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I volti e le idee dei nuovi capipopolo della protesta contro Macron

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Mauro Zanon

Parigi. Michaël Zemmour ha un cognome ingombrante, oggi, nella politica francese, ma questo economista e professore alla Sorbona non ha nessun legame di parentela né alcuna prossimità ideologica con il leader della destra radicale d’oltralpe e presidente del partito Réconquête! Éric Zemmour. E’ invece uno dei volti della mobilitazione contro la riforma delle pensioni voluta e promulgata lo scorso 14 aprile dal presidente della Repubblica, Emmanuel Macron. Come durante la Manif pour tous, il movimento ostile alla legge Taubira che autorizzò i matrimoni gay in Francia, e le proteste oceaniche dei Gilet gialli, sono emersi nuovi guru e capipopolo in questi quattro mesi di scioperi e rivolte, di scontri e indignazioni contro l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni. E Zemmour (Michaël), di queste figure fino a poco tempo fa sconosciute, è l’economista-intellò di riferimento, il nuovo Piketty e pensatore del fronte anti macronista, l’unico che nei talk-show ha la legittimità per definirsi portavoce delle proteste. Grande oratore, Zemmour moltiplica le conferenze in giro per la Francia, arringando studenti e riottosi di ogni generazione contro il governo “neoliberale” di Macron e Borne, che avrebbe prodotto una legge di “ingiustizia sociale”. “e’una riforma che produce perdenti. Alcune persone vengono costrette a lavorare più a lungo contro la loro volontà”, ha dichiarato lo scorso marzo davanti agli studenti dell’università Paul-valéry di Montpellier. Zemmour se la prende con chi, come Bruno Le Maire, il ministro dell’economia, sostiene che la riforma delle pensioni permetterà di garantire a tutti una pensione minima di 1.200 euro: un’affermazione falsa, secondo il professore della Sorbona. “L’unica misura nella riforma è una rivalorizzazione di alcune piccole pensioni, se non si hanno sgravi, e questa rivalorizzazione è compresa tra i 0 e i 100 euro. E’ di circa 33 euro per i nuovi pensionati, e di 50 per gli attuali pensionati. Al termine della riforma ci saranno ancora 4,2, 4,3 milioni che saranno sotto i 1.200 euro”, ha spiegato l’economista.
Altro fenomeno mediatico emerso durante il movimento sociale anti riforma è Manès Nadal, 15 anni, leader del sindacato La Voix lycéenne a Parigi, il più giovane dei manifestanti, ma già in possesso di un lessico da agitprop che lascia immaginare un futuro politico tra le fila della sinistra mélenchonista. Figlio di un ex prefetto, Nadal è onnipresente sui canali all-news per difendere “la pensione a 60 anni” e suscita un grande fascino tra i coetanei. Altri puntano il dito contro la sua scarsa esperienza, i suoi toni immaturi e le sue proposte fuori dal tempo. “Prima finisca i suoi studi e poi dopo ricostruirà la società”, ha commentato il deputato Renaissance Éric Worth, infastidito dallo spazio offerto dai media a questo quindicenne, ribattezzato il “Che Guevara del cortile della ricreazione”. “Si vede subito quando la classe dominante e i suoi media iniziano ad aver paura”, commenta Nadal dinanzi alle critiche ai suoi interventi catodici.
Ogni mobilitazione ha i suoi slogan e le sue colonne sonore. Lo scorso 14 marzo, su Twitter, il video di una ragazza con la frangetta e gli occhiali scuri mentre balla la techno gridando “Retraites, climat, même combat” (pensioni, clima: la stessa battaglia) fa il giro dei social. Lo slogan diventa l’inno della protesta, e da allora Mathilde Caillard (Mc danse pour le climat su Twitter) viene acclamata come eroina della piazza. Militante del collettivo di estrema sinistra Alternatiba e attivista, anzi “techno-gréviste” come si è autodefinita, Caillard è anche l’assistente parlamentare della deputata mélenchonista Alma Dufour. “I miei genitori erano a favore della decrescita prima che diventasse cool”, ha detto la giovane militante al quotidiano comunista L’humanité. Ma i suoi detrattori le danno della “borghese” che non sa nulla dei problemi delle classi popolari e che fa i suoi balletti solo per acquisire notorietà. Tra i sindacalisti, è il volto ruvido di Olivier Mateu a essersi affermato, il leader della Cgt nelle Bocche del Rodano (il dipartimento di Marsiglia), che a Macron non promette tregua fino a quando non ritirerà la riforma. E’ lui l’emblema della radicalizzazione della mobilitazione.

Fonte: Il Fatto