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G7: al summit le testimonianze dei sopravvissuti alla bomba di Hiroshima

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Sadao Yamamoto, Yasuko Kondo, Hiroko Kishida. Sono tre i sopravvissuti alla bomba atomica sganciata dagli americani in quel terribile 6 agosto del ’45 che oggi, al media center allestito all’Hiroshima green arena per il summit del G7, hanno raccontato le loro storie. Tempie grigie che tengono viva la memoria di un dramma che il Giappone non vuol dimenticare. Tanto che persino la tecnologia più avanzata è stata messa a servizio della memoria, con degli avatar creati ad hoc per tenere vivo il ricordo di un dramma da tramandare di generazione in generazione, affinché resti indimenticato e funga da monito.

Yamamoto, 94 anni, ne aveva 12 quando quella bomba cambiò il mondo e rase al suolo Hiroshima. E’ salvo perché quel giorno non era a scuola: tempi lontani, in cui le classi si alternavano per consentire a tutti di studiare. Se quella bomba fosse caduta appena due giorni prima, sarebbe toccata a lui la sorte spettata agli altri bambini che erano tra i banchi. Il suo papà si salvò perché mentre l’ordigno esplodeva era dietro a un muro che funse da scudo. La signora Kondo aveva invece 4 anni quando la bomba di Hiroshima sconvolse il mondo. Lei, con la mamma e la sorella, era lontana dell’epicentro, al sicuro nella sua casa. Ricorda e racconta dei corpi che si aggiravano come zombie, la pelle ‘divorata’ dall’esplosione. Kondo ha portato con sé una pianta dai piccoli fiorellini bianchi, la fa annusare ai giornalisti presenti in sala perché emana un odore tremendo, è lo stesso che si levava dall’erba di Hiroshima dopo l’esplosione, un lezzo che ha accompagnato Hiroshima per anni. All’epoca da tutto il mondo arrivarono alberi da piantare, il gesto più bello che Kondo racconta oggi con commozione, mentre un applauso si leva in sala. (di Ileana Sciarra)