Type to search

Share

 

Jack Saint Clair Kilby, ingegnere statunitense (Jefferson City, Montana, 1923 – Dallas, Texas, 2005). Pioniere nella tecnologia del microchip, nel 2000 ha ricevuto il premio Nobel per la fisica per l’invenzione dei circuiti integrati (1958), che hanno segnato la nascita della microelettronica. K. si è poi interessato a molte applicazioni militari, industriali e commerciali dei circuiti integrati, collezionando oltre sessanta brevetti.

Laureatosi nel 1947 in ingegneria elettrica presso la University of Illinois e conseguito il master all’University of Wisconsin nel 1950, è stato ricercatore presso il Globe-union’s centralab di Milwaukee (1947-58) e presso la Texas instruments inc. di Dallas (1958-70), e infine professore di ingegneria elettrica presso la Texas A&M university (1978-84). Nel 2000 gli è stato conferito il premio Nobel per la fisica (condiviso, per altri apporti, con Z. J. Alferov e H. Krömer) per l’invenzione dei circuiti integrati, risalente al 1958 e destinata a rivoluzionare la tecnologia con la nascita della microelettronica. K. acquisì il brevetto del primo circuito elettronico integrato della storia nel febbraio del 1959. Pioniere nella tecnologia del microchip, estese i suoi interessi a molte applicazioni militari, industriali e commerciali, collezionando nel corso della sua carriera oltre sessanta brevetti. Nel 1961 contribuì alla realizzazione del primo elaboratore per l’aviazione statunitense, comprendente circuiti logici e una memoria a semiconduttori; nel 1962 al progetto militare statunitense Minuteman, missile balistico intercontinentale a testata nucleare, impiegante circuiti integrati; nel 1967 alla invenzione, insieme a J. Merryman e J. Van Tassel, della prima calcolatrice tascabile, funzionante grazie a un array di circuiti integrati a semiconduttori. A K. sono stati attribuiti, oltre al premio Nobel, numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali.

Il circùito integrato Circuito realizzato con un unico procedimento fisico-chimico, che consente di ottenere una elevata densità dei componenti in dimensioni molto ridotte. Il c.i. può essere di tipo elettrico, di tipo ottico o misto elettro-ottico; può essere realizzato su un unico supporto costituito da una piastrina (wafer) di silicio monocristallino purissimo e, in questo caso, è detto c.i. monolitico; se è realizzato in più parti su vari supporti, è detto c.i. polilitico o ibrido. Per costruire i componenti elettronici sul wafer è necessario drogare il silicio stesso, cioè sostituire nel suo reticolo cristallino alcuni atomi con altri di opportuni elementi (fosforo, bario ecc.), in punti precisi determinati dalla struttura circuitale voluta e in concentrazione esatta. La costruzione di c.i. monolitici si giova anche della deposizione sul wafer di film di diversi materiali.

Nelle applicazioni il c.i. è visto nel suo complesso come un elemento unitario, che diventa così, a sua volta, un componente che realizza funzioni digitali o analogiche. Il c.i. consente, rispetto alla realizzazione tradizionale a componenti discreti, maggiore velocità, affidabilità più alta, minore costo, ridotte dimensioni, inferiore dissipazione di potenza. Tutte queste proprietà hanno consentito alla tecnica di effettuare un balzo in avanti, e non solo nei campi tradizionali di applicazione dei circuiti, quali le telecomunicazioni e l’informatica. In pratica, molte delle più significative realizzazioni tecniche attuali non sarebbero state possibili senza il salto di affidabilità introdotto dai c.i.; per es., i moderni elaboratori, composti da milioni di componenti circuitali, se realizzati a componenti discreti avrebbero dimensioni mastodontiche, dissipazione di potenza proibitiva e non potrebbero in pratica funzionare per l’eccessiva frequenza dei guasti.

 

Fonte: Enciclopedia Treccani