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Il Primo Ponte sullo Stretto di Messina fu realizzato dai Romani nel 250 a.C.

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by MATTEO RUBBOLI

Unire la Sicilia all’Italia continentale, l’isola alla Penisola. E’ un sogno di moltissimi italiani, convinti delle opportunità che si coglierebbero grazie alla realizzazione di questo collegamento, di cui si fantastica praticamente da sempre. Se ne parla da tempo immemore, e da molto di più la mancanza di un ponte è fra i limiti allo sviluppo della Sicilia e di tutto il sud Italia, con alcuni governi che hanno promesso di realizzare il ponte mentre altri non hanno proprio affrontato l’argomento.

Ma in tempi antichi, molto prima che il dibattito politico fosse tanto “democratico”, i romani avevano già unito la Sicilia alla Calabria, realizzando quello che, a oggi, è l’unico collegamento fisico fra le due regioni.

 

Era il 251 a.C., in pieno periodo di guerre puniche, e il collegamento aveva uno scopo pratico. La storia la raccontano sia il geografo greco Strabone, vissuto dal 63 a.C. al 23 d.C., sia Plinio il Vecchio, nato nel 23 d.C. e morto nel 79 durante l’eruzione del Vesuvio. Strabone riporta che Lucio Cecilio Metello, console romano della Repubblica, sconfigge Asdrubale nella battaglia di Palermo del 251 a.C., durante la prima guerra punica. Asdrubale era stato inviato in Sicilia con un grosso contingente militare che comprendeva anche 140 elefanti da guerra, un compendio di “carri armati dell’antichità” in grado di terrorizzare i romani, i quali però a Palermo partono da una posizione di difesa, dietro le mura della città, e riescono ad annientare l’esercito cartaginese.

Asdrubale è messo in fuga, si ritira a Lilibeo ma poi viene richiamato a Cartagine e giustiziato per la sconfitta subita, e lascia a Lucio Cecilio Metello un cospicuo bottino di guerra con gli elefanti sopravvissuti.

Strabone, secoli dopo i fatti, riporta che furono 104, ma realisticamente questo dato è ignoto. Possiamo assumere un centinaio di animali. Per celebrare la vittoria contro il comandante cartaginese Lucio Cecilio Metello decide di portare a Roma i pachidermi superstiti, e forse, ed è importante specificare “forse”, lo fa costruendo un ponte di barche fra Sicilia e Calabria, dove i romani fanno passare gli animali, che raggiungono Roma e rendono prestigiosissimo il trionfo del console Romano. La vittoria sarà talmente importante che le monete romane dei Metelli mostreranno spesso l’effigie dell’elefante.

Collegare “Messana” (Messina) a “Regium Julium” (Reggio Calabria) non è impresa semplice, e i romani la portano a termine legando un numero enorme di botti, a due a due, con altre tavole, realizzando un ponte di legno galleggiante. L’idea non era certo una novità, era stata realizzata dagli Assiri, dai Persiani e dai Greci, ma l’elemento nuovo è il tratto di mare che questa passerella collega, quello stretto di Messina che è fulcro di tante narrazioni mitologiche e crocevia marittimo di due mondi che la natura ha diviso ma che l’uomo vorrebbe unire, da sempre.

Racconta Strabone: “(Lucio Cecilio Metello) radunate a Messina un gran numero di botti vuote, le ha fatte disporre in linea sul mare legate a due a due in maniera che non potessero toccarsi o urtarsi. Sulle botti formò un passaggio di tavole coperte da terra e da altre materie e fissò parapetti di legno ai lati affinché gli elefanti non avessero a cascare in mare”.

La struttura è tanto imponente da riuscire a galleggiare e resistere alle correnti dello stretto di Messina, e consente agli enormi elefanti africani di raggiungere la Penisola in tutta sicurezza.

I vantaggi sono altrettanto importanti. Si possono portare da una parte e dall’altra truppe, persone, carichi commerciali e tutto quanto è utile alla vita dell’isola, rendendola parte dell’Italia continentale in modo stabile.

Ma come per tante opere del passato una mancata pianificazione della manutenzione fa svanire nel nulla tutto il lavoro realizzato. Una volta che gli elefanti e l’esercito sono arrivati in Calabria il ponte viene lasciato al suo destino, senza organizzarne l’indispensabile manutenzione. La passerella in legno probabilmente resiste qualche mese, poi la forza delle mareggiate si porta via quel collegamento, che per i successivi 22 secoli non sarà mai ripristinato.

Dopo la Repubblica degli antichi romani l’idea di ponte rimane nell’aria, ma sarà solo durante il medioevo che si affronterà nuovamente il discorso. Nel IX secolo è Carlo Magno a pensarci, ma la complessità dell’opera lo fa desistere praticamente subito. Dopo di lui ci pensano i normanni a tentare l’impresa, nella persona di Roberto il Guiscardo, ma anche in questo caso la tecnologia medievale era inadatta a realizzare l’opera. Dopo il medioevo saranno i Borbone a pensare di unire la Calabria con la Sicilia, ma il costo preventivato era totalmente fuori portata per il regno meridionale.

Dopo i sovrani spagnoli si passa alla lista dei tentativi a firma del Ministero dei Lavori Pubblici, e qui le note di spesa si fanno dolenti perché, nonostante del ponte non si sia vista ancora ombra sull’acqua, in tempi recenti è già costato centinaia di milioni di euro ai contribuenti italiani. Il primo a vagliare la fattibilità fu il Conte Stefano Jacini, che nel 1866 incaricò l’ing. Alfredo Cottrau, costruttore di ponti e strade ferrate di fama internazionale nonché funzionario responsabile delle Ferrovie Italiane, di studiare un progetto per realizzare un collegamento stabile tra Calabria e Sicilia. L’ingegner Cottrau fu il primo a decretare l’enorme difficoltà della realizzazione del ponte con dati tecnici: il base alla grande profondità del tratto di mare e delle forti correnti che lo attraversano è praticamente impossibile realizzare il ponte, a meno di non impiegare risorse “colossali”, così le definisce.

La soluzione del ponte sommerso la suggerisce nel 1870 Carlo Navone, che spiega come sarebbe fattibile, in linea teorica, realizzare un lungo tunnel a circa 30 metri sotto il fondo del mare che colleghi Sicilia e Calabria, con una parte dedicata al transito di veicoli e un’altra di treni. Un progetto moderno, anche se con la tecnologia dell’epoca quasi irrealizzabile. L’ipotesi di Navone era tanto valida che è rimasta in auge per oltre un secolo, quando il dibattito si è concluso con la soluzione, almeno in via teorica, di una struttura esclusivamente aerea.

E poi dall’800 al 2022 sono stati innumerevoli i tentativi di studio di fattibilità del ponte sullo stretto di Messina, vi segnalo l’interessante libro “Il Mitico Ponte sullo stretto di Messina” del Professor Aurelio Angelini disponibile sul sito dell’Università di Padova, in cui trovate tutti i dettagli di questa ormai mitica costruzione e la storia di coloro i quali si sono spesi per collegare l’isola alla penisola, e che è anche la fonte principale per la stesura di questo articolo. Noi per ora possiamo solo attendere che la politica riesca a realizzare nuovamente un’opera che, forse, oltre 2 millenni fa aveva collegato alla penisola la sua grande isola più vicina, unendo quel che la natura ha diviso e che l’uomo tenta, ormai da troppo tempo, di riunire.