Consiglio di Sicurezza Onu la riapplicazione automatica delle sanzioni pre-Jcpoa. (AGI)