Il Fondo monetario internazionale (Fmi) prevede che i dazi innescati dal presidente Donald Trump e le misure di ritorsione adottate da altri Paesi peseranno sull’attività economica globale quest’anno. È quanto riporta il World Economic Outlook (Weo), in cui gli esperti del Fmi tagliano le stime del Pil globale per quest’anno e per il prossimo. L’istituzione con sede a Washington si mostra cauta e definisce il report come una “previsione di riferimento” piuttosto che la sua consueta previsione “di base”, a causa della “complessità e fluidità del momento attuale”.
A simboleggiare la difficoltà dell’operazione, il Fmi spiega di aver preso in considerazione le modifiche ai dazi doganali fino al 4 aprile e non necessariamente tutte le misure di ritorsione tra Pechino e Washington.
Il Fmi stima che la crescita globale raggiungerà il 2,8% quest’anno, una revisione al ribasso di 0,5 punti percentuali rispetto alla precedente stima di gennaio. “Stiamo entrando in un periodo in cui il sistema economico globale che conosciamo da 80 anni sta subendo un riassetto. Ma oltre al massiccio aumento dei dazi, l’incertezza grava pesantemente sull’economia e, se continua, rallenterà la crescita globale”, ha avvertito l’economista capo del Fmi, Pierre-Olivier Gourinchas, in conferenza stampa presentando il rapporto.
A dimostrazione del notevole impatto delle maggiorazioni sul commercio globale, il Fondo prevede ora solo una crescita dell’1,7% nel tasso di scambi di beni e servizi quest’anno, mentre solo tre mesi fa prevedeva una crescita del 3,2%. E mentre stima che l’economia globale “eviti la recessione” nell’immediato futuro, l’impatto dei dazi sarà avvertito “negativamente in tutte le regioni quest’anno e il prossimo”, osserva Gourinchas, tabelle alla mano. Tuttavia, il rischio di una brusca frenata dell’economia è aumentato notevolmente, sia a livello globale che per gli Stati Uniti in particolare. Il Fmi, tuttavia, non sta ancora prendendo in considerazione questa possibilità per la più grande economia mondiale “perché (finora) si trovava in una posizione di forza: l’economia continua a crescere, il mercato del lavoro rimane solido. Stavamo già assistendo a un rallentamento prima dei dazi, ma questi rappresentano solo 0,4 punti percentuali”, ha spiegato Gourinchas.
Per quanto riguarda il Nord America, il Fmi ha rivisto al ribasso le prospettive per tutte e tre le economie rispetto alle previsioni di gennaio. L’istituto prevede che l’attività negli Stati Uniti crescerà dell’1,8% quest’anno (-0,9 punti rispetto alla stima precedente), mentre il Canada potrebbe aspettarsi una crescita dell’1,4% (-0,6). Il Messico, la cui economia dipende fortemente dalle esportazioni verso il vicino americano, potrebbe addirittura ritrovarsi in recessione, con una contrazione dello 0,3% (-1,7 punti).
Particolarmente presa di mira dai dazi doganali, soprattutto dopo il loro aumento al 145% che si aggiungono alle tasse già in vigore prima del ritorno di Trump alla Casa Bianca, la Cina potrebbe registrare la sua crescita più debole dal 1990, attestandosi appena al 4%. Si tratta di un’altra brusca revisione al ribasso.
Il Giappone, altro importante partner degli Stati Uniti, ha visto le sue stime ridotte di 0,5 punti, attestandosi a malapena sullo 0,6% di crescita quest’anno, mentre l’arcipelago aveva sperato in una ripresa più marcata all’inizio dell’anno.
Per l’Eurozona lo shock dovrebbe tuttavia essere meno pronunciato, con una revisione al ribasso media di 0,3 punti, che porterebbe la Germania a vivere un altro anno senza crescita, prima di una ripresa ora posticipata al 2026. Per quanto riguarda l’Italia, per il 2025 la crescita è prevista allo 0,4%, pari a -0,3 punti percentuali rispetto alle precedenti previsioni di gennaio (+0,7%); per il 2026 il Fmi taglia la stima del Pil a +0,8%, ovvero -0,1 punti percentuali rispetto alla stima dello gennaio scorso (+0,9%).
“I dazi indeboliranno la modesta ripresa economica dell’eurozona, nonostante l’aumento della spesa pubblica in alcuni paesi come la Germania”, ha affermato Gourinchas, aggiungendo che “una maggiore spesa per le infrastrutture potrebbe contribuire ad accelerare la crescita”. L’unica eccezione è la Spagna, che ha registrato la crescita migliore nella regione negli ultimi due anni e le cui previsioni sono state riviste al rialzo al 2,5%, la più alta tra le economie avanzate. “La Spagna sta mantenendo il suo slancio dal 2024, con forti esportazioni di servizi (in particolare turismo, NRLD) e un mercato del lavoro che rimane solido, beneficiando in particolare dell’immigrazione. Ma il Paese risente anche degli effetti dei dazi doganali e dell’incertezza, il che ci porta a prevedere un rallentamento nel 2026”, ha sottolineato Petya Koeva Brooks, vicedirettore della Divisione Ricerca del Fmi.
Un’altra conseguenza dei dazi: si prevede che l’inflazione nelle economie avanzate raggiungerà il 2,5% quest’anno, una nuova revisione al rialzo, dovuta principalmente agli Stati Uniti, dove l’inflazione potrebbe attestarsi intorno al 3%. (AGI)
GAV