Type to search

«Il donatore che mi ha salvato fa lo scout e studia ingegneria Vorrei almeno vederlo in foto»

Share

Di Alessandra Arachi ·
” Il midollo osseo C’era una possibilità su centomila di trovare una compatibilità al 100%: lui è la mia anima gemella
Violante Guidotti Bentivoglio, se potesse avere davanti la persona che le ha donato il midollo cosa farebbe?
«Lo guarderei negli occhi e lo abbraccerei. Mi manca molto il non poter conoscere il suo viso, la sua voce. Soffro il poter essergli grata soltanto a metà».
Le ha salvato la vita?
«Sì, avevo una leucemia mieloide acuta traslocazione genetica 8/21».
Molto grave?
«Nella sua gravità è di una categoria a rischio basso, con maggiore chance di guarire».
Anche se non è permesso conoscere i donatori, vorrebbe incontrare il suo? Vorrebbe che donatori e riceventi si potessero incontrare?
«Capisco che questo non sia possibile. Ci potrebbero essere richieste economiche, purtroppo va messo in conto anche questo. E poi c’è una tutela psicologica, potrebbe sempre esserci una ricaduta. Però…».
Però?
«Almeno una sua fotografia la vorrei».
Cosa sa della persona che le ha donato il midollo?
«Quello che mi ha scritto lui. Ci possiamo scrivere. Studia ingegneria, è uno scout, penso che sia molto credente, ha quasi vent’anni. Ne aveva sedici all’epoca del trapianto».
Ovvero parliamo di quattro anni fa.
«Il 12 settembre 2018».
Una data indelebile.
«Il 12 settembre è una giornata di raccoglimento. Ripercorro quel periodo tra me e me. Poi mi stringo alla mia famiglia, a mio marito, ai miei figli: stiamo più vicini fra di noi».
Suo marito, Carlo Calenda, come ha vissuto la sua malattia?
«In quel periodo era ministro, è diventato ancora di più un family man. Si è diviso tra l’essere ministro e l’essere papà di tre figli. Non era scontato».
Come si è accorta di avere la leucemia?
«Era il 29 agosto del 2017, ero al mare in Toscana, mi sentivo male. Sono andata al pronto soccorso in costume da bagno, convinta di tornare indietro subito. Sono rimasta lontana un mese e mezzo, senza nemmeno poter salutare i miei figli».
Tra il 29 agosto 2017 e il 12 settembre 2018 è passato un anno: come mai non ha fatto il trapianto subito?
«Perché nel frattempo ho fatto una cura per la leucemia. Ma mi è stato anche diagnosticato un tumore al seno».
Anche un tumore?
«Sì, un incidente di percorso, come dico io. Me lo hanno trovato mentre facevano i controlli per la leucemia».
Ed è stata operata?
«A gennaio 2018. L’operazione è andata bene. Soltanto che dopo un po’ c’è stata la ricaduta della leucemia».
Quindi il trapianto.
«Già, ho cercato una compatibilità con mio fratello ma c’era soltanto al 50%. Poi è stato trovato questo ragazzo giovanissimo: 100%. C’è una possibilità ogni 100 mila che questo succeda. La mia anima gemella. Aveva l’età che ha mio figlio adesso».
Cosa ha detto ai suoi figli?
«Li abbiamo preparati alla malattia, ma la malattia si chiamava soltanto 8/21. Non leucemia».
E come l’hanno presa?
«Abbiamo cercato di far pesare loro tutto il meno possibile. A me avevano detto che per tanti mesi non avrei potuto abbracciarli e baciarli. Ma non ce l’ho fatta, ho trasgredito».
Lei parla di questo suo dolore con tanta serenità.
«Serenità no. È il tempo che aiuta a lenire il dolore, più che altro. Parlo del mio male perché è importante farlo, non ci si deve vergognare ».
Cosa ha fatto dopo, quando è stata bene?
«Ho pensato che dovevo ridare agli altri. Ho fatto volontariato».
Che tipo di volontariato?
«In un’associazione che si chiama Susan G. Komen Italia. È un’associazione che si occupa di prevenzione di tumori al seno. Per la leucemia purtroppo la prevenzione non si può fare. Mentre il tumore al seno che colpisce una donna ogni 9, si può prevenire».
Cosa ha fatto nell’associazione?
«Ho coinvolto tutti quelli che potevo coinvolgere negli eventi per la raccolta fondi. Sono arrivata lì come volontaria, poi sono entrata nel consiglio direttivo e da gennaio sono direttore generale».

Fonte: Corriere della Sera